Mistero in Casa di riposo
Era un venerdì mattina, un solito venerdì mattina, di quelli in cui si arriva tardi perché ormai si è nella dimensione week-end, uno di quei venerdì in cui non si trova parcheggio e allora si timbra due minuti in ritardo e si maledice la vanità che ha fatto tentennare sull’outfit da scegliere.
Insomma, un apparente solito venerdì; solo apparente perché venerdì 17 novembre 2023 era destinato a diventare un venerdì speciale. Sì perché a parte il fatto che ero in ritardo come al solito e che sarebbe stata una giornata moderatamente intensa, quel venerdì nella casa di riposo dove lavoravo mi aspettava un mistero da risolvere.
Nella notte erano spariti ben tre dipinti dal salone attività.
Ma chi aveva potuto permettersi di portare via quell’unico sprazzo di gioia visiva che avevano gli anziani del nostro paese? Chi si era potuto permettere un affronto di questo genere?
L’educatrice, che aveva scoperto il fattaccio, aveva immediatamente allertato tutte le più alte autorità: Direzione, Presidente del Consiglio di Amministrazione e persino il Sindaco. Sì, anche il sindaco doveva sapere che c’era qualcuno dei suoi concittadini che si aggirava a depredare i più deboli.
I dipinti del signor Ruggero
E così, dopo essere stata assalita dal cicaleccio generale che mi riportava la novità di venerdì 17.11.2023, venni invitata a partecipare alla riunione dell’unità di crisi indetta ad hoc per il caso del “furto in casa di riposo“.
Mi recai alla riunione con tanto di caffè caldo in mano. Faticavo a seguire la ricostruzione dei fatti. A quanto pare l’educatrice che, mattiniera, si era addentrata nel salone attività alle ore 8,00 per preparare gli spazi, aveva preso atto dell’oltraggio.
Tre dipinti erano spariti: si trattava di tre tele ad olio dipinte dal signor Ruggero, ospite ventennale della struttura che era entrato in casa di riposo dopo una vita trascorsa tra una comunità psichiatrica e l’altra.
Ruggero, lo conoscevo bene, schizofrenico e bizzarro, indossava sempre un cappello blu e una sciarpa rossa e si aggirava con aria bohemienne tra le stanze degli altri ospiti, in cerca di ispirazione. Ero costernata per lui! Come sarei riuscita a comunicargli che i suoi dipinti erano spariti? Ci teneva tanto, i suoi dipinti per lui erano “i figli che non aveva avuto”, ciò che sarebbe rimasto di lui dopo la sua dipartita.
Mentre rimuginavo su come riuscire a trasmettere la notizia con toni non eccessivamente drammatici, venni destata dal mio torpore dal Direttore che mi rifilò l’arduo compito di “trovare una soluzione“.
Il ruolo dell’assistente sociale
Sì, perché in casa di riposo tutto – ma proprio tutto – è colpa dell’assistente sociale: in fondo è lei che si occupa degli ingressi e quindi è lei che commette il peccato originale di selezionare la persona sbagliata; d’altro canto è lei la preposta a “risolvere i problemi”.
L’assistente sociale è la persona che si fa uditrice della ricostruzione dei drammi altrui; colei che per natura sa mettersi nei panni di chi sta dall’altra parte della scrivania. Ascolta, supporta, rassicura, orienta, contiene, insomma prende per mano le persone per un piccolo tratto, le accompagna, felice di scoprire insieme a loro la strada migliore da intraprendere.
Poi un bel giorno, quando nessuno se lo aspetta, lascia la mano della persona che sta conducendo; non lo fa bruscamente, lo fa dolcemente, piano piano, la mano sguscia fuori dalla presa dell’altra persona, come si fa con i bimbi quando si addormentano. È arrivato il momento in cui la persona ha capito qual è il sentiero da intraprendere e allora all’assistente sociale spetta il compito di rassicurarla che è tempo di lasciarsi andare.
Ci si saluta; è stato bello, ma il compito finisce qui: la persona è pronta a volare via e a farsi artefice del proprio destino. È una gioia vederla volteggiare nel cielo come un aquilone; sbanda qua e là, è vero, ma sta volando.
Sarà per questa sua propensione a sistemare le cose e il mondo, che l’assistente sociale sviluppa quell’approccio di “problem solving” che la rende particolarmente propensa ad essere selezionata per trovare le soluzioni di qualsiasi problematica si tratti: anche il ritrovamento di tre tele prive di valore economico.
A tu per tu con Ruggero
Cominciai a pensare a cosa potevo effettivamente fare per risolvere quel problema. L’unica cosa che mi venne in mente fu di andare a parlarne direttamente con il signor Ruggero.
Lo accompagnai quindi alla saletta visite e dopo esserci presi una cioccolata calda assieme, Ruggero, quasi intuendo le mie intenzioni, mi disse: “Allora tesoro, qual è la brutta notizia che mi devi portare?“.
“Perchè credi che debba portarti una brutta notizia? Mi vedi come un uccello del malaugurio, guarda che mi offendi sai?“, gli dissi con fare ammiccante.
“Su ragazzina, non offenderti. Lo so perché l’ho capito dal tuo sguardo, sei un libro aperto sai? Le persone limpide le si legge facilmente; provano a rendersi indecifrabili per difendersi, ma è più forte di loro, non sanno mentire“.
“È vero, hai ragione. Non so mentire, e infatti ti dirò tutta la verità subito. I tuoi dipinti, quelli che avevamo appeso nel salone dell’attività, ricordi? Quelli dei quali tu andavi tanto orgoglioso e che noi amavamo tanto, ci infondevano grinta e coraggio… Ebbene Ruggero, mi dispiace tantissimo, ma questa notte qualcuno li ha portati via. Sono costernata, veramente.”
Ruggero proruppe in una fragorosa risata. Lo guardai basita. Come era possibile che reagisse così? Che stesse dissimulando la sua delusione? Che non volesse farmi vedere il suo “lato debole”? Come era possibile che stesse reagendo in una maniera così inaspettata?
“Ma non mi dire…”, si limitò a dire.
“Ma come? Non sei dispiaciuto? Io sì! E molto! Mi mancheranno le tue immagini, la tua visione della vita.”
“E a me mancherà il tuo buon cuore tesoro, e il tuo scorgere in ogni dove il lato positivo. Sono stato io a portare via i miei quadri, li ho rubati io stesso questa notte. Dopo che tutti gli altri ospiti erano stati messi a letto sono sgusciato fuori dal reparto e ho preso i miei dipinti, ora sono in stanza nel mio armadio.”
“Perchè lo hai fatto? Lo sai che hai creato un bello scompiglio? Eravamo tutti preoccupati che qualcuno fosse entrato in struttura di notte.”
“Ah bene sono contento che il Direttore se la sia fatta sotto, ben gli sta!“.
Corteggiare la morte
“Dai Ruggero, che dici? Siamo tutti qua che ci prendiamo cura di voi e ci preoccupiamo, Direzione inclusa. Ma dimmi perchè l’hai fatto?”
“Non lo so, forse perchè amo corteggiare la morte. Volevo vedere l’effetto della mia assenza. Temo la morte per questo, il non esserci, il non vedere cosa succede, il non poter più prendere parte agli eventi e magari orientarli. Non mi fa paura la condizione della morte, ma l’essere fuori di scena sì.”
“Sei proprio una prima donna!“, gli dissi ridendo.
“Eh già tesoro, mi hai scoperto, ma sono sicuro che adesso mi dirai che mi vuoi bene proprio perchè sono così.”
“Touchè! Come sempre mi leggi dentro.”
“Ora andiamo bambina mia, tempo è di spiccare il volo“.
Percepii in quelle parole una sorta di gentile congedo alla vita. Sentii improvvisamente una sensazione di freddo e di vuoto.
“Non ancora dai Ruggero“, dissi quasi implorandolo.
Compresi solo in quel momento quanto può far male quella mano che sguscia fuori dalla tua. È giusto, è arrivato il tempo di volare, ma tentenni un attimo nel tuo porto sicuro, prima di inspirare e lanciarti in mare aperto. Si tratta di un attimo, quell’attimo di coraggio che ti rende vivo.
Atre storie di CURA
- L. Lodi, Come zenzero: lettera a Enrica, 22/12/2024
- Ed. Dapero, Il tirocinante in RSA, il racconto di un’esperienza, 19/07/2023
- F. Poletti e R. Betti, La danza delle scelte di una direttrice di RSA di fronte alla fuga di una residente, 01 /12/2022
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Mistero in Casa di riposo
Era un venerdì mattina, un solito venerdì mattina, di quelli in cui si arriva tardi perché ormai si è nella dimensione week-end, uno di quei venerdì in cui non si trova parcheggio e allora si timbra due minuti in ritardo e si maledice la vanità che ha fatto tentennare sull’outfit da scegliere.
Insomma, un apparente solito venerdì; solo apparente perché venerdì 17 novembre 2023 era destinato a diventare un venerdì speciale. Sì perché a parte il fatto che ero in ritardo come al solito e che sarebbe stata una giornata moderatamente intensa, quel venerdì nella casa di riposo dove lavoravo mi aspettava un mistero da risolvere.
Nella notte erano spariti ben tre dipinti dal salone attività.
Ma chi aveva potuto permettersi di portare via quell’unico sprazzo di gioia visiva che avevano gli anziani del nostro paese? Chi si era potuto permettere un affronto di questo genere?
L’educatrice, che aveva scoperto il fattaccio, aveva immediatamente allertato tutte le più alte autorità: Direzione, Presidente del Consiglio di Amministrazione e persino il Sindaco. Sì, anche il sindaco doveva sapere che c’era qualcuno dei suoi concittadini che si aggirava a depredare i più deboli.
I dipinti del signor Ruggero
E così, dopo essere stata assalita dal cicaleccio generale che mi riportava la novità di venerdì 17.11.2023, venni invitata a partecipare alla riunione dell’unità di crisi indetta ad hoc per il caso del “furto in casa di riposo“.
Mi recai alla riunione con tanto di caffè caldo in mano. Faticavo a seguire la ricostruzione dei fatti. A quanto pare l’educatrice che, mattiniera, si era addentrata nel salone attività alle ore 8,00 per preparare gli spazi, aveva preso atto dell’oltraggio.
Tre dipinti erano spariti: si trattava di tre tele ad olio dipinte dal signor Ruggero, ospite ventennale della struttura che era entrato in casa di riposo dopo una vita trascorsa tra una comunità psichiatrica e l’altra.
Ruggero, lo conoscevo bene, schizofrenico e bizzarro, indossava sempre un cappello blu e una sciarpa rossa e si aggirava con aria bohemienne tra le stanze degli altri ospiti, in cerca di ispirazione. Ero costernata per lui! Come sarei riuscita a comunicargli che i suoi dipinti erano spariti? Ci teneva tanto, i suoi dipinti per lui erano “i figli che non aveva avuto”, ciò che sarebbe rimasto di lui dopo la sua dipartita.
Mentre rimuginavo su come riuscire a trasmettere la notizia con toni non eccessivamente drammatici, venni destata dal mio torpore dal Direttore che mi rifilò l’arduo compito di “trovare una soluzione“.
Il ruolo dell’assistente sociale
Sì, perché in casa di riposo tutto – ma proprio tutto – è colpa dell’assistente sociale: in fondo è lei che si occupa degli ingressi e quindi è lei che commette il peccato originale di selezionare la persona sbagliata; d’altro canto è lei la preposta a “risolvere i problemi”.
L’assistente sociale è la persona che si fa uditrice della ricostruzione dei drammi altrui; colei che per natura sa mettersi nei panni di chi sta dall’altra parte della scrivania. Ascolta, supporta, rassicura, orienta, contiene, insomma prende per mano le persone per un piccolo tratto, le accompagna, felice di scoprire insieme a loro la strada migliore da intraprendere.
Poi un bel giorno, quando nessuno se lo aspetta, lascia la mano della persona che sta conducendo; non lo fa bruscamente, lo fa dolcemente, piano piano, la mano sguscia fuori dalla presa dell’altra persona, come si fa con i bimbi quando si addormentano. È arrivato il momento in cui la persona ha capito qual è il sentiero da intraprendere e allora all’assistente sociale spetta il compito di rassicurarla che è tempo di lasciarsi andare.
Ci si saluta; è stato bello, ma il compito finisce qui: la persona è pronta a volare via e a farsi artefice del proprio destino. È una gioia vederla volteggiare nel cielo come un aquilone; sbanda qua e là, è vero, ma sta volando.
Sarà per questa sua propensione a sistemare le cose e il mondo, che l’assistente sociale sviluppa quell’approccio di “problem solving” che la rende particolarmente propensa ad essere selezionata per trovare le soluzioni di qualsiasi problematica si tratti: anche il ritrovamento di tre tele prive di valore economico.
A tu per tu con Ruggero
Cominciai a pensare a cosa potevo effettivamente fare per risolvere quel problema. L’unica cosa che mi venne in mente fu di andare a parlarne direttamente con il signor Ruggero.
Lo accompagnai quindi alla saletta visite e dopo esserci presi una cioccolata calda assieme, Ruggero, quasi intuendo le mie intenzioni, mi disse: “Allora tesoro, qual è la brutta notizia che mi devi portare?“.
“Perchè credi che debba portarti una brutta notizia? Mi vedi come un uccello del malaugurio, guarda che mi offendi sai?“, gli dissi con fare ammiccante.
“Su ragazzina, non offenderti. Lo so perché l’ho capito dal tuo sguardo, sei un libro aperto sai? Le persone limpide le si legge facilmente; provano a rendersi indecifrabili per difendersi, ma è più forte di loro, non sanno mentire“.
“È vero, hai ragione. Non so mentire, e infatti ti dirò tutta la verità subito. I tuoi dipinti, quelli che avevamo appeso nel salone dell’attività, ricordi? Quelli dei quali tu andavi tanto orgoglioso e che noi amavamo tanto, ci infondevano grinta e coraggio… Ebbene Ruggero, mi dispiace tantissimo, ma questa notte qualcuno li ha portati via. Sono costernata, veramente.”
Ruggero proruppe in una fragorosa risata. Lo guardai basita. Come era possibile che reagisse così? Che stesse dissimulando la sua delusione? Che non volesse farmi vedere il suo “lato debole”? Come era possibile che stesse reagendo in una maniera così inaspettata?
“Ma non mi dire…”, si limitò a dire.
“Ma come? Non sei dispiaciuto? Io sì! E molto! Mi mancheranno le tue immagini, la tua visione della vita.”
“E a me mancherà il tuo buon cuore tesoro, e il tuo scorgere in ogni dove il lato positivo. Sono stato io a portare via i miei quadri, li ho rubati io stesso questa notte. Dopo che tutti gli altri ospiti erano stati messi a letto sono sgusciato fuori dal reparto e ho preso i miei dipinti, ora sono in stanza nel mio armadio.”
“Perchè lo hai fatto? Lo sai che hai creato un bello scompiglio? Eravamo tutti preoccupati che qualcuno fosse entrato in struttura di notte.”
“Ah bene sono contento che il Direttore se la sia fatta sotto, ben gli sta!“.
Corteggiare la morte
“Dai Ruggero, che dici? Siamo tutti qua che ci prendiamo cura di voi e ci preoccupiamo, Direzione inclusa. Ma dimmi perchè l’hai fatto?”
“Non lo so, forse perchè amo corteggiare la morte. Volevo vedere l’effetto della mia assenza. Temo la morte per questo, il non esserci, il non vedere cosa succede, il non poter più prendere parte agli eventi e magari orientarli. Non mi fa paura la condizione della morte, ma l’essere fuori di scena sì.”
“Sei proprio una prima donna!“, gli dissi ridendo.
“Eh già tesoro, mi hai scoperto, ma sono sicuro che adesso mi dirai che mi vuoi bene proprio perchè sono così.”
“Touchè! Come sempre mi leggi dentro.”
“Ora andiamo bambina mia, tempo è di spiccare il volo“.
Percepii in quelle parole una sorta di gentile congedo alla vita. Sentii improvvisamente una sensazione di freddo e di vuoto.
“Non ancora dai Ruggero“, dissi quasi implorandolo.
Compresi solo in quel momento quanto può far male quella mano che sguscia fuori dalla tua. È giusto, è arrivato il tempo di volare, ma tentenni un attimo nel tuo porto sicuro, prima di inspirare e lanciarti in mare aperto. Si tratta di un attimo, quell’attimo di coraggio che ti rende vivo.
Atre storie di CURA
- L. Lodi, Come zenzero: lettera a Enrica, 22/12/2024
- Ed. Dapero, Il tirocinante in RSA, il racconto di un’esperienza, 19/07/2023
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