SARA SABBADIN

Una cura che salva l’identità della persona

Sogno una cura che protegga l’identità, che coltivi l’individualità anche dove la malattia rischia di inaridirla. Dopo anni di RSA ancora non mi sono abituata a sentire il silenzio assordante che a volte attraversa i saloni, a vedere individui che hanno vissuto vite diverse tra loro, spesso agli antipodi per azioni, idee e sogni, uniformarsi lentamente sotto l’etichetta della malattia e del bisogno di assistenza.

Sogno una struttura dove si possa continuare a vivere oltre che essere curati, dove chi odia la tombola possa continuare ad odiarla senza che questo diventi necessariamente segnale di asocialità e chi ama il teatro possa continuare a vederlo senza doverlo solo ricordare. Sogno residenti che non vanno a letto con il sole, se non vogliono farlo. Sogno RSA piene di libri, di fotografie, di cavalletti e pennelli, di strumenti musicali, di spazi dove una persona può stare se non le va di stare con gli altri.

Sogno un luogo di cura dove chi vi va a vivere non perde la sua storia ma la porta con sé e ha la possibilità di raccontarla, da sé o per bocca di altri; e in quella storia può continuare a riconoscersi ed essere riconosciuto, anche qualora dovesse perdersi nel buio della malattia. Sogno una RSA dove anch’io un domani potrei vivere e non starci poi così male.

Sono psicologa, perfezionata in counseling psicologico e neuropsicologia clinica. Lavoro da alcuni anni in una struttura residenziale del vicentino per persone non autosufficienti e nel territorio trevigiano all’interno di progetti di supporto psicologico alla cura domiciliare e sostegno al caregiving. Mi occupo inoltre della supervisione dei volontari attivi nei centri sollievo per persone con demenza. Svolgo attività di formazione e divulgazione sui temi della cura delle malattie neurodegenerative e la loro prevenzione.