L’healing garden è un giardino molto particolare. In quest’articolo, la narratice di Cura Barbara Picchio ci racconta in che modo può portare più benessere a tutte le persone che vivono in una RSA  e come può essere “ponte” per far avvicinare la comunità alla struttura. Si ringrazia l’Architetto Monica Botta per le informazioni e le foto condivise. 

Il potere terapeutico della natura

L’importanza del rapporto con la natura è emersa con forza durante il periodo del lockdown.

Tutti abbiamo desiderato passeggiare all’aria aperta, sentire il sole scaldare la pelle, godere della vista di un bel paesaggio, assaporare il profumo dei fiori o sederci sull’erba. Durante la pandemia ho avuto la fortuna di sfruttare uno spazio all’aperto ma per molti non è stato così. Ho pensato a lungo a chi in quel periodo viveva in RSA e al fatto che loro, più di tutti, avrebbero potuto trarre giovamento trascorrendo parte della giornata circondati dal verde.

La scoperta degli Healing gardens: oasi di cura e di relazione

Quando Fondazione Casa Serena di Brembate di Sopra (BG) ha ospitato il seminario “Il verde nei luoghi di cura”, ho avuto l’opportunità di approfondire gli effetti rigenerativi che la natura ha sul benessere degli individui sia a livello emotivo che cognitivo. Ed è stato grazie all’Architetto paesaggista Monica Botta, una delle docenti di questo percorso formativo, specializzata in giardini terapeutici, che ho scoperto gli healing gardens.

HOMES

Secondo la definizione dell’American Horticultural Therapy Association (AHTA) gli healing gardens devono essere accessibili a tutti, stimolare i sensi attraverso l’uso della vegetazione, prevedere angoli tranquilli ma anche aree volte a favorire la socializzazione e la partecipazione ad attività di gruppo in totale sicurezza.

L’incontro con Monica Botta

In un pomeriggio d’autunno, quando le foglie cambiano colore e qualcuna inizia a cadere, rivedo l’Architetto Botta. Parlare con lei significa immergersi in un mondo dove la natura e la cura si intrecciano profondamente.

Chiedo a Monica che cosa l’ha spinta ad occuparsi di questo settore: “Nulla è mai per caso nella vita”, mi risponde. Grazie a diverse esperienze di volontariato, Monica ha compreso che la parte relazionale e quella sociale fanno parte di lei e che l’ambiente umano fa la differenza.

Dopo aver frequentato il primo corso dedicato ai giardini curativi all’Università di Agraria, si ritrova a progettare un healing garden per la RSA di Bellinzago Novarese, suo paese di origine; “nella realizzazione di questo giardino terapeutico, la differenza non l’hanno fatta le piantine aromatiche, ma le persone”.

Il “Giardino della felicità” di Ferrara: una progettazione integrata

Uno dei progetti più significativi dell’Architetto Botta è il “Giardino della Felicità” realizzato a Ferrara presso la Casa Residenza Anziani “Residence Service” gestita dalla Cooperativa Cidas.

All’ingresso si trova il viale delle erbe ballerine con pergole e sedute circondate da erbacee perenni che danzano al vento; proseguendo, si trova un’area adibita ad orto e frutteto con piante autoctone, una palestra all’aperto, il cammino dei cinque sensi, la fontana e il percorso delle biciclette (realizzato in gomma antitrauma), richiamo ad una caratteristica peculiare della città.

Un healing garden deve infatti considerare la componente culturale del luogo e riflettersi nella sua realizzazione.

Altro elemento fondamentale per un giardino terapeutico è la progettazione integrata con il personale e gli anziani che vivono in RSA.

A Ferrara i residenti hanno espresso i loro desideri e scelto il nome di un giardino molto atteso. L’interazione con la natura permette loro di assaporare un senso di libertà, riducendo stati di ansia e depressione. La presenza di aree verdi riduce i livelli di cortisolo (ormone dello stress), per cui si è rivelata di grande utilità anche per i professionisti della cura che possono beneficiare di una pausa rigenerante all’aperto.

Un percorso condiviso che ha suscitato grande entusiasmo tra le persone anziane, facendole sentire ascoltate e considerate.

Un percorso in cui l’equipe multidisciplinare si è riunita più volte per confrontarsi su come utilizzare al meglio il giardino terapeutico per la comunità della RSA, ma anche per la collettività.

In foto: alcuni scorci del “Giardino della felicità”

Misurare il successo di un healing garden

Per misurare l’efficacia di un giardino terapeutico l’osservazione del suo utilizzo nel tempo è estremamente importante e a volte si rende necessario intervenire con qualche modifica.

Tornando a Ferrara, dopo diversi mesi dall’inaugurazione, l’Architetto Botta ha potuto rilevare la buona riuscita del progetto, per esempio, notando come la palestra all’aperto venisse utilizzata da maggio a ottobre e le riunioni d’equipe si svolgessero spesso nella zona intorno alla fontana (ricordiamo che il contatto con la natura riduce i conflitti e il suono dell’acqua ha un effetto calmante).

Si poteva inoltre osservare come i residenti riuscissero a ritagliarsi diversi momenti di privacy, mentre i famigliari avevano iniziato a relazionarsi in maniera più informale e autentica con i professionisti della cura. Da ultimo, ma non per importanza: la comunità si era avvicinata di più alla RSA, proprio frequentando il parco.

Tutto questo dimostra come “in maniera differente si può stare in natura e trarne beneficio”.

Finanziamenti e coinvolgimento della comunità

In un momento in cui le RSA attraversano molte difficoltà, anche economiche, mi chiedo come sia possibile realizzare un healing garden che può risultare molto costoso.

L’architetto Botta mi spiega come il fundraising e il coinvolgimento di aziende del territorio possano rivelarsi risorsa preziosa.

Un esempio particolarmente riuscito riguarda la recente realizzazione de “ll giardino ritrovato”, anch’esso progettato da Monica e inaugurato il giugno scorso presso la Residenza Ines e Piera Cappellaro di  Fondazione Cerino Zegna a Mongrando (BI).

Numerose le realtà aziendali che hanno sostenuto economicamente l’iniziativa facendo sentire la loro vicinanza ad anziani, famigliari e professionisti della RSA. Questo risultato è stato raggiunto grazie ad un grande lavoro di comunicazione e ad incontri con il territorio per illustrare la valenza sociale del progetto.

Il giardino che vorrei

Gli elementi de “Il Giardino Ritrovato” che hanno catturato la mia attenzione sono il lavatoio, il pollaio e una zona dedicata alla preghiera con la riproduzione della Madonna di Oropa. Elementi caratteristici del territorio e molto vicini al sentire degli anziani che attualmente usufruiscono del giardino.

L’area del raccoglimento spirituale mi ha riportata al ricordo di mia madre, persona molto religiosa che ha convissuto a lungo con l’Alzheimer. Nel parco della RSA in cui ha vissuto per diversi anni, l’angolo della Madonna era il suo preferito; a volte tentava perfino di accennare qualche preghiera. La mente vaga e penso che, se vivessi in una RSA, mi piacerebbe fruire di un ampio spazio verde: vorrei una zona in cui potermi dedicare alla lettura, all’ascolto della musica; un’area in cui poter socializzare (non solo con gli abitanti della casa ma anche con gli esterni) e uno spazio più intimo per la contemplazione.

Una progettazione umana in evoluzione

L’architetto Botta riflette sul fatto che i giardini terapeutici devono essere in continua evoluzione per rispondere ai bisogni dell’utenza che li fruisce, tenendo conto dei cambiamenti socioculturali in corso.

Tra qualche anno nessuno saprà più cos’è un lavatoio”, dice Monica, e il concetto di spiritualità dovrà essere soddisfatto con modalità più articolate rispetto a quelle attuali.

Progettare un healing garden in RSA richiede, oltre alla competenza tecnica, doti di ascolto, empatia e sensibilità in quanto si entra inevitabilmente a contatto con il mondo della fragilità fisica ma anche emotiva di tutte le persone che ogni giorno gravitano attorno a questo mondo.

In fondo, anche l’architetto paesaggista è un operatore della cura che, dedicandosi con passione alla progettazione di uno spazio esterno adatto a chi vive o lavora in RSA, contribuisce al benessere delle persone.

About the Author: Barbara Picchio

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Famigliare, diventata nel tempo una "RSA lover". Fa parte del team dei narratorə di CURA.

L’healing garden è un giardino molto particolare. In quest’articolo, la narratice di Cura Barbara Picchio ci racconta in che modo può portare più benessere a tutte le persone che vivono in una RSA  e come può essere “ponte” per far avvicinare la comunità alla struttura. Si ringrazia l’Architetto Monica Botta per le informazioni e le foto condivise. 

Il potere terapeutico della natura

L’importanza del rapporto con la natura è emersa con forza durante il periodo del lockdown.

Tutti abbiamo desiderato passeggiare all’aria aperta, sentire il sole scaldare la pelle, godere della vista di un bel paesaggio, assaporare il profumo dei fiori o sederci sull’erba. Durante la pandemia ho avuto la fortuna di sfruttare uno spazio all’aperto ma per molti non è stato così. Ho pensato a lungo a chi in quel periodo viveva in RSA e al fatto che loro, più di tutti, avrebbero potuto trarre giovamento trascorrendo parte della giornata circondati dal verde.

La scoperta degli Healing gardens: oasi di cura e di relazione

Quando Fondazione Casa Serena di Brembate di Sopra (BG) ha ospitato il seminario “Il verde nei luoghi di cura”, ho avuto l’opportunità di approfondire gli effetti rigenerativi che la natura ha sul benessere degli individui sia a livello emotivo che cognitivo. Ed è stato grazie all’Architetto paesaggista Monica Botta, una delle docenti di questo percorso formativo, specializzata in giardini terapeutici, che ho scoperto gli healing gardens.

Secondo la definizione dell’American Horticultural Therapy Association (AHTA) gli healing gardens devono essere accessibili a tutti, stimolare i sensi attraverso l’uso della vegetazione, prevedere angoli tranquilli ma anche aree volte a favorire la socializzazione e la partecipazione ad attività di gruppo in totale sicurezza.

L’incontro con Monica Botta

In un pomeriggio d’autunno, quando le foglie cambiano colore e qualcuna inizia a cadere, rivedo l’Architetto Botta. Parlare con lei significa immergersi in un mondo dove la natura e la cura si intrecciano profondamente.

Chiedo a Monica che cosa l’ha spinta ad occuparsi di questo settore: “Nulla è mai per caso nella vita”, mi risponde. Grazie a diverse esperienze di volontariato, Monica ha compreso che la parte relazionale e quella sociale fanno parte di lei e che l’ambiente umano fa la differenza.

Dopo aver frequentato il primo corso dedicato ai giardini curativi all’Università di Agraria, si ritrova a progettare un healing garden per la RSA di Bellinzago Novarese, suo paese di origine; “nella realizzazione di questo giardino terapeutico, la differenza non l’hanno fatta le piantine aromatiche, ma le persone”.

Il “Giardino della felicità” di Ferrara: una progettazione integrata

Uno dei progetti più significativi dell’Architetto Botta è il “Giardino della Felicità” realizzato a Ferrara presso la Casa Residenza Anziani “Residence Service” gestita dalla Cooperativa Cidas.

All’ingresso si trova il viale delle erbe ballerine con pergole e sedute circondate da erbacee perenni che danzano al vento; proseguendo, si trova un’area adibita ad orto e frutteto con piante autoctone, una palestra all’aperto, il cammino dei cinque sensi, la fontana e il percorso delle biciclette (realizzato in gomma antitrauma), richiamo ad una caratteristica peculiare della città.

Un healing garden deve infatti considerare la componente culturale del luogo e riflettersi nella sua realizzazione.

Altro elemento fondamentale per un giardino terapeutico è la progettazione integrata con il personale e gli anziani che vivono in RSA.

A Ferrara i residenti hanno espresso i loro desideri e scelto il nome di un giardino molto atteso. L’interazione con la natura permette loro di assaporare un senso di libertà, riducendo stati di ansia e depressione. La presenza di aree verdi riduce i livelli di cortisolo (ormone dello stress), per cui si è rivelata di grande utilità anche per i professionisti della cura che possono beneficiare di una pausa rigenerante all’aperto.

Un percorso condiviso che ha suscitato grande entusiasmo tra le persone anziane, facendole sentire ascoltate e considerate.

Un percorso in cui l’equipe multidisciplinare si è riunita più volte per confrontarsi su come utilizzare al meglio il giardino terapeutico per la comunità della RSA, ma anche per la collettività.

In foto: alcuni scorci del “Giardino della felicità”

Misurare il successo di un healing garden

Per misurare l’efficacia di un giardino terapeutico l’osservazione del suo utilizzo nel tempo è estremamente importante e a volte si rende necessario intervenire con qualche modifica.

Tornando a Ferrara, dopo diversi mesi dall’inaugurazione, l’Architetto Botta ha potuto rilevare la buona riuscita del progetto, per esempio, notando come la palestra all’aperto venisse utilizzata da maggio a ottobre e le riunioni d’equipe si svolgessero spesso nella zona intorno alla fontana (ricordiamo che il contatto con la natura riduce i conflitti e il suono dell’acqua ha un effetto calmante).

Si poteva inoltre osservare come i residenti riuscissero a ritagliarsi diversi momenti di privacy, mentre i famigliari avevano iniziato a relazionarsi in maniera più informale e autentica con i professionisti della cura. Da ultimo, ma non per importanza: la comunità si era avvicinata di più alla RSA, proprio frequentando il parco.

Tutto questo dimostra come “in maniera differente si può stare in natura e trarne beneficio”.

Finanziamenti e coinvolgimento della comunità

In un momento in cui le RSA attraversano molte difficoltà, anche economiche, mi chiedo come sia possibile realizzare un healing garden che può risultare molto costoso.

L’architetto Botta mi spiega come il fundraising e il coinvolgimento di aziende del territorio possano rivelarsi risorsa preziosa.

Un esempio particolarmente riuscito riguarda la recente realizzazione de “ll giardino ritrovato”, anch’esso progettato da Monica e inaugurato il giugno scorso presso la Residenza Ines e Piera Cappellaro di  Fondazione Cerino Zegna a Mongrando (BI).

Numerose le realtà aziendali che hanno sostenuto economicamente l’iniziativa facendo sentire la loro vicinanza ad anziani, famigliari e professionisti della RSA. Questo risultato è stato raggiunto grazie ad un grande lavoro di comunicazione e ad incontri con il territorio per illustrare la valenza sociale del progetto.

Il giardino che vorrei

Gli elementi de “Il Giardino Ritrovato” che hanno catturato la mia attenzione sono il lavatoio, il pollaio e una zona dedicata alla preghiera con la riproduzione della Madonna di Oropa. Elementi caratteristici del territorio e molto vicini al sentire degli anziani che attualmente usufruiscono del giardino.

L’area del raccoglimento spirituale mi ha riportata al ricordo di mia madre, persona molto religiosa che ha convissuto a lungo con l’Alzheimer. Nel parco della RSA in cui ha vissuto per diversi anni, l’angolo della Madonna era il suo preferito; a volte tentava perfino di accennare qualche preghiera. La mente vaga e penso che, se vivessi in una RSA, mi piacerebbe fruire di un ampio spazio verde: vorrei una zona in cui potermi dedicare alla lettura, all’ascolto della musica; un’area in cui poter socializzare (non solo con gli abitanti della casa ma anche con gli esterni) e uno spazio più intimo per la contemplazione.

Una progettazione umana in evoluzione

L’architetto Botta riflette sul fatto che i giardini terapeutici devono essere in continua evoluzione per rispondere ai bisogni dell’utenza che li fruisce, tenendo conto dei cambiamenti socioculturali in corso.

Tra qualche anno nessuno saprà più cos’è un lavatoio”, dice Monica, e il concetto di spiritualità dovrà essere soddisfatto con modalità più articolate rispetto a quelle attuali.

Progettare un healing garden in RSA richiede, oltre alla competenza tecnica, doti di ascolto, empatia e sensibilità in quanto si entra inevitabilmente a contatto con il mondo della fragilità fisica ma anche emotiva di tutte le persone che ogni giorno gravitano attorno a questo mondo.

In fondo, anche l’architetto paesaggista è un operatore della cura che, dedicandosi con passione alla progettazione di uno spazio esterno adatto a chi vive o lavora in RSA, contribuisce al benessere delle persone.

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