Il benessere degli anziani a Tesero passa anche dalla tv, ma da un canale speciale: l’EN.CARE di Alamar Life che, durante la pandemia, ha aiutato gli anziani della struttura a mantenere un buon livello di rilassamento e una buona qualità di vita, nonostante tutto.
Da quasi due anni ormai la vita in RSA è cambiata, sia per gli anziani residenti che per alcune figure professionali. La pandemia ha stravolto molte delle consuetudini, ma alcuni principi di base sono rimasti inalterati. Anzi, si è notata ancora di più la loro importanza. Tra questi, per esempio, il valore del benessere della persona e delle relazioni, che in particolare gli educatori professionali si sono impegnati per preservare in questi mesi difficili.
Nell’intervista che segue abbiamo dato voce a due educatrici della Casa di Riposo Giovanelli di Tesero (TN), Cristina Buso e Serena Rosi, per conoscere meglio le loro attività finalizzate al benessere e le modalità con cui queste sono state mantenute anche in tempo di pandemia.
Tra gli strumenti utilizzati ci ha incuriosito in particolare il canale relax EN.CARE di Alamar Life, che è stato attivato nel 2019 e che ancora oggi viene utilizzato per migliorare la qualità di vita di anziani e operatori. Si tratta di uno strumento che offre ogni giorno una programmazione costante di immagini e suoni della natura.
«Nella nostra struttura utilizziamo il canale relax EN.CARE nei due maxi-schermo che abbiamo posizionato nei soggiorni di piano dei due nuclei, che sono appunto luogo di incontro e di vita. Abbiamo anche la possibilità di collegarlo alle camere tramite un circuito interno chiuso e in più abbiamo una proiezione in un salottino dove conduciamo attività di rilassamento per piccoli gruppi. La visione viene attivata di primo mattino e prosegue fino alla sera ininterrottamente», spiegano Serena e Cristina.
Che cosa vi ha spinto a provare questo strumento nel 2019?
«Il nostro scopo principale era quello di togliere la tv normale, che avevamo inizialmente, ma che generava un ambiente stressante, tra rumori forti e litigi per il telecomando. Prima della pandemia erano i parenti a gestire la televisione, era un modo per loro di stare nella relazione con i loro cari, senza contare che però il soggiorno era vissuto da una media di 20/30 persone con patologie differenti, e questo creava parecchie situazioni di disagio.
Noi abbiamo quindi cercato un’alternativa che fornisse serenità e tranquillità, che creasse appunto un ambiente volto al benessere degli anziani, e che permettesse la convivenza serena di residenti con patologie differenti (dall’Alzheimer, alla depressione, alle patologie psichiatriche)».
Quali effetti benefici avete riscontrato sulle persone?
«Sulle prime non è stato facile notare il miglioramento del benessere degli anziani e gli effetti benefici in generale. Sicuramente però il primo risultato è stato quello di ridurre tutti i rumori e gli elementi disturbanti (e come conseguenza di ciò, di ridurre i cosiddetti “disturbi del comportamento”).
Questo non è stato subito percepito come un effetto positivo da parte dei famigliari, che hanno colto immediatamente che c’era un clima diverso ma non sono subito riusciti a comprendere se questa “troppa calma” fosse un bene o un male. Abbiamo dovuto spiegare e lasciar passare un po’ di tempo.
Altro effetto positivo: le persone erano più orientate e rivolte con attenzione verso qualcosa. E anche a livello fisico alcune di loro hanno sentito dei miglioramenti: una signora ospite ha per esempio confermato di non avere più il consueto mal di testa da quando nel salone erano state introdotte queste immagini e suoni rilassanti.
Anche gli operatori sono stati agevolati nel loro lavoro. Le proiezioni di EN.CARE infatti riescono a dare un ritmo al lavoro di cura, che è lento e delicato, e che migliora quindi il modo stesso di prendersi cura dell’operatore. Le immagini stimolano l’operatore a metterci veramente più cura e a sintonizzarsi sui tempi di alcuni anziani. Questo rallentare si percepisce in tantissime azioni della quotidianità: si vede di più, si ascolta di più, si sente di più… questo forse è il più grosso cambiamento che lo strumento ha portato
Come dicevamo, comunque, gli effetti di questa serenità si sono visti nel tempo. Nella serenità, di fronte a un bosco, a un fiore, o ad altre immagini, sono cominciati anche a riaffiorare i ricordi. Oppure le persone cominciavano a cantare, o ricordavano una filastrocca. Il clima ha influenzato i famigliari stessi. Per esempio, si era formato un gruppo di parenti che la sera faceva cantare gli ospiti dopo la cena, davanti alle immagini. Si era creata quella tranquillità che consentiva la conversazione
Ultimo, ma non meno importante, il senso di bellezza che questi quadri di natura hanno saputo creare in struttura. Si sa che la qualità di vita è data anche dalla cura e dalla bellezza degli ambienti. E i quadri che vengono proiettati sono veramente bellissimi, non sono mai gli stessi e creano anche esteticamente un ambiente piacevole in cui stare. In questo modo si ha molto più idea di accoglienza».
Prima dell’utilizzo del canale relax, cosa facevate per favorire il benessere degli anziani?
«Oltre alle classiche attività animative, abbiamo sempre cercato di portare avanti progetti orientati a una visione olistica della persona e del suo benessere. Per esempio quello che noi chiamiamo “progetto coccole”, che consiste nel massaggio alla mano della persona anziana secondo la tecnica della Goldschmidt. Lo utilizziamo soprattutto per prenderci cura degli anziani affetti da declino cognitivo, per i quali il canale sensoriale rimane quello più forte.
All’inizio utilizzavamo un sottofondo di musica classica, ora utilizziamo anche EN.CARE in abbinamento. Altre attività per il benessere degli anziani che perseguiamo sono lo Yoga della risata e la danza meditativa (Joy dance). Una parte del personale inoltre è formata per l’utilizzo del Metodo Validation e in generale possiamo dire che cerchiamo di “attrezzarci” per sviluppare competenze rispetto a tutti i metodi di comunicazione alternativa».
Con l’arrivo della pandemia come sono cambiate le cose?
«Nei primi mesi di pandemia, purtroppo, abbiamo smesso di utilizzare le sale comuni. Ci siamo divisi per reparti, perché così era più facile isolare in caso di contagio. La nostra RSA è molto grande e questo per fortuna ci ha consentito di non dover isolare gli ospiti nelle camere e ci ha permesso di continuare a vivere almeno in parte una vita di comunità.
Le cose per noi sono cambiate decisamente a novembre 2020, quando di fatto è entrato il virus in struttura. A quel punto sì, gli anziani erano isolati nelle camere e i positivi al virus venivano spostati di piano. Il bel salone dove prima c’era la tv che proiettava i video di natura EN.CARE non era più usato per i momenti comunitari, ma piuttosto come magazzino (dove spostare oggetti, letti vuoti, ecc).
Va detto che sempre questo strumento EN.CARE ci ha aiutati però nel momento in cui abbiamo ripreso la vita fuori dalle camere. Abbiamo infatti usato spesso questi quadri di natura come sfondo durante le video-chiamate con i parenti o per le foto che inviavamo loro.
Detto così sembra poco, ma vi assicuriamo che in un momento in cui i parenti non vedevano gli anziani da molto tempo, e in cui tutti erano preoccupati (anche di vedere gli effetti fisici del covid sulle persone care), avere una cornice di bellezza ha aiutato tanto ad acquietare gli animi.
Quando abbiamo ricominciato a fare le telefonate in modo protetto anche lo sfondo era importante: contribuiva a ridare la sensazione che ci stavamo riprendendo. In un momento così difficile anche quella piccola sensazione di gioia e di bellezza ha aiutato tanto».
E invece il vostro lavoro da educatrici come è cambiato con la pandemia?
«Il nostro ruolo è diventato sempre più di tramite tra residente e parente. Ormai la nostra attività è impostata sul tramite della relazione, quindi sul garantire una buona relazione tra ospiti e parenti. Anche in questo clima di difficoltà ci siamo impegnati moltissimo per preservare il più possibile questa relazione.
Abbiamo cominciato da marzo 2020 a fornire dati accettabili ai nostri residenti per far capire loro cosa stava accadendo. Poi abbiamo dovuto ricreare un’identità di gruppo, perché non c’erano più parenti, c’era un grandissimo vuoto nel cuore degli anziani, alcuni dei quali non capivano nemmeno il perché i figli non venissero. E noi con le mascherine, quindi con mezzi divisori a livello relazionale.
Abbiamo dovuto ricreare un nuovo modo di comunicare. In questo ci hanno aiutato tanto tutti gli strumenti e le competenze di comunicazione alternativa che avevamo.
Poi abbiamo dovuto come tutti iniziare a utilizzare mezzi di comunicazione tecnologica, skype, whatsapp, ecc. e abbiamo dovuto mettere gli anziani nelle condizioni di utilizzare di questi mezzi, affinché valesse davvero la pena di fare una telefonata. Dovevamo sapere di poterci prendere il tempo per la telefonata. Siamo state davvero attente ai minimi dettagli della comunicazione, affinché fosse resa davvero speciale tutte le volte.
Oggi Siamo il punto di riferimento per i parenti: le telefonate non vengono più passate agli infermieri ma vengono passate a noi. Adesso ci occupiamo praticamente solo di organizzare le visite, oggi in presenza, però con tutto ciò che comporta (modulistica, green pass, ecc.), mantenendo anche in questo caso la cura della relazione il più possibile.
Abbiamo allungato i tempi di visita più che possiamo, cerchiamo di fermarci anche noi di più. Praticamente conosciamo qualsiasi dinamica familiare dei nostri residenti, siamo partecipi di tutti i dettagli delle famiglie.
Questo è positivo a livello di informazioni sulla storia di vita, ma non sempre abbiamo il tempo di farne qualcosa; spesso rimane lì, come bagaglio emotivo, e a volte è anche difficile staccartene a livello personale».
Alla luce dei cambiamenti che sono avvenuti, secondo voi cosa sarà necessario in futuro per garantire il benessere degli anziani?
«Questa pandemia è stata davvero di carattere prettamente sanitario. Noi lo abbiamo toccato con mano e questo ha messo in luce davvero tutto ciò che significa relazione /mancanza di relazione, costruzione degli affetti e serenità.
Sembra tutto scontato, ma questa pandemia invece ci ha dato la conferma che il percorso che facevamo già prima rispetto alla ricerca della serenità, dell’energia positiva, è veramente la strada da seguire.
Perché comunque i nostri sono reparti di lungodegenza, sono “case”, ovvero le persone vengono qui per vivere l’ultima fase della loro vita. Diventa importante allora aiutarli a fare i conti della loro vita passata, a essere sereni.
A volte però ci sono progetti “fantasmagorici”, che sono molto impegnativi, anche a livello economico, che chiedono alle Case di riposo risorse che ormai non hanno più.
Pochi puntano sulla parte “socio” del “sociosanitario”, però esistono dei mezzi e il canale EN.CARE è uno di questi. È facilmente fruibile e installabile, non ha costi esagerati però rientra in questo progetto di benessere.
Al momento abbiamo dovuto mettere alcuni progetti nel cassetto a causa della pandemia, ma abbiamo fiducia nel fatto che pian piano potremo – e dovremo – tirarle fuori, perché il nostro è un lavoro che ha come priorità il benessere, ovvero la persona.
Questo è ciò che conta e non possiamo permettere alla pandemia di farcelo dimenticare.»
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