- La danza dell’Operatore Socio Sanitario
- La formazione degli Operatori Socio Sanitari
- Cosa spinge una persona a diventare Operatore Socio Sanitario?
- Differenti generazioni, differenti motivazioni
- Comprendere il ruolo dell’OSS
- Dopo la formazione: cosa tiene viva la motivazione?
- Empatia e capacità di adattamento
- L’equilibrio tra Sociale e Sanitario
- Dalla carenza di infermieri al sovraccarico degli OSS
- Comprendere le differenze dei vai ambienti di cura
- Il valore della motivazione interna
L’Operatore Socio Sanitario è una figura professionale che opera tra due diverse dimensioni, quella sociale e quella sanitaria. Un lavoro a contatto con la sofferenza e la fragilità, una danza faticosa che si alterna tra esigenze di tipo relazionale, protocolli delle cure terapeutiche e i bisogni della residenzialità assistenziale. Essere Operatore Socio Sanitario richiede una componente motivazionale alta.
Come far emergere e tenere viva la motivazione in chi svolge questo lavoro?
La danza dell’Operatore Socio Sanitario
La prima cosa che viene da pensare osservando un Operatore Socio Sanitario a lavoro è: “Che lavoro faticoso!”.
L’Operatore Socio Sanitario è una figura professionale eclettica, che svolge il proprio lavoro tra due dimensioni:
- il sociale, un ambito ampio che mette a contatto con contesti molto variegati e disagi socio-assistenziali della società in cui ci troviamo oggi;
- il sanitario, un sistema organizzato su protocolli rigidi, che mette a confronto con una grande varietà di problemi legati alla salute, con l’applicazione delle cure terapeutiche, e con i bisogni legati alla residenzialità assistenziale.
È su queste note, che l’Operatore Socio Sanitario impronta la sua danza, quotidianamente.
La formazione degli Operatori Socio Sanitari
Nel nostro Paese, la formazione per gli Operatori Socio Sanitari è rimasta ferma per circa dieci anni, lasciando un vuoto assistenziale in quelle che erano, e che sono sempre state, le esigenze primarie dell’assistenza alla persona.
Nel 2020, con la riapertura dei corsi di formazione autorizzati dalle Regioni, questa figura professionale ha ripreso il suo percorso. La didattica formativa in questo ambito è stata aggiornata, con l’integrazione dell’area giuridica, dell’area etica e deontologica, e sono stati approfonditi gli ambiti di responsabilità nei vari contesti di cura.
Tuttavia, la cosa più importante da chiedersi, è se coloro che scelgono di diventare Operatori Socio Sanitari abbiano piena consapevolezza sul ruolo che andranno a ricoprire, oppure no.
Cosa spinge una persona a diventare Operatore Socio Sanitario?
La motivazione, nella sua accezione più ampia, è un aspetto centrale in tutti i settori lavorativi, non solo quelli Sociali o Sanitari.
Quando parliamo di cura e Assistenza alle Persone, è doveroso indagare gli aspetti motivazionali in maniera più approfondita, perché l’ambito in cui si opera è delicato e ha a che fare con il benessere e la salute delle persone che si assistono.
Attualmente molte persone iniziano questo percorso formativo, ma alcuni di loro non hanno conoscenza delle caratteristiche portanti di questa professione. Chi inizia a formarsi ha spesso dubbi che riguardano il proprio futuro: si pongono domande, o danno per scontato che opereranno in un preciso ambito di cura, per esempio in Ospedale.
Differenti generazioni, differenti motivazioni
Il motivo della scelta di diventare OSS nasce prevalentemente da un’esigenza economica, soprattutto se prendiamo in considerazione persone nella fascia di età dai trent’anni in su.
Per quanto riguarda, invece, i lavoratori già presenti nel settore assistenziale, oppure giovanissimi dai diciotto anni ai trent’anni di età, essi spesso si affidano alla Formazione nella speranza di aumentare le proprie conoscenze, e di aggiungere una qualifica al proprio curriculum vitae.
Comprendere il ruolo dell’OSS
Comprendere il ruolo di questa figura professionale non è però facile, e nell’immaginario giovanile l’Operatore Socio Sanitario svolge un’attività essenzialmente pratica: l’igiene personale, l’igienizzazione, il supporto nella movimentazione, la gestione dell’alimentazione.
Ma questa è solo una parte del lavoro in questione. Molto altro, è racchiuso nelle attribuzioni che la legge del 2001, con la Conferenza Stato Regioni, sancisce per gli Operatori Socio Sanitari. Chi, si accinge a frequentare la formazione prevista, si deve impegnare ad acquisire conoscenze, ma, soprattutto a essere pronti per un percorso trasversale tra teoria e pratica.
In tale accezione rientrano: il comportamento con il paziente, la conoscenza dei contesti sociali e delle Famiglie, la gestione delle emozioni e delle relazioni. È ovvio, che la motivazione, in senso stretto durante la formazione teorica rischia di non avere gratificazioni immediate. Per questo si rende necessario specificare all’interessato – nel momento della scelta del Corso di Formazione – quali siano i dettagli in merito alla didattica e il perché di tanta teoria.
Solo dopo l’acquisizione delle conoscenze – e delle competenze mediante il tirocinio formativo – la motivazione può accendersi o aumentare.
Dopo la formazione: cosa tiene viva la motivazione?
Può accadere l’eventualità di un ritiro sia prima che dopo il conferimento della qualifica. Il contatto con la realtà diventa inevitabile, e tutto quel che sembra fattibile per alcuni, diventa uno scoglio troppo grande da superare per altri. Ne consegue la necessità di preparare i futuri Operatori Socio Sanitari mediante una formazione attenta da parte dei Docenti e Formatori.
Altre domande a volte sorgono quando l’Operatore Socio Sanitario diventa operativo: quali difficoltà incontra e come gestisce le problematiche di Servizio? In questi casi, continua a essere motivato o modifica il proprio pensiero?
Tutto dipende dall’ambiente di lavoro, dalle modalità contrattuali, dalla posizione del luogo di lavoro, dalle relazioni familiari e personali.
ediante il tirocinio formativo – la motivazione può accendersi o aumentare.
Empatia e capacità di adattamento
L’esperienza conferma che la persona motivata interiormente affronta meglio e con uno spirito diverso le situazioni complesse, soprattutto se dotata di empatia, capacità di ascolto e rispetto verso l’altro.
Immaginiamo, questa figura professionale non solo all’interno di un Ospedale, ma anche a domicilio, in comunità per soggetti con diagnosi psichiatrica, o in un Centro di Accoglienza per Rifugiati. In ognuno di questi ambiti, il ruolo dell’Operatore Socio Sanitario resta lo stesso, ma i compiti possono cambiare e così le condizioni di lavoro e il target delle persone da assistere.
Si evince l’importanza, della capacità di adattamento nell’attività lavorativa di un OSS. Si potrebbe asserire che gli Operatori Socio Sanitari motivati riescano ad acquisire meglio abilità in entrambi i settori: il sociale e il sanitario, garantendo a chi assistono una più alta professionalità.
L’equilibrio tra Sociale e Sanitario
C’è un altro aspetto che risulta fondamentale per questa figura professionale: la sua collocazione nei due sistemi, sia esso Sociale, sia Sanitario.
In questi anni ci si è potuti confrontare con altre figure professionali: Infermieri, Medici e personale amministrativo quali i Direttori Sanitari delle Residenze Sanitarie Assistite e i Responsabili di Strutture Socio Assistenziali.
Ognuno di loro, pur conoscendo le attribuzioni della figura dell’Operatore Socio Sanitario, tende – a volte – ad affidare mansioni che non sono previste dalle normative.
All’Operatore Socio Sanitario viene richiesto di effettuare alcune prestazioni terapeutiche o sanitarie assistenziali, che vanno oltre le norme legislative in vigore. Per esempio: terapia iniettiva, contenzione, medicazioni da decubito come se un OSS possa sostituire la figura professionale dell’infermiere, a cui (di fatto) è tenuto a dare supporto.
Dalla carenza di infermieri al sovraccarico degli OSS
Gli Infermieri in questi ultimi anni sono in forte carenza nel nostro Paese, un dato con il quale l’Organizzazione del Piano di Lavoro deve fare i conti costantemente. Ma questo fatto non deve giustificare il sovraccarico del mansionario dell’OSS, che rischia di esporre questa figura professionale a scegliere tra il mantenimento del lavoro e l’etica e la deontologia professionale.
Comprendere le differenze dei vai ambienti di cura
Spostando l’attenzione invece in ambito Sociale, bisogna soffermarsi sulle Cooperative Sociali, i Centri di Accoglienza, le Comunità. È doveroso rammentare, che la Legge 328/2000, è nata per integrare le due dimensioni, con l’obiettivo di favorire gli interventi sociali e sanitari, anche attraverso le figure professionali qui menzionate: Assistenti Sociali, Infermieri, Operatori Socio Sanitari.
In questo ambito la figura professionale dell’OSS – che viene chiamata in contesti assistenziali anche privati come l’assistenza domiciliare – diventa una figura di primaria importanza e non solo di supporto.
Queste differenze devono essere esplorate e comprese all’interno del percorso formativo, altrimenti il rischio è che nel momento in cui si entra a contatto con la persona da assistere non si riesca a adeguarsi al contesto privato. Si rischia cioè di entrare in relazione con problemi legati a conflitti che spesso esistono tra chi ha bisogno di cure e i suoi cari, e il rischio è che questi aspetti si interpongano tra il lavoro di cura e la vita privata dell’OSS.
C’è poi bisogno di avere enorme riguardo per il lavoro che si svolge nell’Hospice, all’interno del quale, tutto ruota intorno al fine vita.
Il valore della motivazione interna
Scegliere una professione implica la correlazione tra motivazione interna ed esterna, e relativamente alla figura professionale dell’OSS, ha valore soprattutto la prima.
È un lavoro faticoso, questo è certo, ma svolgerlo con professionalità, nel rispetto dell’essere umano, è un valore aggiunto che sostiene e concorre al benessere dei Pazienti. Le amministrazioni hanno il dovere di assumere questa figura professionale riconoscendo un adeguato inquadramento economico, non solo quale diritto del lavoratore ma anche a sostegno della motivazione.
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- Cosa spinge una persona a diventare Operatore Socio Sanitario?
- Differenti generazioni, differenti motivazioni
- Comprendere il ruolo dell’OSS
- Dopo la formazione: cosa tiene viva la motivazione?
- Empatia e capacità di adattamento
- L’equilibrio tra Sociale e Sanitario
- Dalla carenza di infermieri al sovraccarico degli OSS
- Comprendere le differenze dei vai ambienti di cura
- Il valore della motivazione interna
L’Operatore Socio Sanitario è una figura professionale che opera tra due diverse dimensioni, quella sociale e quella sanitaria. Un lavoro a contatto con la sofferenza e la fragilità, una danza faticosa che si alterna tra esigenze di tipo relazionale, protocolli delle cure terapeutiche e i bisogni della residenzialità assistenziale. Essere Operatore Socio Sanitario richiede una componente motivazionale alta.
Come far emergere e tenere viva la motivazione in chi svolge questo lavoro?
La danza dell’Operatore Socio Sanitario
La prima cosa che viene da pensare osservando un Operatore Socio Sanitario a lavoro è: “Che lavoro faticoso!”.
L’Operatore Socio Sanitario è una figura professionale eclettica, che svolge il proprio lavoro tra due dimensioni:
- il sociale, un ambito ampio che mette a contatto con contesti molto variegati e disagi socio-assistenziali della società in cui ci troviamo oggi;
- il sanitario, un sistema organizzato su protocolli rigidi, che mette a confronto con una grande varietà di problemi legati alla salute, con l’applicazione delle cure terapeutiche, e con i bisogni legati alla residenzialità assistenziale.
È su queste note, che l’Operatore Socio Sanitario impronta la sua danza, quotidianamente.
La formazione degli Operatori Socio Sanitari
Nel nostro Paese, la formazione per gli Operatori Socio Sanitari è rimasta ferma per circa dieci anni, lasciando un vuoto assistenziale in quelle che erano, e che sono sempre state, le esigenze primarie dell’assistenza alla persona.
Nel 2020, con la riapertura dei corsi di formazione autorizzati dalle Regioni, questa figura professionale ha ripreso il suo percorso. La didattica formativa in questo ambito è stata aggiornata, con l’integrazione dell’area giuridica, dell’area etica e deontologica, e sono stati approfonditi gli ambiti di responsabilità nei vari contesti di cura.
Tuttavia, la cosa più importante da chiedersi, è se coloro che scelgono di diventare Operatori Socio Sanitari abbiano piena consapevolezza sul ruolo che andranno a ricoprire, oppure no.
Cosa spinge una persona a diventare Operatore Socio Sanitario?
La motivazione, nella sua accezione più ampia, è un aspetto centrale in tutti i settori lavorativi, non solo quelli Sociali o Sanitari.
Quando parliamo di cura e Assistenza alle Persone, è doveroso indagare gli aspetti motivazionali in maniera più approfondita, perché l’ambito in cui si opera è delicato e ha a che fare con il benessere e la salute delle persone che si assistono.
Attualmente molte persone iniziano questo percorso formativo, ma alcuni di loro non hanno conoscenza delle caratteristiche portanti di questa professione. Chi inizia a formarsi ha spesso dubbi che riguardano il proprio futuro: si pongono domande, o danno per scontato che opereranno in un preciso ambito di cura, per esempio in Ospedale.
Differenti generazioni, differenti motivazioni
Il motivo della scelta di diventare OSS nasce prevalentemente da un’esigenza economica, soprattutto se prendiamo in considerazione persone nella fascia di età dai trent’anni in su.
Per quanto riguarda, invece, i lavoratori già presenti nel settore assistenziale, oppure giovanissimi dai diciotto anni ai trent’anni di età, essi spesso si affidano alla Formazione nella speranza di aumentare le proprie conoscenze, e di aggiungere una qualifica al proprio curriculum vitae.
Comprendere il ruolo dell’OSS
Comprendere il ruolo di questa figura professionale non è però facile, e nell’immaginario giovanile l’Operatore Socio Sanitario svolge un’attività essenzialmente pratica: l’igiene personale, l’igienizzazione, il supporto nella movimentazione, la gestione dell’alimentazione.
Ma questa è solo una parte del lavoro in questione. Molto altro, è racchiuso nelle attribuzioni che la legge del 2001, con la Conferenza Stato Regioni, sancisce per gli Operatori Socio Sanitari. Chi, si accinge a frequentare la formazione prevista, si deve impegnare ad acquisire conoscenze, ma, soprattutto a essere pronti per un percorso trasversale tra teoria e pratica.
In tale accezione rientrano: il comportamento con il paziente, la conoscenza dei contesti sociali e delle Famiglie, la gestione delle emozioni e delle relazioni. È ovvio, che la motivazione, in senso stretto durante la formazione teorica rischia di non avere gratificazioni immediate. Per questo si rende necessario specificare all’interessato – nel momento della scelta del Corso di Formazione – quali siano i dettagli in merito alla didattica e il perché di tanta teoria.
Solo dopo l’acquisizione delle conoscenze – e delle competenze mediante il tirocinio formativo – la motivazione può accendersi o aumentare.
Dopo la formazione: cosa tiene viva la motivazione?
Può accadere l’eventualità di un ritiro sia prima che dopo il conferimento della qualifica. Il contatto con la realtà diventa inevitabile, e tutto quel che sembra fattibile per alcuni, diventa uno scoglio troppo grande da superare per altri. Ne consegue la necessità di preparare i futuri Operatori Socio Sanitari mediante una formazione attenta da parte dei Docenti e Formatori.
Altre domande a volte sorgono quando l’Operatore Socio Sanitario diventa operativo: quali difficoltà incontra e come gestisce le problematiche di Servizio? In questi casi, continua a essere motivato o modifica il proprio pensiero?
Tutto dipende dall’ambiente di lavoro, dalle modalità contrattuali, dalla posizione del luogo di lavoro, dalle relazioni familiari e personali.
ediante il tirocinio formativo – la motivazione può accendersi o aumentare.
Empatia e capacità di adattamento
L’esperienza conferma che la persona motivata interiormente affronta meglio e con uno spirito diverso le situazioni complesse, soprattutto se dotata di empatia, capacità di ascolto e rispetto verso l’altro.
Immaginiamo, questa figura professionale non solo all’interno di un Ospedale, ma anche a domicilio, in comunità per soggetti con diagnosi psichiatrica, o in un Centro di Accoglienza per Rifugiati. In ognuno di questi ambiti, il ruolo dell’Operatore Socio Sanitario resta lo stesso, ma i compiti possono cambiare e così le condizioni di lavoro e il target delle persone da assistere.
Si evince l’importanza, della capacità di adattamento nell’attività lavorativa di un OSS. Si potrebbe asserire che gli Operatori Socio Sanitari motivati riescano ad acquisire meglio abilità in entrambi i settori: il sociale e il sanitario, garantendo a chi assistono una più alta professionalità.
L’equilibrio tra Sociale e Sanitario
C’è un altro aspetto che risulta fondamentale per questa figura professionale: la sua collocazione nei due sistemi, sia esso Sociale, sia Sanitario.
In questi anni ci si è potuti confrontare con altre figure professionali: Infermieri, Medici e personale amministrativo quali i Direttori Sanitari delle Residenze Sanitarie Assistite e i Responsabili di Strutture Socio Assistenziali.
Ognuno di loro, pur conoscendo le attribuzioni della figura dell’Operatore Socio Sanitario, tende – a volte – ad affidare mansioni che non sono previste dalle normative.
All’Operatore Socio Sanitario viene richiesto di effettuare alcune prestazioni terapeutiche o sanitarie assistenziali, che vanno oltre le norme legislative in vigore. Per esempio: terapia iniettiva, contenzione, medicazioni da decubito come se un OSS possa sostituire la figura professionale dell’infermiere, a cui (di fatto) è tenuto a dare supporto.
Dalla carenza di infermieri al sovraccarico degli OSS
Gli Infermieri in questi ultimi anni sono in forte carenza nel nostro Paese, un dato con il quale l’Organizzazione del Piano di Lavoro deve fare i conti costantemente. Ma questo fatto non deve giustificare il sovraccarico del mansionario dell’OSS, che rischia di esporre questa figura professionale a scegliere tra il mantenimento del lavoro e l’etica e la deontologia professionale.
Comprendere le differenze dei vai ambienti di cura
Spostando l’attenzione invece in ambito Sociale, bisogna soffermarsi sulle Cooperative Sociali, i Centri di Accoglienza, le Comunità. È doveroso rammentare, che la Legge 328/2000, è nata per integrare le due dimensioni, con l’obiettivo di favorire gli interventi sociali e sanitari, anche attraverso le figure professionali qui menzionate: Assistenti Sociali, Infermieri, Operatori Socio Sanitari.
In questo ambito la figura professionale dell’OSS – che viene chiamata in contesti assistenziali anche privati come l’assistenza domiciliare – diventa una figura di primaria importanza e non solo di supporto.
Queste differenze devono essere esplorate e comprese all’interno del percorso formativo, altrimenti il rischio è che nel momento in cui si entra a contatto con la persona da assistere non si riesca a adeguarsi al contesto privato. Si rischia cioè di entrare in relazione con problemi legati a conflitti che spesso esistono tra chi ha bisogno di cure e i suoi cari, e il rischio è che questi aspetti si interpongano tra il lavoro di cura e la vita privata dell’OSS.
C’è poi bisogno di avere enorme riguardo per il lavoro che si svolge nell’Hospice, all’interno del quale, tutto ruota intorno al fine vita.
Il valore della motivazione interna
Scegliere una professione implica la correlazione tra motivazione interna ed esterna, e relativamente alla figura professionale dell’OSS, ha valore soprattutto la prima.
È un lavoro faticoso, questo è certo, ma svolgerlo con professionalità, nel rispetto dell’essere umano, è un valore aggiunto che sostiene e concorre al benessere dei Pazienti. Le amministrazioni hanno il dovere di assumere questa figura professionale riconoscendo un adeguato inquadramento economico, non solo quale diritto del lavoratore ma anche a sostegno della motivazione.