Il progetto Nipoti di Babbo Natale è stato scelto dalla Casa San Giuseppe di Gazzaniga per contrastare la solitudine degli anziani in questo particolare Natale 2020. Di seguito l’intervista alle educatrici Paola e Hilary per scoprire l’essenza di questa iniziativa.
Il Natale 2020 è stato diverso dagli altri anni, per tutti noi. La Casa San Giuseppe di Gazzaniga ha però scelto di partecipare a un’iniziativa speciale per gli anziani: “Nipoti di babbo Natale”, un progetto dell’Associazione Un Sorriso in Più Onlus. Ce ne parlate in poche parole, per favore, per illustrarlo a chi non lo conoscesse? Di cosa si tratta?
«Inutile nascondere che questo Natale ha avuto un sapore diverso e non è stato come gli altri. Nonostante la nostra direzione sanitaria nei giorni che anticipavano il Natale, abbia comunque concesso una visita protetta programmata tra i parenti e gli ospiti, inevitabilmente era comunque sempre presente il senso di distacco e di lontananza che ormai da mesi ha rivoluzionato la quotidianità delle RSA. Fortunatamente esistono iniziative di questo genere, con questo grande potenziale, e che hanno a cuore proprio il bene dell’altro.
All’inizio siamo state molto entusiaste di prendere parte a questa iniziativa e dobbiamo dire che ha poi soddisfatto le nostre aspettative iniziali. Per tornare a rispondere alla domanda in modo molto semplice e pratico: www.nipotidibabbonatale.it è un sito che raccoglie i desideri degli ospiti delle strutture residenziali, di tutta Italia. Ovvero di tutte le strutture che vogliono aderire.
L’ospite è libero di esprimere un desiderio, in merito a qualcosa che vorrebbe e spetta poi proprio a questi donatori – che prendono appunto nome di “nipoti” – esaudire queste richieste, scegliendo così di fare un gesto molto speciale per Natale.
Come ci hanno ben spiegato gli ideatori dell’iniziativa, si tratta di uno strumento innovativo di contrasto alla solitudine. Gli anziani vengono quindi invitati a esprimere un desiderio – possibilità assolutamente non banale, visto che in questa fase della loro vita sono spesso gli altri a decidere per loro. Per cui riscoprire quella dimensione dell’ascolto di sé e della legittimazione di un desiderio, è una cosa che può portare all’anziano anche una nuova linfa vitale.
Una volta che il donatore ha individuato il desiderio che intende realizzare, ci si mette in contatto e si individuano tempi e modi anche per la consegna del regalo. Quest’anno la consegna è stata un po’ diversa dagli altri anni, perché con la chiusura delle RSA non c’è stata la possibilità di un contatto diretto, ma comunque tutto il personale ha fatto da tramite (noi educatrici, gli operatori, l’impiegata stessa). Ma questo comunque non ha fatto perdere il significato del progetto».
Come siete venuti a conoscenza del progetto e cosa vi ha spinto ad aderire?
«La nostra RSA si rifornisce da anni da Serenity, azienda che ci fornisce ausili per incontinenza di alta qualità, attiva sostenitrice di Nipoti di Babbo Natale. Federica Ferrari , Rappresentante Serenity della nostra zona, ha illustrato questa nuova iniziativa alla nostra coordinatrice Biljana, anche lei molto attenta al bene e ai bisogni degli ospiti. Lei ha quindi pensato di proporcela; noi ci siamo informate velocemente su internet per capire come funzionava e ovviamente abbiamo chiesto l’ok anche alla direzione sanitaria e amministrativa, e anche loro sono stati molto disponibili e hanno subito acconsentito, soprattutto comprendendo che quello 2020 sarebbe stato un Natale molto particolare.
È stata fatta una riunione in ottobre online, per spiegarci e illustrarci più concretamente come funzionava questo progetto. Un concetto che è emerso e che ci ha spinto e motivato ad aderire al progetto è stato proprio quel “Sorriso in più” che avremmo potuto donare agli anziani, considerando il fatto che questo è stato un anno difficile per loro. E ci siamo riusciti in effetti a dare quel “sorriso in più” ad alcuni di loro, facendoli sentire più sereni, proprio in un anno in cui la loro famiglia era inevitabilmente più lontana.
A questa riunione di ottobre erano presenti Laura Bricola (coordinatrice Un sorriso in più onlus) e il Prof. Marco Trabucchi, che ci hanno spiegato chiaramente di non fermarci a una “lista della spesa” di questi desideri… ci hanno suggerito di cercare di capire perché le persone desiderano un certo oggetto, che cosa rappresenta per loro, e come intendono usarlo. Cioè, ci hanno suggerito di andare all’essenza del progetto, usandolo come occasione per far nascere un rapporto di arricchimento tra noi e l’ospite».
Molto interessante è il fatto che si vada a porre l’attenzione sui desideri delle persone anziane (e non sempre e solo sui loro bisogni). È stato facile raccogliere questi desideri? Hanno aderito tutti?
«Per noi era appunto il primo anno, quindi era tutto nuovo anche per noi. Noi collaboriamo con una psicologa, la dott.ssa Piazzini, e con lei portiamo avanti dei piccoli gruppi di stimolazione cognitiva/reminescenza (una o due volte al mese in base ai gruppi). Quindi abbiamo cercato di coinvolgere anche lei, perché durante questi gruppi abbiamo colto l’occasione per proporre ai nostri ospiti questa iniziativa.
Si tratta di gruppi divisi in base alle capacità cognitive dei nostri ospiti. Chiaramente agli ospiti con Alzheimer è stato proposto in un certo modo, diverso da quello in cui l’abbiamo proposto agli ospiti con forte capacità cognitiva. Però ci è sembrato comunque giusto coinvolgere tutti.
Ovviamente qualcuno è stato subito entusiasta di questa cosa e per un attimo anche incredulo. Se tu infatti provi a chiedere a qualcuno che ha 90 anni: “qual è il tuo desiderio?”, ti guarda quasi come per dirti: “ma davvero lo chiedi a me che ho 90 anni?!”. Di solito sono loro che hanno sempre fatto questa domanda a un nipotino!
Invece poi quando abbiamo mostrato loro meglio il progetto – anche grazie alle spiegazioni e ai materiali informativi che ci ha inviato Serenity – hanno capito che era proprio così. Ci sono stati poi ospiti che invece hanno avuto difficoltà a esprimere il loro desiderio e hanno preferito lasciare il proprio spazio agli altri.
Ci siamo domandate se questo rifiuto sia stato per “sfiducia” – ma non pensiamo sia per quello – piuttosto pensiamo che arrivati a 90 anni, dopo una vita passata a pensare a lavorare duramente, a mandare avanti le famiglie numerose, dedicata al sostentamento insomma, probabilmente non hanno mai davvero avuto un’occasione per chiedersi: “ma io ho un desiderio?”.
Noi ricordiamo bene una frase forte di una nostra ospite, Elisa, che durante la consegna del regalo ha detto una cosa come: “ma allora al mondo esiste ancora gente caritatevole; gente sensibile, che ancora trova il tempo per l’altro, per donare e per amare!”. Elisa e questa sua “nipote”, per altro, si sono anche scambiate il numero di cellulare».
Sono stati tanti gli anziani che non sono riusciti a focalizzarsi sui loro desideri?
«Non molti, purtroppo però ci piange il cuore al pensiero che molti di loro alla nostra domanda sul loro desiderio ci rispondevamo che volevano rivedere la loro famiglia. Ad alcuni di loro siamo riuscite a dire: “capiamo che il tuo desiderio è rivedere la tua famiglia, per riabbracciarvi, però – abbiamo detto – prova a pensare una cosa per te, che ti possa gratificare in questo Natale più difficile”.
Così alla fine siamo giunti ad alcuni oggetti materiali, che comunque li hanno resi felici. Per alcuni di loro è stato poi fortemente emozionante, perché ripensando alla loro infanzia non avevano neppure le possibilità economiche per fare particolari richieste nella “letterina a Babbo Natale”. Quindi alcuni di loro hanno chiesto proprio questo: un desiderio che non hanno mai potuto chiedere. Altri invece hanno chiesto oggetti tecnologici!»
Dai desideri materiali mai realizzati, alla tecnologia, ma non solo. Quali altri desideri sono stati espressi?
«Come dicevamo c’è stata in generale l’espressione del desiderio di rivedere e riabbracciare la famiglia. Ma poi sono emersi anche tanti desideri che avevano a che fare con le loro passioni, ma anche con aspetti molto pratici. Per esempio, Celestina ha chiesto una collana lunga di perline colorate; Vittorio, invece, ha chiesto delle cuffie nuove per ascoltare la televisione senza disturbare il compagno di stanza (visto che lui ci sente poco); Gabriella ha chiesto un romanzo d’amore (e ne sono arrivati ben due).
Pasquina, poi, che è molto devota, ha chiesto la corona del rosario della Madonna di Lourdes: ed è proprio arrivata quella di Lourdes (perché – abbiamo scoperto – non sono tutte uguali le corone!). E poi Luigi, musicista, che ha chiesto un tamburello con i sonagli: e quando gli è arrivato il regalo, la prima cosa che ha fatto, è stata quella di mandare un video in musica alla donatrice per ringraziarla.
E va detto che il progetto ha avuto senso anche per alcuni ospiti del nucleo Alzheimer, che certo abbiamo aiutato in modo diverso, ma che comunque si sono impegnati a scegliere cose utili per loro. Per esempio, un’ospite del nucleo ha scelto le parole crociate, perché lei ha proprio l’abitudine quotidiana di fare le parole crociate – sapendo che le fa bene tenere allenata la mente.
Con gli ospiti affetti da demenza, chiaramente, abbiamo rispiegato il senso dell’iniziativa nel momento stesso della consegna, avendo loro più difficoltà a ricordare. Ma quando, di nuovo, spiegavamo loro che si trattava di un regalo che arrivava da un generoso donatore che non conoscevano, erano felicissimi (ed è questa emozione che conta alla fine).»
Ci sembra di capire quindi che le persone anziane non hanno ricevuto solo doni materiali, ma hanno potuto anche avere uno scambio relazionale con i “nipoti di babbo Natale” (lettere, chiamate con tablet, telefonate…). Questo forse è ciò che in particolare fa diminuire il senso di solitudine. È stato così? Ci raccontate qualche scambio particolarmente significativo?
«C’è una cosa importante da dire sul momento dello scambio, cioè quando l’ospite ha avuto modo di vedere proprio il donatore – sia attraverso il tablet che attraverso il vetro della struttura – ecco, quello che ci ha stupito è stato che generalmente davanti a una persona che non hai mai visto, tendi a stare un po’ zitto e non sai mai bene cosa dire; mentre appunto ci ha stupito vedere la spontaneità delle parole che uscivano, come se avessero davanti a loro una persona che già conoscevano.
Abbiamo sentito frasi di auguri, frasi di incoraggiamento; abbiamo letto agli ospiti tutti i biglietti che sono arrivati dai “nipoti”, che comprendevano perfettamente i sentimenti e gli stati d’animo che i nostri anziani hanno passato in questi mesi di pandemia. Con parole di conforto, dicendo loro di tenere duro, di guardare avanti, di tenere presente che anche questa è stata per loro una prova che hanno dovuto superare.
L’iter di questo progetto era questo: noi educatrici, insieme alla psicologa, raccoglievamo i desideri; poi tramite computer inserivamo il desiderio dell’ospite; poi quando un donatore/”nipote” decideva di realizzare un desiderio, in automatico ci arrivava un’email che ci informava che la tal persona aveva deciso di esaudire il desiderio di uno dei nostri ospiti. A quel punto ci scambiavamo i numeri. E abbiamo fatto quindi anche tante videochiamate prima della consegna. Questo era infatti anche un modo in più per conoscersi, parlare, creare un legame.
Durante questa chiamata avvenuta prima, per altro, il nipote spesso aveva anche la finezza di chiedere quale fosse il colore preferito della persona (per realizzare il pacchetto per esempio). E poi ci ha stupite la generosità che abbiamo trovato! Tante volte il regalo richiesto era uno, però arrivavano anche altre cose. Per esempio il regalo di Elisa era il porta cellulare, ma dentro la scatola c’erano cioccolatini, panettoni e decorazioni.
Molti “nipoti” erano della zona e avevano scelto apposta di rispondere a desideri di anziani della zona proprio per poterli andare poi a trovare di persona; la maggioranza però venivano da lontano, di conseguenza le consegne avvenivano tramite posta. Con le persone vicine invece abbiamo organizzato un incontro, facendoli rimanere sulla porta (con distanziamento e tutto in sicurezza ovviamente), facendo sempre noi da tramite.
Una storia molto bella è quella di una nostra ospite, Annamaria, che ama ricamare a maglia e che quando ha sentito il progetto ci ha proprio detto: “a me piacerebbe trovare qualcuno che condivide con me questa passione per il lavoro a maglia”.
Noi allora sul sito abbiamo scritto proprio questo: cercavamo qualcuno che condividesse questa passione con Annamaria e che se la sentisse di realizzarle qualcosa a maglia. Questo perché ad Annamaria non interessava che fosse un cappello o una maglia. A lei interessava solo trovare qualcuno che condividesse appunto la passione.
Ha risposto una signora di Cagliari, che questa passione appunto la condivideva, che le ha chiesto le misure e che ha realizzato un poncio per lei. Quando Annamaria l’ha visto si è commossa, e la cosa bella è stata che la signora, molto gentilmente, ci ha chiesto anche se potevamo mandarle qualche lavoro di Annamaria, che è stata felicissima di mandarle fotografie dei suoi maglioni. Insomma: alla fine hanno condiviso qualcosa di molto importante, al di là dell’oggetto
Poi c’è la storia di Ines, la nostra ospite più anziana (ha compiuto da poco 99 anni), con la grande passione dei viaggi. Quando le abbiamo chiesto quale fosse il suo desiderio lei ci ha risposto che le piaceva un bel ventaglio colorato che le ricordasse i suoi viaggi esotici.
Il suo desiderio è stato realizzato dalla “nipote” Ilaria, una militare dell’esercito Italiano in missione in Cossovo. Da lì abbiamo fatto appunto le prime videochiamate proprio per farle conoscere e hanno parlato tantissimo dei viaggi. Ilaria chiedeva a Ines dei consigli su che posti visitare. Ilaria poi è originaria di Venezia, che è la città preferita di Ines, per cui ne è uscita una chiamata davvero ricca, in cui si sono dette molte cose.
Insomma, grazie a questo progetto l’anziano può vivere l’emozione di sentirsi speciale per qualcuno, che gli dedica parte del suo tempo e gli regala anche un pezzetto di felicità. Allo stesso tempo però è una grande opportunità anche per questi “nipoti”, perché esaudendo il desiderio dell’anziano, sperimentano anche la gioia del proprio dono e la gratificazione di sentirsi importanti per l’altro.
In tutto ciò si crea una relazione tra i protagonisti, e questa è proprio un’opportunità – lo abbiamo appurato nella nostra esperienza – per creare delle vere e proprie amicizie. Per ora sono passati solo due mesi, però alcune persone hanno mantenuto il legame nel tempo. Riceviamo messaggi dai nipoti che chiedono come sta la persona a cui hanno fatto il regalo, oppure chiedono quando è il suo compleanno, perché comunque hanno conosciuto la storia di questa persona e si sono affezionati.
Ancora oggi molti ci chiedono di far sapere loro quando la situazione si sbloccherà, per poter proprio venire a trovare gli anziani di persona, quindi crediamo che questi legami potranno mantenersi nel tempo.»
Nel complesso, quindi, l’esperienza che ricadute ha avuto sul benessere degli anziani residenti e del personale in generale?
«Considera che il Natale per noi è stato davvero un momento incasinato, nel senso che come sempre abbiamo gli addobbi da fare e organizziamo sempre una festicciola – quest’anno poi dovevamo fare un incontro speciale per i parenti, che non potevano entrare. E anche a questo progetto bisognava dedicargli del tempo. Quindi abbiamo chiesto man forte alle operatrici, chiedendo a volte a loro di fare la consegna.
Davamo a loro il pacchetto, e spiegavamo di scartarlo insieme. E sono state contente! Molte di loro addirittura ci hanno chiesto informazioni perché volevano diventare nipoti. C’è stato tanto entusiasmo e collaborazione. Anche perché vedere l’entusiasmo e a volte anche le lacrime negli occhi di questi anziani, che si emozionano come se avessero ricevuto il dono più bello del mondo, quando magari è un portacellulare che costa pochi euro… ma tutto va oltre il mero prezzo!
Questo perché, appunto, come dicevamo prima, nemmeno ci credevano che davvero accadesse. Quando i doni arrivavano c’era di nuovo la sorpresa che effettivamente ciò fosse accaduto. Soprattutto quando c’erano dei biglietti di auguri allegati, lì allora scoppiavano in lacrime. Molti di loro li hanno appesi in camera!
E li abbiamo mostrati in alcune video-chiamate con i parenti, perché loro parlavano molto del progetto e quindi anche i famigliari stessi si incuriosivano. Noi facevamo la foto appena il dono era consegnato e la inviavamo al parente. Quindi abbiamo coinvolto molto anche i famigliari.
E gli ospiti erano entusiasti di far vedere ai loro parenti i regali che avevano ricevuto e i parenti hanno capito completamente il significato del progetto.
Per di più abbiamo una coordinatrice davvero sensibile e disponibile, che spesso si ritagliava un attimo di tempo per presenziare alla consegna anche lei. Così come l’impiegata, che ci ha aiutato tanto. C’è stata un’organizzazione e una collaborazione da parte di tutti».
E per voi, in qualità di educatrici, come è stato mettere in atto questa iniziativa?
«Di getto, possiamo rispondere: impegnativa, ma ricca!
Come dicevamo prima, la raccolta dei desideri non è stata l’elaborazione di un mero elenco. Noi dovevamo inserire il desiderio nel sito, ma anche spiegare perché la persona volesse proprio quell’oggetto. E questo è stato un modo per noi anche per conoscere meglio i nostri ospiti, per avvicinarci maggiormente ai loro vissuti e alla loro storia di vita.
Siamo già pronte per l’anno prossimo, abbiamo già chiesto a Serenity di avvisarci quando sarà il momento e cercheremo di dare spazio anche agli ospiti che non hanno aderito quest’anno!»
E ora, un’ultima domanda a Paola e Hilary, alle quali abbiamo chiesto di tirare le fila nel breve video che segue sul valore del progetto Nipoti di Babbo Natale… Buona visione!
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