Una riflessione sull’isolamento degli anziani visto non solo con gli occhi della protezione, ma anche con le categorie del diritto alla scelta, dell’autonomia, dell’incontro. Un approfondimento sulla tutela dell’essere umano in tempo di pace (e di guerra) con l’aiuto del Metodo Humanitude®.
Non solo corpi da curare…ma persone da incontrare.
Ricordando il 18 marzo, la giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19 ci chiediamo: l’isolamento uccide?
Isolare gli anziani nelle strutture avrebbe ucciso più del Covid-19, dicono recenti ricerche internazionali. Si tratta di studio americano riportato dalla giornalista canadese di lingua francofona Ariane Lacoursière su La Presse lo scorso febbraio. Emerge che le strutture per anziani che hanno applicato le misure sanitarie contro il Covid-19 nel modo più rigoroso, sono state più efficaci nel limitare i focolai all’interno delle loro mura nelle prime settimane della pandemia.
Tali risultati, però, nascondono un importante punto cieco: i residenti di queste strutture hanno incontrato nel corso dei mesi maggiori probabilità di morire per altre cause, principalmente legate all’isolamento e alla solitudine.
“Prevenire i casi di Covid-19 e le morti associate ha un costo nelle case di cura”, affermano due ricercatori dell’Università americana di Notre Dame il cui studio, pubblicato sul Journal of Health Economics, è stato finanziato dal National Institute of Health (il dicastero del governo federale statunitense che si occupa della salute dei cittadini e che ha tra i suoi compiti la gestione della sanità pubblica e la vigilanza su quella privata).
I ricercatori hanno analizzato i dati sui casi e sui decessi da Covid-19 in oltre 15.000 case di cura degli Stati Uniti. Negli U.S.A., la qualità di questi centri è valutata su una scala da 1 a 5 stelle secondo criteri molto specifici stabiliti dai Centers for Medicare e Medicaid, programmi di assistenza sanitaria finanziati dal governo degli Stati Uniti.
Le strutture qualificate come “5 stelle” hanno, tra i requisiti, rapporti numerici notevolmente migliori tra personale e residenti, un numero inferiore di cadute e di piaghe da decubito.
Nei primi mesi della pandemia, le Strutture a “5 stelle” sono state più rapide nell’applicare misure preventive contro il Covid-19 ma, come le strutture meno stellate, non sono riuscite nel tempo a impedire al virus di entrare.
Più alta è stata l’efficacia nel limitare la trasmissione interna, anche grazie a una minore carenza di personale, maggiore la facilità nel processo di screening e di applicazione di dispositivi di protezione, altrettanta rigorosa è stata l’applicazione della misura di isolamento dei residenti.
Di conseguenza, da gennaio 2020 a settembre 2020, i centri a “5 stelle” hanno registrato il 15% in meno di decessi legati al Covid-19 rispetto ai centri di qualità inferiore. Un divario che però si è affievolito nei mesi successivi.
Quale il costo dovuto alle precauzioni per contenere il Covid-19?
“Diversi dati suggeriscono che la mancanza di contatto dei residenti con i loro familiari non solo abbia creato un senso di solitudine, isolamento, sconforto e angoscia, ma abbia anche probabilmente accelerato alcuni decessi”, scrivono i ricercatori. E i dati sembrano dare loro ragione. Alla fine di aprile 2021, i centri a “5 stelle” americani hanno registrato in media l’8,4% in più di decessi in generale rispetto alle strutture a “1 stella” e il 15% in più di decessi non correlati al Covid-19.
Rimessa in discussione della governance sanitario-assistenziale. L’importanza del fattore umano e dei legami per i pazienti anziani
Il canadese Philippe Voyer, ricercatore presso il Quebec Centre of Excellence on Aging e professore presso la Facoltà di Scienze Infermieristiche della Laval University, ha portato lo studio statunitense all’attenzione dei media.
A suo parere, nonostante gli istituti di buona qualità abbiano svolto un ottimo lavoro nel prevenire il Covid-19 isolando i pazienti, riducendo le attività ricreative, bloccando le visite esterne, non consentendo ai residenti di mangiare insieme, il tasso di mortalità totale è risultato maggiore nelle strutture a “5 stelle” che in quelle a “1 stella”. Questo perché le persone sono decedute a causa degli effetti collaterali dell’isolamento, tra cui malnutrizione, deprivazione sensoriale, perdita cognitiva e conseguenze di un ridotto accesso ai servizi sanitari.
Secondo Philippe Voyer, questo studio fornisce una risposta ai tanti caregiver del Québec che lo hanno contattato in aprile e maggio 2020, preoccupati per l’effetto dell’isolamento sui loro residenti. “All’epoca non avevamo dati in merito”, afferma Voyer, che sottolinea che “non si può tornare indietro, ma questo nuovo studio dovrebbe portare la governance sanitario-assistenziale a «rimettersi in discussione sui nostri modi di agire e programmare».
Il paradosso:
“Volendo troppo prevenire il Covid-19, si crea qualcos’altro. Per le prime ondate di pandemia, bisognava essere più restrittivi. Ma successivamente era ed è necessario un altro approccio.»
Anche la dott.ssa Andrée Robillard, referente dei medici dei CHSLD, Centre d’Hébergement de Soins de Longue Durée in Québec, paragonabili alle nostre R.S.A., constata che alcuni studi riportano gli effetti nefasti del confinamento in tali strutture. «Ma non potremo mai sapere cosa sarebbe successo senza questa misura», afferma. Secondo la Robillard, «la durata eccezionale del confinamento ha avuto altrettanti effetti deleteri» sugli anziani ospitati.
I tassi di mortalità devono comunque essere analizzati attentamente e con prudenza prima di concludere che lo studio americano si possa applicare automaticamente al Québec o ad altri Paesi. Ritiene tuttavia che quanto emerge dallo studio è «l’importanza del fattore umano e dei legami per i pazienti anziani», a cui fa eco il governo del Québec. “Gli anziani hanno bisogno di visite e incontri” programmando un allentamento delle misure sanitarie nelle strutture e una gestione “più normale” di convivenza con il virus.
[Fonte: Istituto nazionale di sanità pubblica del Québec].Un “disastro gerontologico”?
Il francese Gérard Brami, dottore in legge che ha diretto ospedali ed EHPAD (Etablissement d’Hébergement pour Personnes Agées Dépendantes) equiparabili alle nostre R.S.A., parla di “disastro gerontologico” in riferimento alla pandemia, che ha messo in evidenza la terribile debolezza del funzionamento delle strutture e l’inadeguato adattamento della politica di permanenza a domicilio.
Parlamentari, esperti e soprattutto anziani affermano ormai l’assoluta necessità di sviluppare tutti i modelli di sostegno e di permanenza a domicilio e di modificare profondamente la natura e la governance degli EHPAD. Per come sono attualmente fondate, sembra realmente avviata la fine di queste strutture, che avrebbero dovuto invece rappresentare un vero e proprio “prolungamento” del domicilio.
Parliamo di autodeterminazione e di diritti: quanto valgono rispetto ai rischi?
Ma cosa dicono le persone coinvolte? Qual è l’impatto delle politiche di rispetto del diritto alle scelte e ai rischi dei residenti sulla percezione della loro qualità di vita?
La francese Sabrina Albayrak, dottore in Sanità Pubblica, Sociologa dell’Invecchiamento, co-fondatrice della piattaforma Ar-bitryum*, nell’autunno 2020, al 13esimo Congresso parigino “ANM- Approcci Non Farmacologici”, appuntamento annuale targato Metodo Humanitude e AgeVillagePro, pone la questione del rispetto dei diritti alle scelte e ai rischi nelle strutture.
Partendo dall’ipotesi che, qualunque sia il livello di dipendenza di una persona (fisica e/o psichica), la libertà di espressione dei residenti, avrà sempre margini di autonomia, determinata da fattori esterni e interni.
Anche il risultato dei lavori di ricerca realizzati all’interno dell’Inserm (Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica, Invecchiamento e malattie croniche all’Università Paris-Saclay sotto la direzione dei professori Joël Ankri e Bernard Ennuyer) dimostrano l’importanza di tener conto del rispetto e della dignità degli anziani sia a livello individuale, sia contestuale nello studio dei fattori protettivi della qualità della vita*.
L’addio vietato: trascorrere in libertà gli ultimi istanti di vita?
Marie De Hennezel, psicologa e psicoterapeuta francese specialista dell’invecchiamento, del fine vita e delle cure palliative in Francia e all’estero, nota anche per le sue riflessioni sulla morte tratte dalle esperienze di accompagnamento ai morenti (tra cui il già Presidente della Repubblica Francese François Mitterrand), ha lanciato l’allarme su ciò che ha chiamato «la follia igienica che impone situazioni propriamente inumane», che ha fatto sì che degli anziani malati di Covid-19 morissero in solitudine durante l’isolamento.
È la prima volta nella storia dell’umanità che ai familiari di persone in fin di vita è stata vietata la visita, la vicinanza, la condivisione degli ultimi momenti. È la prima volta che i funerali sono stati vietati: un vero e proprio «incubo di disumanità» per i defunti, i loro cari e anche per i professionisti in prima linea.
Questo provoca e causerà ansia, disagio nei vivi. Rispettiamo la loro scelta, il loro diritto al rischio, per non accettare una vita che altrimenti si limiterebbe alla sopravvivenza del corpo, senza legami, senza contatti, senza libertà.
«Non ci si dà più il diritto di essere felici quando si è lasciato morire da solo il proprio genitore», riferisce il noto neurosichiatra francese Boris Cyrulnik, citato dall’autrice. «Ci si punisce».
Nel corso della pandemia le strutture francesi hanno poi cercato di adeguare le normative, caso per caso. Alcuni vorranno essere isolati, protetti, altri vorranno correre il rischio dell’incontro.
Il suggerimento è quello di creare comitati di etica in emergenza per far fronte a nuove crisi e rimodulare le regole della vita individuale e collettiva all’interno delle strutture che ogni istituto può organizzare e personalizzare. Ma «mai più» insiste Maria di Hennezel. Come abbiamo potuto accettarlo? Perché siamo stati così arrendevoli? “La paura, le paure spiegano la malleabilità dei familiari e dei professionisti.”
Riguardo ai “lutti sospesi” l’invito è quello di realizzare un rituale differito, personalizzato, che nel corso del tempo i professionisti deputati hanno realizzato e realizzano accompagnando i familiari e gli amici “superstiti”.
«Vivere liberi o morire»? Rinunciare alla libertà nell’illusione della sicurezza?
Non sorprende che tali questioni siano emerse e siano argomentate in modo così importante, addirittura rivoluzionario – termine non casuale – proprio nella Comunità francese, definita “Patria dei diritti dell’Uomo”, che ha come motto nazionale della Repubblica le parole “Liberté, Égalité, Fraternité” (“Libertà, Uguaglianza, Fratellanza” in lingua italiana), con tutto il significato che accompagna il riconoscimento degli ideali di libertà e dignità umana.
Attraverso la rivoluzione di fine ‘700 la Francia elaborò la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” (1789), un testo giuridico contenente una solenne elencazione di diritti fondamentali del Cittadino. Tale documento ha ispirato numerose carte costituzionali di altri Paesi e il suo contenuto ha rappresentato uno dei più alti riconoscimenti dell’Essere Umano. Gran parte del contenuto della Dichiarazione, a cui sono stati aggiunti i doveri oltre che i diritti, confluì poi nella “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
Ora, in questo nostro particolare momento storico e sociale, in considerazione anche degli eventi bellici in corso, ci si chiede di nuovo se l’Europa debba rinunciare alla libertà e alla fratellanza a favore della sicurezza. Riemerge il principio del “non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi”, di ispirazione sia religiosa che laica. Aspetti che costituiscono fonte di ispirazione e sono ripresi dal Metodo Humanitude.
Ci sono voluti oltre 30 anni per passare dagli ospizi alle RSA Ma per arrivare a creare “ambienti di vita“? Luoghi di desiderio e di voglia di vivere dove c’è la voglia di alzarsi, fare colazione, lavarsi/farsi aiutare a lavarsi, vestirsi, andare in palestra, partecipare alle attività?
L’ambiente di vita descritto dal Metodo Humanitude porta comprende una serie di valori che vengono qui di seguito enunciati.
Autonomia
Come la capacità di fare le proprie scelte (Cognitività) o anche, la come capacità di sapere o di fare sapere quello che è bene per sé.
Secondo il Metodo Humanitude il caregiver è al servizio dell’autonomia (psichica) per la gestione della dipendenza (fisica) insieme alla persona di cui si prende cura, in un patto di alleanza terapeutica.
Libertà e Cittadinanza
Tutti gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in uno spirito di fratellanza.
Un contenuto extra per approfondire
Calando nella realtà italiana quanto sopra riportato, vale la pena prendere in considerazione il lungometraggio documentaristico del regista Andrea Broglia “Attraverso i muri. Storie al tempo della pandemia“.
Suddiviso in capitoli, nato grazie alla campagna di produzione #MNEO4COVID, si tratta di un lavoro di raccolta di video-interviste che ha portato lo staff di MNEO (Archivio Italiano della Memoria) a viaggiare lungo tutto il Paese per raccogliere le testimonianze di chi ha vissuto in maniera particolarmente intensa questo lungo periodo di pandemia.
Quasi 200 le interviste realizzate per dare vita a un racconto dell’emergenza sanitaria polifonico e diverso, accompagnato dalle performance di 5 artisti e artiste, trasmesso in televisione lo scorso 19 marzo in concomitanza con la Giornata dedicata alle Vittime del Covid-19, al divieto delle visite nelle Strutture e alle conseguenze psicologiche.
La vita quotidiana dei nostri anziani, in particolare coloro che si trovano in una casa di riposo, è stata sconvolta con il divieto di visite. Tale divieto ha suscitato molta angoscia perché ha costretto i nostri anziani a una solitudine molto difficile da vivere.
A questo si aggiunge prepotentemente la solitudine degli ultimi istanti, la mancanza del giusto saluto, del libero commiato, della celebrazione del lutto — per chi se n’è andato e per chi è restato – e ancora altre tristi e impensabili vicende umane.
Obiettivo: dare voglia di vivere in un luogo di cura
Il Metodo Humanitude ha l’obiettivo di riportare la voglia di vivere nei luoghi di cura.
Il Metodo Humanitude si fonda su cinque principi che vedete riportati nell’immagine che segue. Della realizzazione e del loro mantenimento all’interno dei luoghi di cura, strutture e domicili, parleremo nel prossimo articolo dedicato al Metodo Humanitude.
*Per approfondire:
Sito di scambio tra professionisti del settore sanitario e medico-sociale, dell’età, della cura e della disabilità per quanto riguarda le questioni umane e organizzative: https://entraide.arbitryum.fr
Sito Arbitryum per i professionisti che desiderano essere accompagnati nella misura del rispetto delle libertà dei residenti, dei professionisti e delle famiglie: https://arbitryum.fr/
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