Perché dedicare il dossier di marzo ai diritti degli anziani?


L’idea di parlare in modo approfondito dei diritti degli anziani nasce da un sentimento profondo di sincera indignazione. Da questo stesso sentimento sorge anche il titolo – volutamente provocatorio – del numero di marzo di CURA

Anziani: persone o vuoti a perdere?

Pochi mesi infatti sono passati dalla frase crudele e superficiale lanciata in quel famoso tweet, in cui si ricorda in effetti che le persone anziane vanno tutelate, ma dove al contempo si piange un po’ meno la loro caduta sul fronte covid-19, in quanto “persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del paese”.

Abbiamo scelto di non unirci alla polemica del momento, ma di dar voce a una riflessione di più ampio respiro. Perché frasi così, purtroppo, sono spesso la sintesi di una cultura diffusa. E questa cultura è come un virus potente: si debella lentamente e si combatte con azioni rispettose dalla portata collettiva.

I diritti degli anziani: partiamo dalla Costituzione

Se indignazione significa ribellarsi a ciò che offende la dignità umana, allora è del ritrovare le basi di quella dignità che stiamo parlando.

Così il nostro cammino comincia dai principi della Costituzione. Ecco le nostre basi. Ecco da dove partire per ritrovare la dignità: dai diritti umani.

«La Costituzione italiana è incentrata sulla persona umana, considerata sia nella sua individualità, sia nelle formazioni sociali di cui fa parte (fra cui, su tutte, la famiglia)», scrive l’avvocato Livia Passalacqua (Studio legale Poretti-Passalacqua), nell’intervista dedicata a una riflessione sulle norme di cui dobbiamo tenere conto per tutelare i diritti degli anziani (CURA, n. 5, pp. 22-24).

Si tratta del cosiddetto principio personalista che, come ricorda Passalacqua, è garantito dal principio di eguaglianza affermato dall’art. 3 della costituzione, che assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale  che possono impedire il pieno sviluppo della persona umana.

Sì perché – lo ribadiamo una volta per tutte all’autore del tweet – non sono le persone a esistere in funzione dell’economia, ma è l’economia che esiste in funzione della persona umana e del suo pieno sviluppo.

Quale persona umana? Ovviamente tutte.

Il diritto alla salute: una responsabilità collettiva

Nel contesto attuale non si può ignorare poi l’art. 32 della costituzione, che ci ricorda di come la Repubblica tuteli la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti.

Dunque, «non è possibile separare la salute propria da quella altrui», scrive la Professoressa Francesca Marin (Docente di Filosofia Morale, Università di Padova), e aggiunge: «sulla base dei principi di solidarietà e uguaglianza sanciti dal testo della costituzione, la responsabilità della salute è individuale e al tempo stesso collettiva».

E con l’emergenza pandemica la rilevanza di questo principio si fa molto chiara: ognuno di noi è chiamato alla responsabilità di proteggersi e di rispettare le norme di distanziamento, nella consapevolezza che così facendo sarà di beneficio anche agli altri, in particolare ai soggetti più fragili e vulnerabili (CURA, n. 5, pp. 43-44).

Ecco che allora anche altre frasi logoranti come “tanto muoiono solo i vecchi”, crollano mostrando tutta la loro pochezza, di fronte ai principi che i nostri Padri costituenti hanno voluto trasmetterci.

La Carta Europea dei diritti degli anziani

Nel caso non bastasse la Costituzione, ci viene in aiuto anche la Carta Europea dei diritti e delle responsabilità degli anziani bisognosi di assistenza e di cura a lungo termine, analizzata attentamente dal Dottor Fabio Toso (Direttore Generale Fondazione OIC Onlus). Da essa Toso ricava e ci riporta alcuni illuminanti principi – o meglio, obiettivi concreti – da tenere a mente:

  • La necessità di informazioni disponibili per gli utenti dei servizi
  • La necessità di cure di alta qualità fornite da personale continuamente formato
  •  L’importanza di dare periodi di sollievo ai caregiver
  • Il diritto degli anziani a partecipare alla vita sociale e al coinvolgimento in attività culturali.

Toso approfondisce quindi nel dettaglio come sia effettivamente possibile raggiungere ognuno di questi obiettivi, anche in una situazione di scarsità di risorse economiche e finanziare (CURA, n. 5, pp. 29-31). Le risorse finanziarie, scrive, saranno sempre carenti rispetto agli ambiziosi obiettivi; ma nel caso degli anziani fragili ci sono ben altre due “miniere” di risorse che hanno bisogno di essere continuamente esplorate e valorizzate.

Di quali “miniere” stiamo dunque parlando?

Da un lato abbiamo senz’altro tutta quella serie di enti, associazioni o gruppi di interesse che gli anziani stessi hanno sempre frequentato e che rappresentano una rete di protezione sociale contro i rischi di isolamento.

Dall’altro lato, la prima e più importante “miniera di risorse”, sono gli anziani stessi – con buona pace del tweet di cui sopra.

Gli anziani – scrive Toso – sono infatti «soggetti che hanno una professionalità consolidata da un’esperienza lavorativa e una dimestichezza con il “mestiere della vita” che li rende capaci di essere risorsa nelle situazioni più difficili».

È forse questo pensiero il cuore di tutto il dossier di marzo, l’antitesi alla nostra domanda provocatoria iniziale; un monito che rispettosamente ci ricorda che proprio non è più possibile, all’alba del 2021, considerare le persone anziane come “vuoti a perdere”!

L’anziano protagonista

Passiamo così in velocità da “vuoto a perdere” a persona con dei diritti; da persona con dei diritti, a persona che ha ancora delle responsabilità, che può essere ancora attiva e protagonista della propria vita e di quella sociale più in generale.

In questa direzione si muove con particolare efficacia l’Associazione Agorà, delle cui esperienze positive per gli anziani – anche in tempi di pandemia – ci racconta la Presidente Giancarla Milan:

«I pensionati di oggi sono certamente più evoluti», Scrive Milan, «hanno svolto un lavoro utilizzando il computer, si scambiano messaggi e fotografie con lo smartphone, utilizzano Facebook e il navigatore quando guidano.

Ma non han­no ancora sperimentato la fragilità dell’invecchiamen­to, con dei bisogni legati alla nuova identità di anziano, alla salute fisica, agli aspetti sociali, alla paura della solitudine, dell’impoverimento economico, della per­dita di affetti, del non sentirsi più utili, della mancanza di relazioni.

In questo nuovo percorso di formazione psicologi e professionisti insegnano come affrontare la vecchiaia con serenità e senza traumi, proponendo lezioni su tematiche che vanno dal cucinarsi un piatto dietetico alla videoconferenza sulle varie piattaforme, dalla conoscenza dei servizi sociosanitari alla lezione di musica, dalla sessualità all’attività motoria, dalla solidarietà all’aiuto reciproco.

Un’esperienza di grup­po che dà le basi, la capacità e lo stimolo per diventare promotore e generatore di relazioni, dando la possibi­lità di far emergere specifiche abilità e passioni utili per diventare punti di riferimento e organizzatori del benessere comune» (CURA, n. 5, pp. 40-42).

I diritti degli anziani affetti da demenza

E che dire, infine, di tutte quelle persone anziane che sono affette da patologie come la demenza e che non hanno dunque le stesse possibilità degli altri per esercitare i propri diritti?

Su questo tema interviene con chiarezza la dottoressa Cinzia Siviero (Master Metodo Validation), che esordisce semplicemente così: «i diritti degli anziani affetti da demenza non sono diversi o strani, sono i diritti di tutti noi» (CURA, n. 5, pp. 27-28).

Ogni organizzazione e ogni operatore ha dunque il dovere di riconoscere e garantire loro diritti come quello di conservare e sviluppare la propria individualità e li­bertà, del rispetto delle proprie credenze, opinioni e sentimenti, del vedere accettato il proprio “compor­tamento disturbato”.

è fuor di dubbio che sia nostro dovere aiutare le persone con demenza verso una loro migliore integrazione; se mai l’aspetto difficile sta nel come far sì che ciò avvenga.

E proprio di come farlo, ovvero di come superare gli ostacoli che rendono tanto faticose queste azioni, parla Siviero nell’articolo.

Senza dilungarci – e per permettervi di godere della lettura del dossier cartaceo non appena il numero di Marzo vi raggiungerà a casa –  riassumiamo le sue preziose indicazioni in queste due strategie di fondo: affinare l’ascolto e imparare l’accoglienza dell’emozione altrui, qualunque essa sia.

 Auguriamo quindi a ognuno di voi lettori – instancabili e audaci costruttori di un “mondo anziani” migliore – di poter coltivare questa capacità di ascolto e di mantenere viva la vostra sensibilità con la lettura.

Buon viaggio alla scoperta del numero 5 di CURA!

About the Author: Editrice Dapero

Casa Editrice Indipendente per una cultura condivisa nel settore dell’assistenza agli anziani.

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