La Vita in RSA vista da una Terapista Occupazionale. Il racconto di una professionista che si scopre persona fra gli anziani, i colleghi, i volontari e i familiari.
Continua la storia di Valentina Pirola: Terapista occupazionale in RSA: avventure e disavventure. La seconda parte.
Le attività con gli anziani in RSA
Come trascorre la vita in RSA? Nei piccoli gruppi il lavoro scorre lento, si dà totale attenzione a ciascun partecipante, si sta vicini, il cerchio è ridotto, l’energia scorre. Ma mi è capitato negli anni più volte di gestire, per diversi motivi, il gruppone!
Aiuto! Cosa fai con il gruppone? Prima di tutto al termine del gruppone non avrai più voce, dovrei diventare come la dea Khalì con mille braccia e mille occhi, perché lo sappiamo bene che è un attimo se una signora si improvvisa salvatrice di un altra in carrozzina e magicamente una cade addosso all’altra o cose simili!
Superata l’ansia iniziale, concentratevi e ovviamente organizzate per tempo il tutto.
Il cerchio è sicuramente la disposizione migliore, quante volte mi sono seduta vicino alla signora più fragile che mi faceva da aiutante, quante volte mi sono seduta su un tavolo in mezzo al salone, perché sì, le nonne si divertono a vedere noi Operatori che scherziamo, che ci prendiamo in giro e questo non significa essere poco professionali ma è un modo per far divertire le persone lavorando.
Si può partire con un saluto, lasciare la parola alla signora più rampante del gruppo, lasciarle libere di esprimersi, in fondo durante le giornate che scorrono quante possibilità hanno di esprimersi liberamente, con calma e di scegliere? Poche purtroppo, perché i tempi sono così veloci per riuscire a fare tutto e loro faticano a starci dietro.
I giochi semplici, con la palla, sono i più coinvolgenti, si possono associare a mille attività, stimolano attenzione, movimento e molto altro. E poi tornano loro, le parole, sempre lì dietro l’angolo, nei giochi, nelle preghiere, nei commenti pettegoli che sento e faccio finta di non sentire. Nella vita in RSA le parole sono importanti.
Le parole cantate, i canti delle mondine, le parole per dire ad alta voce “signorina devo andare a casa, mio marito mi aspetta, verrò domani”. Ricordatevi di offrire sempre qualcosa, un bicchiere di the, un cioccolatino, qualcosa di possibile.
Vita in RSA vuol dire anche condividere insieme il cibo; è un’occasione sociale che molti hanno perso purtroppo e che altri non hanno mai provato. Fateli parlare, anche in dialetto, fate loro dire dei proverbi, fateli raccontare di quando stavano bene ed erano in forza, produttivi e lavoravano.
E ascoltateli, non sentiteli, sedetevi vicino a loro, quanto più spesso, appena potete.
Questo faceva Don Guanella e lo ringrazio per avermi ispirato.
Don Guanella, il primo Terapista Occupazionale
L’ho visto. Il primo giorno, appena entrata in RSA, ho visto una tela enorme che lo rappresentava. Niente di spaventoso, siamo in una RSA religiosa, era ovvio che ci fossero immagini così.
Passa il tempo e capisco più cose della vita in RSA ma ho bisogno di approfondire. Ci sono le suore che mi aiutano, mi mostrano la loro vita spesa per gli altri, mi raccontano che non è poi così male lavorare per Don Guanella, ha Case per tutto il mondo. Le Suore sono di ogni nazionalità ed età e penso che mi piace ascoltare i loro racconti e sapere che la nostra Casa è in una sorta di rete con Case in Sud America, India, Stati Uniti e Italia ovviamente.
Ogni volta che le Suore si ritrovano è festa in grande, con celebrazioni e pranzi e con niente lasciato al caso.
E io cosa posso fare? Partecipo se possibile, sbircio e imparo da questa vita in RSA. Al di là del contesto religioso, prendo spunto per delle attività con le Ospiti, per renderle partecipi della vita della Casa, per raccontare loro, con le mie parole, quello che ho visto se loro non erano presenti.
Don Guanella è diventato Santo, siamo state a Roma con i colleghi e le Suore per questo evento, ho un bel ricordo. Ma tutte le volte ripenso a lui rileggendo i suoi scritti e credo fosse un genio per i suoi tempi, all’avanguardia nel mondo della cura dell’epoca, sicuramente con molte più difficoltà dei giorni nostri. Era lui che si sedeva con i suoi Ospiti, poveri, anziani, buoni figli come li chiamava, a giocare a carte.
Era lui che li stimolava alle attività “del fare”, a rendersi autonomi. Era lui che giocava con i bambini, che si sporcava il vestito per stare con loro. Era lui così determinato, così deciso – a volte andando contro tutti pur di raggiungere i suoi obiettivi. Ecco, lo stile guanelliano ritorna nel mio lavoro di assistenza quotidiana, perché l’Ospite entrato in RSA ormai è a casa sua, siamo noi gli Ospiti-Operatori.
E lavorare così è tutta un’altra cosa. Rileggendo le sue parole dense di significato, ho trovato ispirazione per un’attività che ora è un ricordo sfumato dalla nebbia del Covid, ma ci ritorneremo. È già sul bloc notes.
Aggiungi un posto a tavola
Ogni anno sempre così, ripetiamo:”Poche cose, non riusciamo a starci dietro!” Questo è anche vita in RSA. E poi ci viene da ridere, perché il bloc notes delle idee sembra come per magia compilarsi da solo!
A fine anno pensiamo già per l’anno dopo. Fa freddo, entro in sala delle attività Occupazionali carica come sempre come un mulo, tra borse, thermos, pezzi di calendario dell’Avvento e riviste varie. Raccolgo la buona parte delle cose che mi sono cadute e poso il tutto, con un mio ordine, sul mio tavolo.
Non c’è il nome sui tavoli, ma ultimamente io e la mia collega (per fortuna siamo in due) ce ne siamo appropriate uno a testa, e prima delle 11 è già strapieno di cose, e guai a chi ce le sposta!
Non trovo la collega, sarà in reparto, le lascio un post it e faccio altro. “Ho un’idea, la vuoi sapere?”. “No”, mi dirà, si scherza. So già che entro sera mi manderà messaggi e si occuperà di quelle che le dico, come sempre al meglio delle sue possibilità. “Senti un po’, ieri stavo sistemando i cd della musica delle nonne, ho trovato il cd dei Musical finito tra un libro di Don Guanella. Mi si è accesa la lampadina!”
E la macchina ha inizio. Le nonne spesso ci chiedono di mangiare insieme, c’è molta differenza tra aiutare nella dispensa e sedersi al tavolo insieme, molta.
E allora si organizza, conosciamo i limiti, pensiamo per ora a una volta per stagione e per reparto, tutti in salone, chi mangia e chi non mangia, una volta con noi Operatori seduti.
Si aggiunge un posto a tavola e questo è il bello della vita in RSA. Ci sarà il capotavola (che sceglieremo noi non con poche difficoltà per non offendere nessuno), ci saranno i posti da assegnare, tenendo conto di simpatie, abilità, i fiori sul tavolo, le tovaglie quelle belle.
Il menù sarà un menù delle feste: una bella polenta, un piatto di pizzocheri. E non facciamoci mancare il dolce.
Arrivano i volontari, energia in più. Brindisi a non finire, gli Operatori seduti vicino alle nonne, qualche OSS che ci da una grande mano nella dispensa e poi l’arrivo delle cuoche come nei matrimoni, applausi a gran voce per il menù.
E gli Operatori che non timbrano, che non hanno la divisa, ma che un occhio particolare lo hanno sempre, senza darlo a vedere. Risate, ricordi, emozioni. E poi le parole, quelle belle finali: “quando lo facciamo ancora?”; “Io una cosa così non l’avevo mai fatta a 90 anni, siete matti”.
Con queste parole vado in spogliatoio a recuperare le mie cose, sono già le due del pomeriggio, c’è il cambio turno, avranno un bel da fare le OSS oggi, chissà cosa racconteranno le nonne loro della loro vita in RSA.
Sono stanca, sudata, raccolgo le mie cose di fretta, ma mi fermo un attimo, mi scappa un sorriso. Oggi è andata bene.
Volontari cercasi
Non tutti se la sentono. Non tutti hanno il tempo. Io ho avuto la fortuna di incontrare volontari splendidi da cui ho imparato molto, ma loro hanno qualcosa da imparare da noi. Nasce così l’idea di un corso e di un per-corso insieme a loro, ne avevamo tutti bisogno.
Sono carica di energia lo ammetto, ho le competenze, lo ammetto. Quindi, da brava Terapista Occupazionale, parlo con la direzione e faccio presente l’esigenza di avere figure di sostegno per la vita in RSA. C’è Francesca in Direzione, mi dice “io ci sto, se hai bisogno ti aiuto!”.
Inserire dei volontari così, senza guardarci in faccia ci sembrava rischioso. Il volontario, intendiamoci bene, non è colui che gioca a tombola con i nonni. Anche, ma molto di più.
Noi vogliamo persone affidabili, che conoscano, per quel che gli compete, il mondo dell’anziano, soprattutto dell’anziano fragile.
Nella vita in RSA siamo in una squadra, tutti devono giocare nello stesso modo. Così il volontario seguirà le nostre indicazioni, proporrà idee, farà sentire la sua presenza.
Ho preparato 15 cartelline, mi sono impegnata, mi hanno aiutato, ho preparato due powerpoint. Il salone è pronto, arrivano! Alcune sono facce nuove, altri sono gli storici, alcuni sono Operatori della Casa che ci daranno sempre un aiuto per le svariate necessità.
Ci dedichiamo due mattine, so già che le nonne sono arrabbiate, ma non possiamo dividerci a metà, poi faremo le presentazioni, per vedere se a loro vanno bene. Perché poi loro li scelgono, come per magia, hanno un istinto potente, sanno chi è li per loro, senza secondi fini.
Apprezzano, apprezzano molto, che qualcuno li consideri seriamente, che consideri il loro tempo speso in RSA con gli anziani. Mi sento sempre una grande responsabilità nei confronti degli anziani: noi gli siamo affianco nella parte finale della vita, dobbiamo dare del nostro meglio per accompagnarli, e così i nostri volontari ci aiutano.
Per le feste, per la parte spirituale, per un caffè, per le uscite. Gli Ospiti prendono confidenza, sanno che loro hanno tempo per una chiacchiera, si scambiano libri, pettegolezzi.
Ascoltano. Un buon volontario ascolta e non giudica.
Cerchiamo, con difficoltà, almeno una volta all’anno di trovarci per un momento di riflessione e di formazione. È bello, tutte le volte porto un argomento, cerco di spiegarlo semplicemente, si parla di demenza, di attività con gli anziani, di accompagnamento al fine vita.
Ho memorie bellissime di attività, anche semplici, uscite, feste, le famosissime feste dell’estate, la giornata mondiale dell’Alzheimer, quanta emozione quel giorno.
Cerco sempre di coinvolgerli, di nutrirli di informazioni, gratificarli.
Perché da soli è dura, si nuota sempre controcorrente.
Il Meeting delle Professioni di Cura
Conoscere, sapere, condividere. A inizio anno ci sono sempre mille idee da portare avanti, chissà se riuscirò a seguire anche qualche corso, come mi piacerebbe.
Girovagando per il web trovo questo: “Meeting delle professioni di Cura“, Piacenza, organizzato da Editrice Dapero. Caspita, vediamo che giorni cade, io mi iscrivo! Leggo e rileggo il programma, mi sembra ben fatto, vorrei dividermi per seguire tutte gli interventi!
Ho scelto, al pomeriggio seguirò l’incontro con Letizia Espanoli, penso che porterò due bloc notes stavolta. Arrivo in una mattinata di primavera fuori dalla fiera di Piacenza e mi accorgo dell’organizzazione immensa. Un meeting, un trovarsi e un ritrovarsi per tutti glia anni successivi diventerà un appuntamento al quale non posso e non voglio mancare.
Sbrigate le formalità, mi aggiro per la fiera, controllo le aule di formazione e mi lascio trasportare. Sento energia, sento che ci sono persone che come me amano il loro lavoro e vogliono rinnovarsi, conoscere, sento che sono nel posto giusto. Fantastico, comincio a mandare messaggi in RSA ai colleghi, prendo volantini anche per loro. Bevo un caffè ottimo, devo stare super attenta oggi, ho troppe cose da seguire.
Lo sguardo mi sfugge su un uomo con la barba grigia, si muove calmo, tutti vanno da lui: chi sarà? Quante conoscenze! Vicino a lui arrivano due splendide ragazze, more, eleganti, un po’ innervosite, che gli parlano a bassa voce. Ma lui le guarda e vedo che il loro viso si rilassa, e spariscono nelle aule.
Avrò la grande fortuna di conoscere poi il grande Renato Dapero e le sue figlie, Giulia e Elena animate dalla sua stessa passione per il mondo dell’assistenza. Cavolo, mi sono persa, non trovo l’aula di Letizia Espanoli, ci sarà ancora posto?
Mi cadono anche i volantini, che imbranata, avevo organizzato tutto per tempo e invece… “Lascia ti aiuto io”. “Oh grazie, sono un po’ agitata e di corsa, scusami”, rispondo. Chissà chi è, non ho letto bene il cartellino, mi focalizzo sempre sui particolari e dimentico le cose importanti al primo incontro. Una bella ragazza, mora, con l’accento del sud, con grandi occhiali, indaffarata anche lei.
Avrò modo di conoscerla oggi?
Non mancherò neanche ad una edizione del Meeting, torno sempre a casa con le tasche piene di idee, sogni, che spesso si sono realizzati, libri, contatti. Sono riuscita a coinvolgere con grande gioia i colleghi, i miei superiori, e si sa, quando si è fuori dalla RSA c’è tempo per confrontarsi in maniera diversa, tra noi ma soprattutto su quello che c’è al di fuori della propria realtà.
Ho rincontrato amici del Metodo Validation, insegnanti, ho assistito a presentazioni interessanti, ho conosciuto persone che sono tuttora nel mio mondo lavorativo e lo hanno arricchito. Abbiamo partecipato ai concorsi fotografici organizzati dalla casa Editrice Dapero, splendida iniziativa che ci ha caricato a molla.
Perché nella vita in RSA si possono fare tante cose e spendere del tempo per reinventarsi tutte le volte è veramente importante. Un sogno per me essere in un posto, goderne la bellezza, trarre ispirazione da ciò che vedo e ascolto e portarlo nella mia piccola realtà.
Piccola realtà che negli anni mi ha permesso di prendermi tante soddisfazioni e di regalare tempo di qualità ai miei Ospiti e ai loro familiari.
Scegliete la strada della conoscenza, non appiattitevi, trovate e ricercate persone carismatiche ci vi possono ispirare, nella vita e nel mondo lavorativo, con corsi, lezioni. Uscite, andate al Museo e il giorno dopo portate agli Ospiti il volantino e parlatene, ascoltate una canzone e preparate un’attività a tema, fate fotografie, ritratti.
Vivete, vivete un pochino anche per loro. Perché voi diventate il loro mondo. La banalità vi renderà banali , gli Ospiti lo percepiscono, dovete essere curiosi.
Io ho avuto la fortuna di avere al fianco per buona parte, o per un pezzetto di cammino, persone carismatiche, di cui ho ancora ricordi e forse ho preso un po’ da loro, almeno spero, la voglia di migliorarmi e non fermarmi.
La bellezza di Cristina
Incontro Cristina Fino prima del Meeting, della sua prima partecipazione. Leggo di lei, che donna! Mi piace che dalla sua carriera legata al mondo visivo, così diciamo, abbia pensato di rielaborare il tutto a favore die più fragili per il loro benessere.
Non vedo l’ora di conoscerla ma ci sentiamo telefonicamente, mi illustra il suo progetto Alamar Life e ne rimango affascinata. Mi invia le schede di valutazione, insomma, tutto ben preciso e documentato, mi piace.
Arrivo in RSA carica di energia dopo la presentazione seguita al Meeting, ho ascoltato i campi di possibilità di utilizzo dei dvd natura e non vedo l’ora di buttare giù due righe di progetto. “Ma cosa sono documentari?” mi chiede un collega. La mia comunicazione non verbale non fa trasparire niente di buono ma cerco di rispondere in modo diplomatico: “Molto di più!”.
Da li, parte tutto. Ne parlo con la Suora Superiora, trovo una porta, anzi un portone aperto, l’idea di portare novità per gli Ospiti, soprattutto per i più fragili che faticano a seguire le solite e consolidate attività, la convince. La natura, così come la preghiera, ci permette di riallinearci con il mondo e trovare pace interiore.
Tramite i dvd di Alamar Life, la bellezza della natura entra a far parte della vita in RSA. Il permettere agli Ospiti, di qualsiasi livello cognitivo, di viaggiare con la fantasia, ritornare nei loro campi, ascoltare il rumore dei fiumi, rivedere i fiori della primavera, suscita in loro e in me, bellezza, riposo e li distoglie dall’ambiente che, volere o volare, vivono quotidianamente.
Anche il silenzio, l’ascolto in silenzio, senza per forza dover riempire gli spazi, si può fare e costruire piano piano. Inizio così ad addentrarmi nei progetti, applicando la visione dei DVD prima singolarmente, poi a piccolo gruppo. La visione dei DVD è abbinata specialmente ad attività di pittura nei primi temp
“Mariuccia ti cerca, ha ancora il prurito”. Da qualche settimana siamo così. La signora Mariuccia, molto cara a me negli anni, soffre un po’ di pensieri negativi, dorme poco e male, ha bisogno di parlare. Le OSS mi confermano che anche stanotte ha cercato l’infermiera per le gocce per far passare il prurito..mah.
Entro in camera, dormicchia al mio “buongiorno”, è comprensibile se passa la notte in bianco!
Comincio a raccontarle della nuova attività che ho pensato per lei e sì, già questo gratifica una persona, il dire: “ho pensato a qualcosa per te, ho pensato a te”.
Inforca il suo girello, mette un po’ di profumo, recupera due caramelle e mi segue in sala Occupazionale. Parto con i piedi di piombo, le mostro uno spezzone di filmato, è attratta dal computer che proietta, dice che anche sua nipote lo usa, fa Psicologia lei, aiuta i bambini.
Ci beviamo un caffè, e inizia a raccontarmi di come curava i fiori a casa, parliamo solo di cose belle.
Con Mariuccia partirà un progetto di mesi, prima individuale e poi, insieme a un piccolo gruppo, stilerò un documento aggiornato una volta a settimana in cui annoterò le particolarità della seduta. Ormai ci divertiamo a rincorrere gli Infermieri per misurare saturazione e pressione arteriosa prima e dopo l’attività. Niente da dire, tutte le volte al termine la signora è più rilassata. Non si fanno miracoli, ma ci proviamo.
Nel gruppo poi diventa la leader, anche questo la gratifica, chiede lei che fiori visualizzare, si concentra talmente tanto sul colore che a volte colora anche senza occhiali!
Nel gruppo arriva anche la signora Emilia, come potrei non inserirla e chiederle di partecipare! Una figlia pittrice, amante del bello, delle camice a fiori, dei fiori che la figlia le porta sempre in camera.
Siamo sulla strada della confusione purtroppo, ma le piace molto la compagnia e impegnarsi. Emilia vede i filmati con una fame di bellezza impressionante, ne rimane folgorata, non c’è più niente intorno a lei per i quaranta minuti di seduta. Quando qualcuno entra in Sala, non se ne accorge, se ne accorge invece Mariuccia che dice: “Non avete visto il cartello??”. Ho creato un cartello “visione dvd in corso, non disturbare”.
Poi arriva Virginia e con lei è una grande sfida. Perché Virginia, con la sua carrozzina, fa i chilometri in RSA. Arrivo al mattino e lei è già in movimento, non si ferma mai. Parla poco, ma con me si, utilizzo molto la comunicazione non verbale, è stata una signora riservata dice il figlio, molto composta e carina.
Le signore ritornano sempre dove sono state bene e anche se non sanno a che piano “abitano” o dove sia la loro camera, ma chissà come mai vengono attirate come una calamita dalla nostra stanzetta. Questo non può che farci piacere. “Virginia, hai voglia stamattina di stare qui vicino a me e guardare un po’ di cose belle?”. “Ma sì”, mi risponde in dialetto.
Inizieremo con pochi minuti davvero, il wandering vince ma non sempre .Dopo le prime sedute, Virginia si siede su una sedia “normale”con un bel cuscino morbido, sempre vicino a me, guarda le signore impegnate nel colorare e commenta che sono bravissime, guarda i filmati, si concentra, ride, escono alcune parole che non sentivamo più.
Applico delle Tecniche Conversazionali ed escono dei dialoghi speciali tra me e lei, si rilassa. In una seduta, si rilassa talmente tanto che, con in braccio la sua bambina bambola, la culla e si addormenta. Come in un percorso che si rispetti, chiede aiuto alla figlia della signora Emilia, per una vera e propria seduta artistica. Anche questo è vita in RSA.
Il familiare accetta di buon grado, la mamma è raggiante quando la figlia pittrice si presenta alla seduta. Ormai tutto scorre, c’è energia, divertimento, non c’è più timore, grazie alla figlia pittrice, di impugnare un pennello e usare i colori, anzi!
Ne escono quadri bellissimi, che poi saranno incorniciati e esposti in reparto.
Mariuccia no, il suo quadro lo vorrà in camera sua: “lo metti in casa mia per favore”. “Certo Mariuccia, e scatta un abbraccio con il cuore tra me e lei.
Parte un altro gruppetto, il gruppetto dei racconti. Questo è incredibile, io mi diverto tantissimo. Ci mettiamo un po’ di tempo a sistemarci in Sala Occupazionale, ma è così, i tempi bisogna rispettarli, ma bisogna rispettare i tempi degli anziani.
Accompagnarli da un reparto, dalla loro camera, aiutarli in carrozzina, sono molti stimoli per loro. Organizzo presto la sala, preparo la musica, i posti a sedere, tutto, non è il caso di spostarsi, l’attenzione è minima e non posso permettermi di perderle per una stupidaggine.
Arriviamo alla spicciolata in sala, inizio con un giro di saluti, chiedo come stanno e sento un po’ come siamo allineati, se qualcuno nel gruppo ha bisogno di vicinanza, sostegno.
Teresa canticchia, sempre sorridente, mai ferma. Prendo la palla al balzo e le chiedo cosa vuole vedere, la faccio scegliere, mi chiede il mare. Iniziamo a vedere un filmato del mare, un mare calmo, una bella spiaggia e piano piano Io chiedo di inventare una storia, quasi tutte le signore mi seguono! Ma anche chi ascolta, ascolta con attenzione, va benissimo così.
E poi escono delle filastrocche e pensieri in rima, simpatici, con un senso, poetici. Lascio fluire le parole, perché i partecipanti hanno voglia di esprimersi, senza giudizio. Prendo il bloc notes e comincio a trascrivere velocemente le parole, non posso dimenticarle, ne farò una bella raccolta, magari da esporre alla festa dell’estate. Le emozioni escono, anche attraverso le immagini. E così un giorno vediamo un mare in tempesta e una signora lo verbalizzo, lo dice “questo mare non mi piace, mi agita”.
C’è invece chi al mare non è mai andato e sia avvicina al proiettore per toccare le onde, chi volge lo sguardo verso l’alto per ascoltare il canto degli uccellini.
L’anno successivo, con mia grande soddisfazione, con la mia équipe seguiremo un altro intervento di Cristina al Meeting delle Professioni di Cura. Continuo, nella mia pratica quotidiana, a usarli come validissimi strumento per i miei nonni, proponendo laboratori, momenti di storytelling, per celebrare i cambi di stagione, ma anche come vera e propria terapia non farmacologica, da somministrare al singolo al bisogno. Perché la natura diventi una vera e propria medicina dell’anima.
L’ultima parte della storia di Valentina Pirola iniziata con Terapista occupazionale in RSA: avventure e disavventure verrà pubblicata il 22 ottobre sulla rivista CURA.
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La Vita in RSA vista da una Terapista Occupazionale. Il racconto di una professionista che si scopre persona fra gli anziani, i colleghi, i volontari e i familiari.
Continua la storia di Valentina Pirola: Terapista occupazionale in RSA: avventure e disavventure. La seconda parte.
Le attività con gli anziani in RSA
Come trascorre la vita in RSA? Nei piccoli gruppi il lavoro scorre lento, si dà totale attenzione a ciascun partecipante, si sta vicini, il cerchio è ridotto, l’energia scorre. Ma mi è capitato negli anni più volte di gestire, per diversi motivi, il gruppone!
Aiuto! Cosa fai con il gruppone? Prima di tutto al termine del gruppone non avrai più voce, dovrei diventare come la dea Khalì con mille braccia e mille occhi, perché lo sappiamo bene che è un attimo se una signora si improvvisa salvatrice di un altra in carrozzina e magicamente una cade addosso all’altra o cose simili!
Superata l’ansia iniziale, concentratevi e ovviamente organizzate per tempo il tutto.
Il cerchio è sicuramente la disposizione migliore, quante volte mi sono seduta vicino alla signora più fragile che mi faceva da aiutante, quante volte mi sono seduta su un tavolo in mezzo al salone, perché sì, le nonne si divertono a vedere noi Operatori che scherziamo, che ci prendiamo in giro e questo non significa essere poco professionali ma è un modo per far divertire le persone lavorando.
Si può partire con un saluto, lasciare la parola alla signora più rampante del gruppo, lasciarle libere di esprimersi, in fondo durante le giornate che scorrono quante possibilità hanno di esprimersi liberamente, con calma e di scegliere? Poche purtroppo, perché i tempi sono così veloci per riuscire a fare tutto e loro faticano a starci dietro.
I giochi semplici, con la palla, sono i più coinvolgenti, si possono associare a mille attività, stimolano attenzione, movimento e molto altro. E poi tornano loro, le parole, sempre lì dietro l’angolo, nei giochi, nelle preghiere, nei commenti pettegoli che sento e faccio finta di non sentire. Nella vita in RSA le parole sono importanti.
Le parole cantate, i canti delle mondine, le parole per dire ad alta voce “signorina devo andare a casa, mio marito mi aspetta, verrò domani”. Ricordatevi di offrire sempre qualcosa, un bicchiere di the, un cioccolatino, qualcosa di possibile.
Vita in RSA vuol dire anche condividere insieme il cibo; è un’occasione sociale che molti hanno perso purtroppo e che altri non hanno mai provato. Fateli parlare, anche in dialetto, fate loro dire dei proverbi, fateli raccontare di quando stavano bene ed erano in forza, produttivi e lavoravano.
E ascoltateli, non sentiteli, sedetevi vicino a loro, quanto più spesso, appena potete.
Questo faceva Don Guanella e lo ringrazio per avermi ispirato.
Don Guanella, il primo Terapista Occupazionale
L’ho visto. Il primo giorno, appena entrata in RSA, ho visto una tela enorme che lo rappresentava. Niente di spaventoso, siamo in una RSA religiosa, era ovvio che ci fossero immagini così.
Passa il tempo e capisco più cose della vita in RSA ma ho bisogno di approfondire. Ci sono le suore che mi aiutano, mi mostrano la loro vita spesa per gli altri, mi raccontano che non è poi così male lavorare per Don Guanella, ha Case per tutto il mondo. Le Suore sono di ogni nazionalità ed età e penso che mi piace ascoltare i loro racconti e sapere che la nostra Casa è in una sorta di rete con Case in Sud America, India, Stati Uniti e Italia ovviamente.
Ogni volta che le Suore si ritrovano è festa in grande, con celebrazioni e pranzi e con niente lasciato al caso.
E io cosa posso fare? Partecipo se possibile, sbircio e imparo da questa vita in RSA. Al di là del contesto religioso, prendo spunto per delle attività con le Ospiti, per renderle partecipi della vita della Casa, per raccontare loro, con le mie parole, quello che ho visto se loro non erano presenti.
Don Guanella è diventato Santo, siamo state a Roma con i colleghi e le Suore per questo evento, ho un bel ricordo. Ma tutte le volte ripenso a lui rileggendo i suoi scritti e credo fosse un genio per i suoi tempi, all’avanguardia nel mondo della cura dell’epoca, sicuramente con molte più difficoltà dei giorni nostri. Era lui che si sedeva con i suoi Ospiti, poveri, anziani, buoni figli come li chiamava, a giocare a carte.
Era lui che li stimolava alle attività “del fare”, a rendersi autonomi. Era lui che giocava con i bambini, che si sporcava il vestito per stare con loro. Era lui così determinato, così deciso – a volte andando contro tutti pur di raggiungere i suoi obiettivi. Ecco, lo stile guanelliano ritorna nel mio lavoro di assistenza quotidiana, perché l’Ospite entrato in RSA ormai è a casa sua, siamo noi gli Ospiti-Operatori.
E lavorare così è tutta un’altra cosa. Rileggendo le sue parole dense di significato, ho trovato ispirazione per un’attività che ora è un ricordo sfumato dalla nebbia del Covid, ma ci ritorneremo. È già sul bloc notes.
Aggiungi un posto a tavola
Ogni anno sempre così, ripetiamo:”Poche cose, non riusciamo a starci dietro!” Questo è anche vita in RSA. E poi ci viene da ridere, perché il bloc notes delle idee sembra come per magia compilarsi da solo!
A fine anno pensiamo già per l’anno dopo. Fa freddo, entro in sala delle attività Occupazionali carica come sempre come un mulo, tra borse, thermos, pezzi di calendario dell’Avvento e riviste varie. Raccolgo la buona parte delle cose che mi sono cadute e poso il tutto, con un mio ordine, sul mio tavolo.
Non c’è il nome sui tavoli, ma ultimamente io e la mia collega (per fortuna siamo in due) ce ne siamo appropriate uno a testa, e prima delle 11 è già strapieno di cose, e guai a chi ce le sposta!
Non trovo la collega, sarà in reparto, le lascio un post it e faccio altro. “Ho un’idea, la vuoi sapere?”. “No”, mi dirà, si scherza. So già che entro sera mi manderà messaggi e si occuperà di quelle che le dico, come sempre al meglio delle sue possibilità. “Senti un po’, ieri stavo sistemando i cd della musica delle nonne, ho trovato il cd dei Musical finito tra un libro di Don Guanella. Mi si è accesa la lampadina!”
E la macchina ha inizio. Le nonne spesso ci chiedono di mangiare insieme, c’è molta differenza tra aiutare nella dispensa e sedersi al tavolo insieme, molta.
E allora si organizza, conosciamo i limiti, pensiamo per ora a una volta per stagione e per reparto, tutti in salone, chi mangia e chi non mangia, una volta con noi Operatori seduti.
Si aggiunge un posto a tavola e questo è il bello della vita in RSA. Ci sarà il capotavola (che sceglieremo noi non con poche difficoltà per non offendere nessuno), ci saranno i posti da assegnare, tenendo conto di simpatie, abilità, i fiori sul tavolo, le tovaglie quelle belle.
Il menù sarà un menù delle feste: una bella polenta, un piatto di pizzocheri. E non facciamoci mancare il dolce.
Arrivano i volontari, energia in più. Brindisi a non finire, gli Operatori seduti vicino alle nonne, qualche OSS che ci da una grande mano nella dispensa e poi l’arrivo delle cuoche come nei matrimoni, applausi a gran voce per il menù.
E gli Operatori che non timbrano, che non hanno la divisa, ma che un occhio particolare lo hanno sempre, senza darlo a vedere. Risate, ricordi, emozioni. E poi le parole, quelle belle finali: “quando lo facciamo ancora?”; “Io una cosa così non l’avevo mai fatta a 90 anni, siete matti”.
Con queste parole vado in spogliatoio a recuperare le mie cose, sono già le due del pomeriggio, c’è il cambio turno, avranno un bel da fare le OSS oggi, chissà cosa racconteranno le nonne loro della loro vita in RSA.
Sono stanca, sudata, raccolgo le mie cose di fretta, ma mi fermo un attimo, mi scappa un sorriso. Oggi è andata bene.
Volontari cercasi
Non tutti se la sentono. Non tutti hanno il tempo. Io ho avuto la fortuna di incontrare volontari splendidi da cui ho imparato molto, ma loro hanno qualcosa da imparare da noi. Nasce così l’idea di un corso e di un per-corso insieme a loro, ne avevamo tutti bisogno.
Sono carica di energia lo ammetto, ho le competenze, lo ammetto. Quindi, da brava Terapista Occupazionale, parlo con la direzione e faccio presente l’esigenza di avere figure di sostegno per la vita in RSA. C’è Francesca in Direzione, mi dice “io ci sto, se hai bisogno ti aiuto!”.
Inserire dei volontari così, senza guardarci in faccia ci sembrava rischioso. Il volontario, intendiamoci bene, non è colui che gioca a tombola con i nonni. Anche, ma molto di più.
Noi vogliamo persone affidabili, che conoscano, per quel che gli compete, il mondo dell’anziano, soprattutto dell’anziano fragile.
Nella vita in RSA siamo in una squadra, tutti devono giocare nello stesso modo. Così il volontario seguirà le nostre indicazioni, proporrà idee, farà sentire la sua presenza.
Ho preparato 15 cartelline, mi sono impegnata, mi hanno aiutato, ho preparato due powerpoint. Il salone è pronto, arrivano! Alcune sono facce nuove, altri sono gli storici, alcuni sono Operatori della Casa che ci daranno sempre un aiuto per le svariate necessità.
Ci dedichiamo due mattine, so già che le nonne sono arrabbiate, ma non possiamo dividerci a metà, poi faremo le presentazioni, per vedere se a loro vanno bene. Perché poi loro li scelgono, come per magia, hanno un istinto potente, sanno chi è li per loro, senza secondi fini.
Apprezzano, apprezzano molto, che qualcuno li consideri seriamente, che consideri il loro tempo speso in RSA con gli anziani. Mi sento sempre una grande responsabilità nei confronti degli anziani: noi gli siamo affianco nella parte finale della vita, dobbiamo dare del nostro meglio per accompagnarli, e così i nostri volontari ci aiutano.
Per le feste, per la parte spirituale, per un caffè, per le uscite. Gli Ospiti prendono confidenza, sanno che loro hanno tempo per una chiacchiera, si scambiano libri, pettegolezzi.
Ascoltano. Un buon volontario ascolta e non giudica.
Cerchiamo, con difficoltà, almeno una volta all’anno di trovarci per un momento di riflessione e di formazione. È bello, tutte le volte porto un argomento, cerco di spiegarlo semplicemente, si parla di demenza, di attività con gli anziani, di accompagnamento al fine vita.
Ho memorie bellissime di attività, anche semplici, uscite, feste, le famosissime feste dell’estate, la giornata mondiale dell’Alzheimer, quanta emozione quel giorno.
Cerco sempre di coinvolgerli, di nutrirli di informazioni, gratificarli.
Perché da soli è dura, si nuota sempre controcorrente.
Il Meeting delle Professioni di Cura
Conoscere, sapere, condividere. A inizio anno ci sono sempre mille idee da portare avanti, chissà se riuscirò a seguire anche qualche corso, come mi piacerebbe.
Girovagando per il web trovo questo: “Meeting delle professioni di Cura“, Piacenza, organizzato da Editrice Dapero. Caspita, vediamo che giorni cade, io mi iscrivo! Leggo e rileggo il programma, mi sembra ben fatto, vorrei dividermi per seguire tutte gli interventi!
Ho scelto, al pomeriggio seguirò l’incontro con Letizia Espanoli, penso che porterò due bloc notes stavolta. Arrivo in una mattinata di primavera fuori dalla fiera di Piacenza e mi accorgo dell’organizzazione immensa. Un meeting, un trovarsi e un ritrovarsi per tutti glia anni successivi diventerà un appuntamento al quale non posso e non voglio mancare.
Sbrigate le formalità, mi aggiro per la fiera, controllo le aule di formazione e mi lascio trasportare. Sento energia, sento che ci sono persone che come me amano il loro lavoro e vogliono rinnovarsi, conoscere, sento che sono nel posto giusto. Fantastico, comincio a mandare messaggi in RSA ai colleghi, prendo volantini anche per loro. Bevo un caffè ottimo, devo stare super attenta oggi, ho troppe cose da seguire.
Lo sguardo mi sfugge su un uomo con la barba grigia, si muove calmo, tutti vanno da lui: chi sarà? Quante conoscenze! Vicino a lui arrivano due splendide ragazze, more, eleganti, un po’ innervosite, che gli parlano a bassa voce. Ma lui le guarda e vedo che il loro viso si rilassa, e spariscono nelle aule.
Avrò la grande fortuna di conoscere poi il grande Renato Dapero e le sue figlie, Giulia e Elena animate dalla sua stessa passione per il mondo dell’assistenza. Cavolo, mi sono persa, non trovo l’aula di Letizia Espanoli, ci sarà ancora posto?
Mi cadono anche i volantini, che imbranata, avevo organizzato tutto per tempo e invece… “Lascia ti aiuto io”. “Oh grazie, sono un po’ agitata e di corsa, scusami”, rispondo. Chissà chi è, non ho letto bene il cartellino, mi focalizzo sempre sui particolari e dimentico le cose importanti al primo incontro. Una bella ragazza, mora, con l’accento del sud, con grandi occhiali, indaffarata anche lei.
Avrò modo di conoscerla oggi?
Non mancherò neanche ad una edizione del Meeting, torno sempre a casa con le tasche piene di idee, sogni, che spesso si sono realizzati, libri, contatti. Sono riuscita a coinvolgere con grande gioia i colleghi, i miei superiori, e si sa, quando si è fuori dalla RSA c’è tempo per confrontarsi in maniera diversa, tra noi ma soprattutto su quello che c’è al di fuori della propria realtà.
Ho rincontrato amici del Metodo Validation, insegnanti, ho assistito a presentazioni interessanti, ho conosciuto persone che sono tuttora nel mio mondo lavorativo e lo hanno arricchito. Abbiamo partecipato ai concorsi fotografici organizzati dalla casa Editrice Dapero, splendida iniziativa che ci ha caricato a molla.
Perché nella vita in RSA si possono fare tante cose e spendere del tempo per reinventarsi tutte le volte è veramente importante. Un sogno per me essere in un posto, goderne la bellezza, trarre ispirazione da ciò che vedo e ascolto e portarlo nella mia piccola realtà.
Piccola realtà che negli anni mi ha permesso di prendermi tante soddisfazioni e di regalare tempo di qualità ai miei Ospiti e ai loro familiari.
Scegliete la strada della conoscenza, non appiattitevi, trovate e ricercate persone carismatiche ci vi possono ispirare, nella vita e nel mondo lavorativo, con corsi, lezioni. Uscite, andate al Museo e il giorno dopo portate agli Ospiti il volantino e parlatene, ascoltate una canzone e preparate un’attività a tema, fate fotografie, ritratti.
Vivete, vivete un pochino anche per loro. Perché voi diventate il loro mondo. La banalità vi renderà banali , gli Ospiti lo percepiscono, dovete essere curiosi.
Io ho avuto la fortuna di avere al fianco per buona parte, o per un pezzetto di cammino, persone carismatiche, di cui ho ancora ricordi e forse ho preso un po’ da loro, almeno spero, la voglia di migliorarmi e non fermarmi.
La bellezza di Cristina
Incontro Cristina Fino prima del Meeting, della sua prima partecipazione. Leggo di lei, che donna! Mi piace che dalla sua carriera legata al mondo visivo, così diciamo, abbia pensato di rielaborare il tutto a favore die più fragili per il loro benessere.
Non vedo l’ora di conoscerla ma ci sentiamo telefonicamente, mi illustra il suo progetto Alamar Life e ne rimango affascinata. Mi invia le schede di valutazione, insomma, tutto ben preciso e documentato, mi piace.
Arrivo in RSA carica di energia dopo la presentazione seguita al Meeting, ho ascoltato i campi di possibilità di utilizzo dei dvd natura e non vedo l’ora di buttare giù due righe di progetto. “Ma cosa sono documentari?” mi chiede un collega. La mia comunicazione non verbale non fa trasparire niente di buono ma cerco di rispondere in modo diplomatico: “Molto di più!”.
Da li, parte tutto. Ne parlo con la Suora Superiora, trovo una porta, anzi un portone aperto, l’idea di portare novità per gli Ospiti, soprattutto per i più fragili che faticano a seguire le solite e consolidate attività, la convince. La natura, così come la preghiera, ci permette di riallinearci con il mondo e trovare pace interiore.
Tramite i dvd di Alamar Life, la bellezza della natura entra a far parte della vita in RSA. Il permettere agli Ospiti, di qualsiasi livello cognitivo, di viaggiare con la fantasia, ritornare nei loro campi, ascoltare il rumore dei fiumi, rivedere i fiori della primavera, suscita in loro e in me, bellezza, riposo e li distoglie dall’ambiente che, volere o volare, vivono quotidianamente.
Anche il silenzio, l’ascolto in silenzio, senza per forza dover riempire gli spazi, si può fare e costruire piano piano. Inizio così ad addentrarmi nei progetti, applicando la visione dei DVD prima singolarmente, poi a piccolo gruppo. La visione dei DVD è abbinata specialmente ad attività di pittura nei primi temp
“Mariuccia ti cerca, ha ancora il prurito”. Da qualche settimana siamo così. La signora Mariuccia, molto cara a me negli anni, soffre un po’ di pensieri negativi, dorme poco e male, ha bisogno di parlare. Le OSS mi confermano che anche stanotte ha cercato l’infermiera per le gocce per far passare il prurito..mah.
Entro in camera, dormicchia al mio “buongiorno”, è comprensibile se passa la notte in bianco!
Comincio a raccontarle della nuova attività che ho pensato per lei e sì, già questo gratifica una persona, il dire: “ho pensato a qualcosa per te, ho pensato a te”.
Inforca il suo girello, mette un po’ di profumo, recupera due caramelle e mi segue in sala Occupazionale. Parto con i piedi di piombo, le mostro uno spezzone di filmato, è attratta dal computer che proietta, dice che anche sua nipote lo usa, fa Psicologia lei, aiuta i bambini.
Ci beviamo un caffè, e inizia a raccontarmi di come curava i fiori a casa, parliamo solo di cose belle.
Con Mariuccia partirà un progetto di mesi, prima individuale e poi, insieme a un piccolo gruppo, stilerò un documento aggiornato una volta a settimana in cui annoterò le particolarità della seduta. Ormai ci divertiamo a rincorrere gli Infermieri per misurare saturazione e pressione arteriosa prima e dopo l’attività. Niente da dire, tutte le volte al termine la signora è più rilassata. Non si fanno miracoli, ma ci proviamo.
Nel gruppo poi diventa la leader, anche questo la gratifica, chiede lei che fiori visualizzare, si concentra talmente tanto sul colore che a volte colora anche senza occhiali!
Nel gruppo arriva anche la signora Emilia, come potrei non inserirla e chiederle di partecipare! Una figlia pittrice, amante del bello, delle camice a fiori, dei fiori che la figlia le porta sempre in camera.
Siamo sulla strada della confusione purtroppo, ma le piace molto la compagnia e impegnarsi. Emilia vede i filmati con una fame di bellezza impressionante, ne rimane folgorata, non c’è più niente intorno a lei per i quaranta minuti di seduta. Quando qualcuno entra in Sala, non se ne accorge, se ne accorge invece Mariuccia che dice: “Non avete visto il cartello??”. Ho creato un cartello “visione dvd in corso, non disturbare”.
Poi arriva Virginia e con lei è una grande sfida. Perché Virginia, con la sua carrozzina, fa i chilometri in RSA. Arrivo al mattino e lei è già in movimento, non si ferma mai. Parla poco, ma con me si, utilizzo molto la comunicazione non verbale, è stata una signora riservata dice il figlio, molto composta e carina.
Le signore ritornano sempre dove sono state bene e anche se non sanno a che piano “abitano” o dove sia la loro camera, ma chissà come mai vengono attirate come una calamita dalla nostra stanzetta. Questo non può che farci piacere. “Virginia, hai voglia stamattina di stare qui vicino a me e guardare un po’ di cose belle?”. “Ma sì”, mi risponde in dialetto.
Inizieremo con pochi minuti davvero, il wandering vince ma non sempre .Dopo le prime sedute, Virginia si siede su una sedia “normale”con un bel cuscino morbido, sempre vicino a me, guarda le signore impegnate nel colorare e commenta che sono bravissime, guarda i filmati, si concentra, ride, escono alcune parole che non sentivamo più.
Applico delle Tecniche Conversazionali ed escono dei dialoghi speciali tra me e lei, si rilassa. In una seduta, si rilassa talmente tanto che, con in braccio la sua bambina bambola, la culla e si addormenta. Come in un percorso che si rispetti, chiede aiuto alla figlia della signora Emilia, per una vera e propria seduta artistica. Anche questo è vita in RSA.
Il familiare accetta di buon grado, la mamma è raggiante quando la figlia pittrice si presenta alla seduta. Ormai tutto scorre, c’è energia, divertimento, non c’è più timore, grazie alla figlia pittrice, di impugnare un pennello e usare i colori, anzi!
Ne escono quadri bellissimi, che poi saranno incorniciati e esposti in reparto.
Mariuccia no, il suo quadro lo vorrà in camera sua: “lo metti in casa mia per favore”. “Certo Mariuccia, e scatta un abbraccio con il cuore tra me e lei.
Parte un altro gruppetto, il gruppetto dei racconti. Questo è incredibile, io mi diverto tantissimo. Ci mettiamo un po’ di tempo a sistemarci in Sala Occupazionale, ma è così, i tempi bisogna rispettarli, ma bisogna rispettare i tempi degli anziani.
Accompagnarli da un reparto, dalla loro camera, aiutarli in carrozzina, sono molti stimoli per loro. Organizzo presto la sala, preparo la musica, i posti a sedere, tutto, non è il caso di spostarsi, l’attenzione è minima e non posso permettermi di perderle per una stupidaggine.
Arriviamo alla spicciolata in sala, inizio con un giro di saluti, chiedo come stanno e sento un po’ come siamo allineati, se qualcuno nel gruppo ha bisogno di vicinanza, sostegno.
Teresa canticchia, sempre sorridente, mai ferma. Prendo la palla al balzo e le chiedo cosa vuole vedere, la faccio scegliere, mi chiede il mare. Iniziamo a vedere un filmato del mare, un mare calmo, una bella spiaggia e piano piano Io chiedo di inventare una storia, quasi tutte le signore mi seguono! Ma anche chi ascolta, ascolta con attenzione, va benissimo così.
E poi escono delle filastrocche e pensieri in rima, simpatici, con un senso, poetici. Lascio fluire le parole, perché i partecipanti hanno voglia di esprimersi, senza giudizio. Prendo il bloc notes e comincio a trascrivere velocemente le parole, non posso dimenticarle, ne farò una bella raccolta, magari da esporre alla festa dell’estate. Le emozioni escono, anche attraverso le immagini. E così un giorno vediamo un mare in tempesta e una signora lo verbalizzo, lo dice “questo mare non mi piace, mi agita”.
C’è invece chi al mare non è mai andato e sia avvicina al proiettore per toccare le onde, chi volge lo sguardo verso l’alto per ascoltare il canto degli uccellini.
L’anno successivo, con mia grande soddisfazione, con la mia équipe seguiremo un altro intervento di Cristina al Meeting delle Professioni di Cura. Continuo, nella mia pratica quotidiana, a usarli come validissimi strumento per i miei nonni, proponendo laboratori, momenti di storytelling, per celebrare i cambi di stagione, ma anche come vera e propria terapia non farmacologica, da somministrare al singolo al bisogno. Perché la natura diventi una vera e propria medicina dell’anima.
L’ultima parte della storia di Valentina Pirola iniziata con Terapista occupazionale in RSA: avventure e disavventure verrà pubblicata il 22 ottobre sulla rivista CURA.