Stai per leggere il testo di una nostra newsletter mensile, a cura di Giulia Dapero.

L’ultimo venerdì di ogni mese diffondiamo una riflessione filosofica sulla CURA, lanciamo sondaggi e indagini qualitative su tematiche importanti per il lavoro in RSA, informiamo sulle iniziative culturali di settore in programma per i mesi successivi.

Ultimamente mi sono “presa bene” ascoltando le video conferenze di Stefano Mancuso, un neurobiologo vegetale che ha studiato a fondo il mondo delle piante.

Mi ha colpita molto un suo pensiero: come esseri umani tendiamo a ricalcare il nostro corpo animale nelle nostre produzioni.

Così per esempio le nostre aziende sono generalmente organizzate con un centro di comando/cervello che prende decisioni e governa gli altri organi/settori/reparti distinti nettamente nelle loro specifiche funzioni.

Al contrario, le piante, non hanno un centro di comando, ma piuttosto un “cervello diffuso”.

Per dirla in modo semplice: pensano con tutto il corpo e sono fatte di parti che sanno prendere decisioni e collaborare tra loro anche senza un capo.

Non potendo muoversi, si sono evolute in modo estremamente più raffinato e forte di noi, per poter sopravvivere anche a una predazione dell’80% del loro corpo.

Mentre noi non possiamo sopravvivere se ci si “rompe” anche solo un singolo organo vitale.

Rete ramificata

Tra le tante cose che l’uomo ha prodotto ce n’è una però che ricalca l’organizzazione del corpo vegetale: internet.

La struttura della rete internet ricorda quella delle radici di un albero, con ramificazioni molteplici e senza un centro predominante, dove ogni elemento è connesso all’altro in modo paritetico.

In entrambi i casi l’obiettivo è diffondere risorse essenziali a un sistema: informazioni e dati da un lato, acqua e nutrimento dall’altro.

Obiettivo che dovrebbero avere anche le nostre reti sociali, più o meno informali.

Ma quanto è difficile riuscire a trovarne una che sia davvero forte e funzionante?

A volte penso che la disfunzionalità delle nostre reti dipenda dagli obiettivi antisociali che ci poniamo mentre le costruiamo.

Rete di ragno

La vita è dura per tutti oggi.

I conti devono quadrare, i turni devono essere coperti e, nel caso del “for profit”, l’utile a fine anno si deve vedere.

Così, è facile che la rete di contatti o le nostre buone relazioni scivolino più spesso nell’ambito dei mezzi: conviene averli, al fine di raggiungere i risultati attesi.

Troppo spesso i fili invisibili che costruiamo sono più simili alla seta con cui il ragno crea la propria tela.

Una rete, questa, molto più vulnerabile perché ha un centro molto preciso, da cui si diramano tutti i fili portanti: se il centro si rompe, tutta la tela crolla.

Al contrario, se alcune radici vengono tagliate, le altre continuano a crescere per compensare; se un server si spegne, i dati di internet trovano altre strade per arrivare a destinazione.

D’altra parte la rete di ragno è costruita per un obiettivo semplice e non raffinato – la cattura delle prede – e dunque tanto le basta.

E se un filo della ragnatela si rompe?

Sarà il ragno in persona che si adopererà per ripararla attivamente.

Essere chi si è

L’intento di questo mio “svarione” su corpi, reti e ragni non è moralistico, ma prevalentemente pratico.

Siamo tutti un po’ ragni all’occasione.

Ma dentro di me so di aver vissuto in pienezza solo quando ho saputo essere ramo di radice. Mentre tutte le volte che ho fatto il ragno mi sono per lo più ammazzata di fatica.

Anche se la seta è bella da toccare e l’acqua ci piace darla per scontata, oggi essere ragni conviene molto meno che essere radici.

Grazie alle aziende che sostengono il lavoro di CURA

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