di Miriam Regonesi

Sono un operatore socio sanitario di una Rsa della Valle Seriana e sono anche la figlia di Luciano, morto a settantasette anni per il covid, il 26 marzo 2020.

Mio padre era ricoverato per una frattura al femore e il virus non gli ha lasciato scampo. Questo breve scritto nasce innanzitutto per poter ringraziare pubblicamente tutta l’équipe dell’accorpamento chirurgia-ortopedia dell’ospedale di Lovere che nelle settimane che hanno visto il ricovero di mio padre non ci ha mai lasciati soli.  Nonostante il difficile momento, tutti si sono sempre dimostrati disponibili e attraverso quotidiane telefonate o videochiamate ci hanno permesso di rimanergli accanto, anche se non fisicamente.

Il dolore del distacco rimane grande. È difficile non vedere più tuo marito/padre se non il giorno in cui, in una cassa già chiusa e con un breve rito da parte del sacerdote, parte per la cremazione insieme ad altre due salme.

Ma questo dolore, purtroppo, sta accomunando tante persone.

Ed è con il mio lavoro di OSS che vedo tanti figli affrontare le stesse nostre paure, i nostri stessi dolori, la nostra stessa rabbia, la nostra stessa impotenza. So cosa provano, come si sentono. So cosa succede dentro di loro quando, nel cuore della notte, ricevono la fatidica telefonata.

Quotidianamente, con il nostro lavoro, cerchiamo di non far sentire ai nostri anziani il dolore del distacco dai propri cari: videochiamate e telefonate sono diventate parte della routine. Piano piano si cerca di tornare ad una parvenza di normalità con le attività della palestra o dell’animazione. Allo stesso tempo cerchiamo di accogliere le preoccupazioni dei loro cari dando più informazioni possibili e non facendo loro mancare mai l’ascolto, anche solo durante le telefonate.

Non è facile, ma è questo quello che ora ci viene chiesto.

Questa pandemia ci ha cambiati, ci ha distrutti fisicamente e moralmente. Ma dentro di noi abbiamo trovato forze che mai avremmo pensato di avere. E questo grazie ai nostri anziani, che nella vita ne hanno passate tante e che non pensavano di dover affrontare anche questa guerra.

Sono loro che ci guardano negli occhi e ci sorridono nonostante le mascherine, gli occhiali e i camici. Sono loro che trovano le parole giuste per far forza ai loro famigliari durante le videochiamate. Sono loro che trovano momenti di normalità in giornate che di normale non hanno quasi più nulla.

 È da loro che impariamo che tutto quello che viviamo ci fa essere più resilienti, contribuisce a darci coraggio, aiuta a renderci migliori, anche in questi momenti in cui trovare qualcosa di positivo a volte è davvero difficile.

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Casa Editrice Indipendente per una cultura condivisa nel settore dell’assistenza agli anziani.

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