Dopo due anni di advocacy, e impegno coordinato nell’elaborazione di proposte operative, il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza ha ottenuto e contribuito al Disegno Legge di riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti.

Franco Iurlaro intervista Cristiano Gori per una valutazione commentata sul DDL Delega approvato lo scorso ottobre dal Governo Draghi.

Cristiano Gori è professore ordinario di politiche sociali presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento. Fondatore del Network Non Autosufficienza (NNA) che attualmente dirige. Nel 2021 ha ideato la proposta per introdurre la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti nel PNRR e il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”.

Franco Iurlaro
Franco Iurlaro

Franco Iurlaro, giornalista e consulente per il settore sociosanitario, cura la rubrica “Il punto” creata per rivistacura.it, in cui approfondisce i problemi attuali che le RSA si trovano ad affrontare, con studi, interviste a esperti del settore ed esperienze.

Il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, sottoscritto a luglio 2021, raggruppa la gran parte delle organizzazioni della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese. Organizzazioni che insieme hanno deciso di superare confini, appartenenze e specificità per unirsi nell’elaborazione di proposte operative per la riforma sull’assistenza agli anziani non autosufficienti. Dopo due anni di impegno, pressioni e advocacy del Patto, si è ottenuto – dal governo Draghi uscente – il disegno legge di riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, previsto nell’ambito del PNRR (miss.5, comp.2). Ne abbiamo parlato con  Cristiano Gori, ideatore e coordinatore del Patto

Rispetto al disegno di legge, come valuti gli elementi salienti del documento: dal contesto di integrazione socio sanitaria che si delinea, e in particolare sul modello del servizio nazionale (SNA), con il relativo percorso e punto d’accesso unico?

Come si può vedere nella scheda di commento, non posso che ritenermi soddisfatto. Nel DDL ci sono una serie di contenuti ripresi interamente dal Patto, come il Sistema Nazionale Anziani non Autosufficienti (SNA). Non posso quindi far altro  che parlarne bene, utilizzando però una chiave di lettura: credo che il sistema di governance e regolazione sia impostato, mentre gli interventi in alcune parti sì, ma in altre no.

Se poi mi chiedi come siamo oggi, rispetto a gennaio 2021 (secondo Governo Conte, ndr), quando la riforma non era nel PNRR, siamo molto avanti. Ma rispetto alla vita delle persone, siamo ancora indietro.

L’ho sperimentato recentemente di persona, nel momento in cui, per mia madre, mi sono dovuto recare al Punto Unico d’Accesso (PUA), dove immaginavo di poter trovare una risposta a 360 gradi rispetto i bisogni espressi. Invece ho ottenuto solo la proposta di residenzialità per un progetto sollievo di venti giorni, mentre per tutto il resto solo dei fogli informativi con altri recapiti cui rivolgermi.

Come Patto siamo giunti alla conclusione che, soprattutto per una riforma nazionale, non si dovesse entrare nella specificità dei modelli organizzativi. La riforma dovrebbe partire non tanto da Punti Unici di Accesso, quanto dal sistema di valutazione, perché gli indicatori che ne derivano sono quelli che a tutti gli effetti determinano gli interventi che una persona potrebbe ricevere.

Ricollegandomi al ragionamento di prima, c’è ancora da fare. A partire dal lavoro sui contenuti per migliorare il testo del DDL entro marzo 2023, che è la scadenza entro la quale dovrà essere approvato dal Parlamento.

Poi c’è da fare un lavoro per iniziare a reperire le risorse. Una questione che vede nel DDL diversi richiami nell’ambito del limite delle risorse disponibili, perché la Ragioneria Generale dello Stato ha letto la proposta, e ha ricordato che diversi elementi inseriti implicano un incremento di spesa. Riemerge l’antica regola: qualunque miglioramento richiede più risorse. Non se ne viene a capo in altro modo.

C’è poi un argomento che preoccupa: come collegare il medio lungo periodo con il breve periodo. Appare chiaro che il lavoro della riforma sarà necessariamente di medio lungo periodo, però nel welfare attuale ci sono emergenze di breve periodo.

Bisognerebbe quindi trovare la connessione tra questi due piani, altrimenti c’è il rischio che nessuno dei due vada avanti. Si dovrebbe, per esempio, trovare il modo di iniziare ad attuare alcuni aspetti della legge – o quelli già definiti, o quelli più urgenti – prima del secondo semestre, quando si terrà tutto l’iter.

In Trentino, a suo tempo, c’è stato il tentativo di accorpare risorse provenienti da più Enti, fonti e livelli (tra le quali l’indennità di accompagnamento e contributi locali) in un unico fondo per la non autosufficienza. È una soluzione praticabile a livello nazionale?

Vedo oggi impossibile costruire un unico budget. Tutte le proposte del Patto nascono dalla considerazione che bisognerebbe costruire un sistema unitario da un punto di vista istituzionale, ma che è impossibile. Se chiedessimo che sociale e sanità diventino una sola cosa, semplicemente saremmo fuori dal riformismo.

E infatti lo SNA è stato pensato come il mondo migliore tra quelli possibili, pur essendo accolto e compreso nel DDL con alcune difficoltà e criticità. Rispetto a quella proposta nel testo del Patto, nel DDL la definizione dello SNA è ancora limitata a parole come programmazione, monitoraggio unità, sistema integrato.

Venendo alle risorse nel mondo della residenzialità assistita per le persone anziane non autosufficienti (le RSA) un tema sono i ristori versus i livelli essenziali per le RSA. Si dovrebbe riuscire a poter dare dei ristori, dei contributi economici che non siano erogati a spot, ma che si collochino in un percorso di livelli essenziali che, ove garantiti, assicurino il finanziamento. Ma è molto complicato.

Rispetto le coerenze normative va evidenziato che sono stati previsti un sacco di soldi sull’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), nella missione 6 del PNRR. Questo pacchetto è stato deciso quando ancora la riforma dell’assistenza anziani non era prevista e quindi prevede un modello di ADI più prestazionale dell’ADI attuale. Al momento, però, sembra che non si riesca a riorientare queste risorse nella direzione data dalla riforma. Basta fare riferimento all’integrazione di testo fatta inserire dal Patto, dove l’assistenza deve essere “di durata adeguata ai bisogni dell’anziano”, e già si ribalta il modello di ADI. Si rischia di avere i territori che lavorano in direzione A, mentre la riforma dice di andare in direzione B.

Proviamo a fare un passaggio nell’obiettivo del DDL che cita la valorizzazione del sapere concreto di chi è coinvolto nel nuovo sistema. Bellissima come indicazione, ma avrà la possibilità di realizzarsi attraverso impegni concreti?

Nel DDL stiamo a livello di sistema, non di promesse. I referenti di Governo e Ministeri hanno preso molte idee del Patto nel corso della scrittura del DDL: questo è già qualcosa. Uno dei motivi per cui abbiamo insistito sul SNA non è solo integrare, ma anche riconoscere la non autosufficienza come campo specifico. Questo, nel corso del tempo, ad esempio, vuol dire riconoscere la necessità di interventi disegnati appositamente per la non autosufficienza che non sono prettamente sociali, né sanitari. Sono convinto che questo approccio, se riuscirà ad andare bene potrebbe veramente valorizzare la specifica competenza degli operatori.

Tu come pensi che tutto questo possa essere tradotto, per esempio, negli ambiti formativi?

Direi di non sovraccaricare una legge di troppi obiettivi. E se mi dici che non può rimanere fuori la questione formazione, secondo me non dovrebbe nemmeno rimanere fuori l’altra questione – che è quella su cui lo sviluppo di questo sistema rischia di fallire – ovvero il reperimento di tutti gli operatori adeguatamente formati.

Le politiche per gli anziani non autosufficienti non sono le politiche della formazione e le politiche del lavoro. Chiaramente, se il settore si legittima arrivano più soldi, e arriva più riconoscimento. Ma io sono convinto che siano necessarie esplicite strategie di formazione e reclutamento degli operatori. Questa dovrebbe essere un’altra linea di policy.

Governance (CIPA), regolazione e servizi del nuovo sistema; qual è secondo te la loro importanza e quali sono le maggiori aree di competenza del sistema da valorizzare?

Due elementi che secondo me aprono molte prospettive sono lo SNA e la revisione della valutazione. Purtroppo ci sono due onesti scenari che potrebbero realizzarsi nei prossimi passaggi: lo SNA fatto fuori dal mondo sanitario, o lo SNA trasformato in inutile programmazione. Ciò nonostante ha un grande potenziale.

L’altro elemento di gran forza è essere riusciti, come Patto, a far passare la riforma delle valutazioni, partendo da quelle nazionali, nonostante il dibattito fosse incagliato perché le Regioni resistevano al cambio degli strumenti regionali. Credo che l’unica valutazione nazionale sulle condizioni di non autosufficienza, fatta con uno strumento validato di nuova generazione, è assolutamente potente, perché la persona interessata arriva alle Unità locali di Valutazione Multidimensionale (UVM), ai servizi, già collocata coerentemente nella fascia di pertinenza. Nel tempo anche le Regioni si adatterebbero inevitabilmente a questo processo.

E così potresti anche contare la popolazione coinvolta nei diversi livelli di non autosufficienza, mentre oggi con i diversi sistemi regionali ci sono delle oggettive difficoltà.

Una valutazione unica, fatta bene a livello nazionale, è il punto di partenza di comparazione tra i sistemi regionali. C’è però il rischio che si scelga a livello nazionale una scheda di valutazione inadeguata e di conseguenza il sistema possa saltare. Un ulteriore elemento critico è dato dall’integrazione tra ambito socio assistenziale e distretto socio sanitario, che, pur necessaria, non so quanto possa realizzarsi nel breve periodo.

Quali sono i punti di forza e debolezza, i passaggi condivisibili al centro del DDL e quelli invece trascurati?

Io non penso che la risposta sia che non ci sono fondi: si sapeva già. Sbaglierò ma penso che a livello di governance la struttura ci sia: è la nostra, quindi sono contento di come è impostata. Da migliorare, ma le basi ci sono. La parte interventi ha punti e punti da integrare. La domiciliarità è impostata, essendo costata lacrime e sangue per affrontare la riforma delle indennità di accompagnamento, e ha un potenziale enorme.

Ti evidenzio invece due macrotemi che sono stati trascurati, di cui su una, secondo me, siamo deboli anche noi come Patto: strutture residenziali e badanti.

Sulle strutture residenziali siamo al punto che le ipotesi persecutorie o di riduzione sviluppatesi in epoca Covid sono state superate; cioè la pars destruens è stata nascosta ma la pars costruens è ancora da fare. Lì però la questione tecnica è preponderante. La differenza tra i sistemi e i soggetti gestori a livello regionale, è tale che risulta veramente difficile per lo Stato centrale poter dire qualcosa, specie sui modelli organizzativi. Nel DM 77/2022 (Regolamento per la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, ndr) non c’è traccia delle RSA. Nell’ambiente ministeriale si dice che non si sapeva, nel merito, cosa dire, proprio in relazione alla complessità (non ci sono definizioni univoche di RSA, ndr) e diversità regionali. È certo che ci voglia uno sforzo tecnico, io la vedo così. E questo, con il Patto, non è arrivato. Il mondo delle RSA dovrebbe aiutarci nell’individuare e definire almeno cinque concreti indicatori di livelli essenziali utilizzabili in tutta Italia.

È veramente difficile anche chiedere più risorse allo Stato, se non si individuano per cosa debbano essere erogate. È un lavoro da fare con urgenza nei prossimi mesi. Per questo apprezzo che la neonata Associazione Rinata, gruppo multidisciplinare di professionisti del settore, abbia accettato questo invito. I referenti del mondo RSA devono definire un set di indicatori di livelli essenziali di servizi (non di ripartizione della spesa, ma sull’intensità del personale, sulle strutture, ecc.), per un disegno di policy. Una formula che necessita dell’intervento dei tecnici che operano nel settore, e non può essere delegato a terzi.

Dobbiamo apportare un punto. Se i livelli essenziali delle RSA ci fossero, garantirebbero modelli certi e percorsi ai quali collegare anche i finanziamenti pubblici.

Livelli essenziali che, coniugati con la nuova valutazione multidimensionale nazionale, possono anche prevedere che i soggetti non autosufficienti possano suddividersi in tre grandi categorie: persone con residua capacità reattiva e potenzialità nell’empowerment, gravi e gravissimi a prevalenza di bisogni sanitari, e portatori di patologie dementigene. Uno scenario che si muove verso la differenziazione nell’offerta, non più proposte di servizi unici, ma un Piano Assistenziale Individuale (PAI) – Progetto di Vita che vada nel dettaglio. Differenziare la proposta, differenziare i servizi, differenziare i prezzi rendendoli sostenibili, potrebbero essere degli obiettivi.

Riguardo la seconda area di cui parlavi?

La seconda area trascurata sono le badanti. Se tu leggi il DDL ci sono degli elementi, perché la prestazione universale che siamo riusciti a fare inserire (all’ultimo ovviamente) lo riguarda, perché dove si parla di alternativa, soldi e servizi in gran parte sono badanti regolari. Secondo me però manca un disegno; a partire dalla possibilità di un riordino delle agevolazioni contributive fiscali. Ci sono diverse cose positive in questa legge, ma queste aree trascurate sono rilevanti.

“L’Italia ha bisogno di una nuova alleanza intergenerazionale, che abbia nella famiglia il suo pilastro e rafforzi il legame che unisce le generazioni, i figli con i nonni e i giovani con gli anziani, che vanno protetti, valorizzati e sostenuti perché rappresentano le nostre radici e la nostra storia”. Queste le uniche parole, neanche troppo esplicite, dedicate da Meloni alla cura degli anziani. La speranza è che all’atto pratico il Governo continui il lavoro avviato per la riforma della non autosufficienza, che andrà realizzata entro la primavera del prossimo anno per rispettare i termini previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Cosa ne pensi, ce la potremmo fare? Speranza e fiducia, o incertezza, su entrambe le aree, politica e attuativa.

Nell’ambito della politica sì, ce la possiamo fare. Perché paradossalmente la nostra non è una materia divisibile e divisiva. È una materia invisibile, che è un’altra cosa.

Devo dire che sono più preoccupato per la parte attuativa. Un problema è rappresentato dal fatto che bisognerebbe avere una struttura nazionale operativa; il Comitato Interministeriale per le politiche in favore della Popolazione Anziana (CIPA) lo hanno inserito nel DDL dopo che hanno accolto la struttura dello SNA; a quel punto il passo successivo era chiedersi come coordinare le operazioni, mentre il Patto non aveva avanzato nessuna proposta, ritenendola una competenza ministeriale. L’alternativa era fare un ministero senza portafoglio o un comitato interministeriale (come di fatto è stato fatto): soluzione difendibile.

Il CIPA ha però risolto l’integrazione istituzionale, non quella contenutistica.


Per approfondire

Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza

10 ottobre 2022: Governo. Via alla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, in Avvenire

11 ottobre 2022: Recovery Plan / Non autosufficienza, il Governo al fotofinish dà il via libera alla Riforma. Speranza “Ora Welfare più integrato e semplificato”, in Il Sole 24ore

24 ottobre 2022: Il DDL sulla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti: una prima valutazione, in I Luoghi della Cura

30 ottobre 2022: Alla fine Meloni parla anche di sanità pubblica e detta l’agenda, in Quotidiano Sanità

30 ottobre 2022: La sanità secondo Giorgia Meloni, in Quotidiano Sanità


Altri articoli per la rubrica “Il Punto”:

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About the Author: Franco Iurlaro

Giornalista e consulente per il settore sociosanitario

Dopo due anni di advocacy, e impegno coordinato nell’elaborazione di proposte operative, da parte del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, si è arrivati al disegno legge di riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, in via di approvazione.
Franco Iurlaro intervista Cristiano Gori, fondatore del Patto, per una valutazione commentata sul Disegno di Legge Delega approvato lo scorso ottobre dal Governo Draghi.

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