Abbiamo intervistato Detto Ferrante Anguissola che a 90 anni ha lanciato il suo ultimo album “E la voce va”. “Testimone di invecchiamento attivo? – dice Anguissola – “sì, ma in primo luogo delle passioni”.
Franco Iurlaro (giornalista e consulente per il settore sociosanitario) ha lanciato per rivista CURA online un’iniziativa: l’approfondimento del tema dell’invecchiamento attivo a partire da alcune interviste a VIP e a personaggi influenti della cultura e dell’arte che rappresentano una modalità differente di intendere la terza età.
In questo articolo ha intervistato Detto Ferrante Anguissola, cantante novantenne che ha appena lanciato sul mercato della musica il suo ultimo album “E la voce va“.
“La gente mi chiede il segreto della mia longevità. Forse perché alla mia età la maggior parte della gente si accontenta di giocare a golf. Non fraintendermi, sono un appassionato di golf e gioco ancora bene. Però spesso mi chiedono perché non vado in pensione. Sono una persona curiosa, lo sono sempre stata, mi piace scoprire cose nuove, espandere gli orizzonti. Non fermatevi, non accontentatevi, cercate sempre nuovi stimoli, perché sono quelli che danno la possibilità di rimanere creativi e di continuare a esprimere sé stessi. Io mi diverto ancora a fare film e poi così evito di guardare la mia faccia sullo schermo!”
(Clint Eastwood)
Clint Eastwood. Nato a San Francisco il 31 maggio del 1930, quest’anno ha compiuto 92 anni. Uno tra gli attori, compositori, produttori e registi di maggiore successo del panorama cinematografico mondiale, tutt’ora attivo. Un esempio di invecchiamento attivo degno di nota.
“E la voce va”: il nuovo album di Detto Ferrante Anguissola lanciato a 90 anni. E non si tratta del suo ultimo progetto…
La realtà italiana annovera, tra artisti, studiosi, manager e imprenditori, diverse testimonianze di persone assolutamente attive e propositive, nella loro terza e quarta età.
Iniziamo con un’intervista al decano dei cantautori, Detto Ferrante Anguissola, di cui è uscito recentemente il nuovo album “E La Voce Va” (Terzo Millennio Records), disponibile in fisico e in digitale.
“E La Voce Va” è un disco che racconta le bellezze della vita, i ricordi e le gioie vissute. L’album contiene brani scritti in quasi un secolo ed è fortemente legato all’elemento dell’acqua e alla vela, uno dei suoi grandi hobby.
Detto Ferrante Anguissola: dalla passione per l’elettronica alla musica
Ferrante Anguissola d’Altoè (Detto Ferrante Anguissola è il nome d’arte) nasce novant’anni fa a Cremona da una storica famiglia di origine piacentina, che annovera tra i suoi antenati anche la nota pittrice cinquecentesca Sofonisba Anguissola. Sono il nonno materno e la madre a trasmettergli fin da subito l’amore per la musica. Scrive il primo brano “I Fiumi di Lombardia” all’età di 17 anni, al quale segue “I Pioppi”, un omaggio a quegli alberi molto cari al cantautore, entrambi contenuti per la prima volta nel suo nuovo album “E La Voce Va”.
A 19 anni inizia a viaggiare in autostop con la sua chitarra in tutta Europa. A 27 anni fonda Exhibo, che rappresenta alcune aziende straniere che vendono prodotti elettronici in Italia, tra le quali emerge Sennheiser Electronic GMBH. Inizia a collaborare con la Rai, seguendo personalmente l’installazione tecnica dei microfoni al Festival di Sanremo.
Ma non solo: aiuta l’Aeroporto di Linate a collegare gli aerei in arrivo con largo anticipo e, grazie a innovativi cavi coassiali che fornirà anche alla Rai, sostiene le nuove Radio TV private in crescita e diffonde suggerimenti tecnici oltre a microfoni, cavi, antenne, mixers e molto altro.
Sotto lo pseudonimo di Asterix pubblica l’LP “Poligrafici, Pensionati, Trombai e Santi”. Seguono anni dediti al lavoro con mostre di elettronica nel mondo nelle quali Ferrante ripone passione, sangue e sudore.
Parallelamente si impegna nella promozione della ricerca dei dipinti dispersi e degli studi della sua antenata Sofonisba. Dopo più di 50 anni dalla fondazione di Exhibo, Detto Ferrante Anguissola cede le sue azioni e da quel momento decide di concentrarsi sulla musica. Dopo quasi un decennio pubblica con il suo nome d’arte Detto Ferrante Anguissola il nuovo album “A Occhi Aperti”, incentrato su tematiche sociali. A pochi giorni dal suo novantesimo compleanno pubblica il nuovo album “E la voce va”.
Una vita appassionata, dedicata ai valori in cui credi, alla vela, al rock&roll e alla musica come strumento di comunicazione, di denuncia, di racconto. In tutti questo, oggi a che punto della tua strada pensi di trovarti?
Sto lavorando per completare tutti i testi che ho composto in questi anni. Dopo l’attuale album ho ancora materiale per fare un altro cd e vorrei anche poi cambiare completamente, aggiornare la mia musica. Oggi il mio programma è al 95%; poi certamente sono sempre curioso di vedere come va a finire. A questo punto il coraggio e la possibilità di fare un altro “salto” avanti potrebbero starci.
A chi ti rivolgi quando pensi di fare una nuova proposta musicale? Chi pensi che siano le persone che ti ascolteranno?
Sicuramente a chi ha più di quarant’anni e ai tanti coetanei e amici che mi seguono. La musica, tuttavia, è come l’acqua: un giorno si increspa, un altro giorno fa le onde, un altro è calma, bisogna saperla apprezzarla nelle varie stagioni della vita. Pochi giorni fa ho ascoltato un’opera del Settecento mai sentita prima, con le voci maschili e femminili di egual pregio e valore, diversa però da come si immagina tradizionalmente la musica del Settecento.
Questo per dire che la varietà della musica, come l’acqua, resta sé stessa ma allo stesso tempo cambia colore, cambia forma in base al tempo in cui la si ascolta. La mia musica “matura” e “va di moda” fra le persone che hanno vissuto qualche anno in più della gioventù. Effettivamente io penso agli adulti, a coloro che hanno già bruciato (in senso positivo) l’eccesso di testosterone giovanile per offrire loro un ascolto che timidamente infonda qualche pensiero, qualche idea. Ecco, io sono sempre speranzoso che questo accada.
Come descrivi in sintesi il tuo nuovo progetto, l’album adesso pubblicato, a partire dalle motivazioni che ti sei dato e dalle emozioni che hai raccolto realizzandolo e diffondendolo?
L’album è diviso in due parti, la parte d’acqua e quella di terra. Riguarda la mia infanzia e la mia gioventù nella Pianura Padana, un periodo durante il quale abitavo in una cascina. Ricordandomi quei momenti vedo e sento le foglie che si muovono con il vento, quelle dei pioppi che mi dicono alcune cose. E poi c’è il fiume che scorre, ci sono i corsi d’acqua vicino a casa mia. Accanto un naviglio, la strada che lo accompagna con uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto filari di alberi, gelsi, pioppi, olmi, faggi. E a questi ricordi si aggiunge quello della bicicletta, in particolare quando durante la guerra si andava in gruppo nella cittadina vicina, a Soresina, dove sentivamo arrivare gli aerei.
È bello questo modo di vedere, comune anche a Guccini che racconta dei boschi, delle acque e del Mulino nella sua Pavana del Mulino. Forse l’arte non ha tempo e, come dici tu, è come l’acqua: non ha forma. Tutto quello che si riesce a cogliere nelle sfumature si trasforma in poesia o in musica. Ma parliamo ora della tua età che avanza. Tu, senza volerlo, hai la responsabilità di essere testimone positivo dell’invecchiamento. Come senti i tuoi novant’anni anche rispetto al futuro? Ti senti “vecchio”?
Ecco, quella dell’età è una cosa veramente curiosa, io non ci ho mai pensato, se non vagamente quando mi sono chiesto: “come sarà quando sarò vecchio?”. Onestamente devo dire che il vero richiamo l’ho avuto l’anno scorso, quando mio fratello si è spento. Solo a quel punto ho cominciato a capire che il tempo stava cambiando anche per me.
Tu dici che sono qui come testimone. Forse è vero, ma in primo luogo delle passioni, che sono una grande cosa.
E io devo ringraziare il cielo per avermi fatto curioso, per avermi dato una capacità di innamoramento non fine a sé stessa. Penso alla montagna e poi all’elettronica, che è stata il mio lavoro e anche una delle mie passioni, visto che sono laureato in ambito industriale. Inizialmente ho studiato per poi poter aiutare mio padre, poi ho vissuto dei colori che ogni passione genera, che sono una magnifica medicina per ogni malessere.
Mi stai dicendo una grande cosa, che se siamo capaci di vivere positivamente le nostre emozioni e le nostre passioni, possiamo vivere per sempre, perché ci danno la forza per continuare. Qual è stata la tua prima passione, da giovanissimo?
Scoprire la natura, partendo proprio dai pioppi, perché sono diversi, hanno la foglia tonda e non lanceolata, per cui quando il vento cambia direzione cambiano colore e rumore, ancor di più con il temporale. L’ho osservato e imparato da solo quando avevo quattro o cinque anni. Un insegnamento che mi è servito quando poi sono andato a vela, per capire il vento e quanto può cambiare la tenuta della barca.
Andando oltre la passione. Tu hai usato la parola curiosità e questa, in particolare rispetto alla musica, come ti ha guidato fino ad oggi? Anche ascoltando altri artisti?
Certamente, a partire dai nostri cantautori italiani. Per me Modugno è stato quello che ha segnato un inizio. Ricordo che ero a Bologna in quel tempo e, camminando per le strade per andare al lavoro la mattina, ho sentito che da una finestra veniva fuori la melodia del “Blu dipinto di blu”. Di quella canzone, una volta arrivato al lavoro, ne ho subito discusso con i miei compagni, che mi dicevano che non valeva niente. Da pazzi, perché quella canzone è stata ed è veramente travolgente. Poi ho seguito gli autori della scuola genovese, poi ancora di quella bolognese, a partire da Francesco Guccini.
Non voglio fare nomi per non dimenticare nessuno di quelli che ho sempre ascoltato con molto piacere e curiosità, ma obbligatoriamente devo ricordare Lucio Dalla quando ha scritto “Caruso”. Non mi è comunque mancato l’ascolto dei francesi o dei tedeschi, questi ultimi incredibilmente capaci, nonostante la lingua “dura”, di raccontare l’amore. Bisogna però conoscere per capire.
Mi sembra che la tua curiosità sia più orientata al testo che all’accordo.
È vero. La mia curiosità è ben collocata nel testo. Ad esempio, penso che le canzoni napoletane siano il non plus ultra della scrittura. Ricordando “Il monastero di Santa Chiara” riesci a sentire di essere la campana che suona e senti che questa poesia pervade le parole. Ci vuole rispetto nell’ascoltarla e io sono stato educato per avere rispetto per il prossimo e per le cose a me più prossime.
Però sei più poeta che altro.
Questa è per me una scoperta grandissima, perché io credevo che il poeta della nostra famiglia fosse mio fratello, quello che è mancato. Quando aveva dieci-quindici anni lui scriveva le poesie, poi ha smesso. Io invece ho cominciato a scriverle a 40 anni, guarda un po’.
Concludendo: ti ringrazio, ma ti faccio anche un augurio. Proprio oggi ho scoperto sulla stampa che in Pennsylvania ci sono due autori musicali ultranovantenni che si chiamano Alan R. Tripp e Marvin Weisbord. Il primo addirittura ha 102 anni.
Si sono incontrati in una comunità di pensionati ed ora sono famosi artisti jazz con fan in tutto il paese. Il loro primo album insieme si intitola “Senior Song Book” consiste in una raccolta di otto canzoni che riflettono sull’amore, sulla perdita e sull’invecchiamento, subito andato esaurito. Quindi hai molti anni davanti a te, per i tuoi nuovi progetti.
Ti ringrazio e, curioso come sono, non posso che prenderne nota per trovare l’album e ascoltarlo.
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Abbiamo intervistato Detto Ferrante Anguissola che a 90 anni ha lanciato il suo ultimo album “E la voce va”. “Testimone di invecchiamento attivo? – dice Anguissola – “sì, ma in primo luogo delle passioni”.
Franco Iurlaro (giornalista e consulente per il settore sociosanitario) ha lanciato per rivista CURA online un’iniziativa: l’approfondimento del tema dell’invecchiamento attivo a partire da alcune interviste a VIP e a personaggi influenti della cultura e dell’arte che rappresentano una modalità differente di intendere la terza età.
In questo articolo ha intervistato Detto Ferrante Anguissola, cantante novantenne che ha appena lanciato sul mercato della musica il suo ultimo album “E la voce va“.
“La gente mi chiede il segreto della mia longevità. Forse perché alla mia età la maggior parte della gente si accontenta di giocare a golf. Non fraintendermi, sono un appassionato di golf e gioco ancora bene. Però spesso mi chiedono perché non vado in pensione. Sono una persona curiosa, lo sono sempre stata, mi piace scoprire cose nuove, espandere gli orizzonti. Non fermatevi, non accontentatevi, cercate sempre nuovi stimoli, perché sono quelli che danno la possibilità di rimanere creativi e di continuare a esprimere sé stessi. Io mi diverto ancora a fare film e poi così evito di guardare la mia faccia sullo schermo!”
(Clint Eastwood)
Clint Eastwood. Nato a San Francisco il 31 maggio del 1930, quest’anno ha compiuto 92 anni. Uno tra gli attori, compositori, produttori e registi di maggiore successo del panorama cinematografico mondiale, tutt’ora attivo. Un esempio di invecchiamento attivo degno di nota.
“E la voce va”: il nuovo album di Detto Ferrante Anguissola lanciato a 90 anni. E non si tratta del suo ultimo progetto…
La realtà italiana annovera, tra artisti, studiosi, manager e imprenditori, diverse testimonianze di persone assolutamente attive e propositive, nella loro terza e quarta età.
Iniziamo con un’intervista al decano dei cantautori, Detto Ferrante Anguissola, di cui è uscito recentemente il nuovo album “E La Voce Va” (Terzo Millennio Records), disponibile in fisico e in digitale.
“E La Voce Va” è un disco che racconta le bellezze della vita, i ricordi e le gioie vissute. L’album contiene brani scritti in quasi un secolo ed è fortemente legato all’elemento dell’acqua e alla vela, uno dei suoi grandi hobby.
Detto Ferrante Anguissola: dalla passione per l’elettronica alla musica
Ferrante Anguissola d’Altoè (Detto Ferrante Anguissola è il nome d’arte) nasce novant’anni fa a Cremona da una storica famiglia di origine piacentina, che annovera tra i suoi antenati anche la nota pittrice cinquecentesca Sofonisba Anguissola. Sono il nonno materno e la madre a trasmettergli fin da subito l’amore per la musica. Scrive il primo brano “I Fiumi di Lombardia” all’età di 17 anni, al quale segue “I Pioppi”, un omaggio a quegli alberi molto cari al cantautore, entrambi contenuti per la prima volta nel suo nuovo album “E La Voce Va”.
A 19 anni inizia a viaggiare in autostop con la sua chitarra in tutta Europa. A 27 anni fonda Exhibo, che rappresenta alcune aziende straniere che vendono prodotti elettronici in Italia, tra le quali emerge Sennheiser Electronic GMBH. Inizia a collaborare con la Rai, seguendo personalmente l’installazione tecnica dei microfoni al Festival di Sanremo.
Ma non solo: aiuta l’Aeroporto di Linate a collegare gli aerei in arrivo con largo anticipo e, grazie a innovativi cavi coassiali che fornirà anche alla Rai, sostiene le nuove Radio TV private in crescita e diffonde suggerimenti tecnici oltre a microfoni, cavi, antenne, mixers e molto altro.
Sotto lo pseudonimo di Asterix pubblica l’LP “Poligrafici, Pensionati, Trombai e Santi”. Seguono anni dediti al lavoro con mostre di elettronica nel mondo nelle quali Ferrante ripone passione, sangue e sudore.
Parallelamente si impegna nella promozione della ricerca dei dipinti dispersi e degli studi della sua antenata Sofonisba. Dopo più di 50 anni dalla fondazione di Exhibo, Detto Ferrante Anguissola cede le sue azioni e da quel momento decide di concentrarsi sulla musica. Dopo quasi un decennio pubblica con il suo nome d’arte Detto Ferrante Anguissola il nuovo album “A Occhi Aperti”, incentrato su tematiche sociali. A pochi giorni dal suo novantesimo compleanno pubblica il nuovo album “E la voce va”.
Una vita appassionata, dedicata ai valori in cui credi, alla vela, al rock&roll e alla musica come strumento di comunicazione, di denuncia, di racconto. In tutti questo, oggi a che punto della tua strada pensi di trovarti?
Sto lavorando per completare tutti i testi che ho composto in questi anni. Dopo l’attuale album ho ancora materiale per fare un altro cd e vorrei anche poi cambiare completamente, aggiornare la mia musica. Oggi il mio programma è al 95%; poi certamente sono sempre curioso di vedere come va a finire. A questo punto il coraggio e la possibilità di fare un altro “salto” avanti potrebbero starci.
A chi ti rivolgi quando pensi di fare una nuova proposta musicale? Chi pensi che siano le persone che ti ascolteranno?
Sicuramente a chi ha più di quarant’anni e ai tanti coetanei e amici che mi seguono. La musica, tuttavia, è come l’acqua: un giorno si increspa, un altro giorno fa le onde, un altro è calma, bisogna saperla apprezzarla nelle varie stagioni della vita. Pochi giorni fa ho ascoltato un’opera del Settecento mai sentita prima, con le voci maschili e femminili di egual pregio e valore, diversa però da come si immagina tradizionalmente la musica del Settecento.
Questo per dire che la varietà della musica, come l’acqua, resta sé stessa ma allo stesso tempo cambia colore, cambia forma in base al tempo in cui la si ascolta. La mia musica “matura” e “va di moda” fra le persone che hanno vissuto qualche anno in più della gioventù. Effettivamente io penso agli adulti, a coloro che hanno già bruciato (in senso positivo) l’eccesso di testosterone giovanile per offrire loro un ascolto che timidamente infonda qualche pensiero, qualche idea. Ecco, io sono sempre speranzoso che questo accada.
Come descrivi in sintesi il tuo nuovo progetto, l’album adesso pubblicato, a partire dalle motivazioni che ti sei dato e dalle emozioni che hai raccolto realizzandolo e diffondendolo?
L’album è diviso in due parti, la parte d’acqua e quella di terra. Riguarda la mia infanzia e la mia gioventù nella Pianura Padana, un periodo durante il quale abitavo in una cascina. Ricordandomi quei momenti vedo e sento le foglie che si muovono con il vento, quelle dei pioppi che mi dicono alcune cose. E poi c’è il fiume che scorre, ci sono i corsi d’acqua vicino a casa mia. Accanto un naviglio, la strada che lo accompagna con uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto filari di alberi, gelsi, pioppi, olmi, faggi. E a questi ricordi si aggiunge quello della bicicletta, in particolare quando durante la guerra si andava in gruppo nella cittadina vicina, a Soresina, dove sentivamo arrivare gli aerei.
È bello questo modo di vedere, comune anche a Guccini che racconta dei boschi, delle acque e del Mulino nella sua Pavana del Mulino. Forse l’arte non ha tempo e, come dici tu, è come l’acqua: non ha forma. Tutto quello che si riesce a cogliere nelle sfumature si trasforma in poesia o in musica. Ma parliamo ora della tua età che avanza. Tu, senza volerlo, hai la responsabilità di essere testimone positivo dell’invecchiamento. Come senti i tuoi novant’anni anche rispetto al futuro? Ti senti “vecchio”?
Ecco, quella dell’età è una cosa veramente curiosa, io non ci ho mai pensato, se non vagamente quando mi sono chiesto: “come sarà quando sarò vecchio?”. Onestamente devo dire che il vero richiamo l’ho avuto l’anno scorso, quando mio fratello si è spento. Solo a quel punto ho cominciato a capire che il tempo stava cambiando anche per me.
Tu dici che sono qui come testimone. Forse è vero, ma in primo luogo delle passioni, che sono una grande cosa.
E io devo ringraziare il cielo per avermi fatto curioso, per avermi dato una capacità di innamoramento non fine a sé stessa. Penso alla montagna e poi all’elettronica, che è stata il mio lavoro e anche una delle mie passioni, visto che sono laureato in ambito industriale. Inizialmente ho studiato per poi poter aiutare mio padre, poi ho vissuto dei colori che ogni passione genera, che sono una magnifica medicina per ogni malessere.
Mi stai dicendo una grande cosa, che se siamo capaci di vivere positivamente le nostre emozioni e le nostre passioni, possiamo vivere per sempre, perché ci danno la forza per continuare. Qual è stata la tua prima passione, da giovanissimo?
Scoprire la natura, partendo proprio dai pioppi, perché sono diversi, hanno la foglia tonda e non lanceolata, per cui quando il vento cambia direzione cambiano colore e rumore, ancor di più con il temporale. L’ho osservato e imparato da solo quando avevo quattro o cinque anni. Un insegnamento che mi è servito quando poi sono andato a vela, per capire il vento e quanto può cambiare la tenuta della barca.
Andando oltre la passione. Tu hai usato la parola curiosità e questa, in particolare rispetto alla musica, come ti ha guidato fino ad oggi? Anche ascoltando altri artisti?
Certamente, a partire dai nostri cantautori italiani. Per me Modugno è stato quello che ha segnato un inizio. Ricordo che ero a Bologna in quel tempo e, camminando per le strade per andare al lavoro la mattina, ho sentito che da una finestra veniva fuori la melodia del “Blu dipinto di blu”. Di quella canzone, una volta arrivato al lavoro, ne ho subito discusso con i miei compagni, che mi dicevano che non valeva niente. Da pazzi, perché quella canzone è stata ed è veramente travolgente. Poi ho seguito gli autori della scuola genovese, poi ancora di quella bolognese, a partire da Francesco Guccini.
Non voglio fare nomi per non dimenticare nessuno di quelli che ho sempre ascoltato con molto piacere e curiosità, ma obbligatoriamente devo ricordare Lucio Dalla quando ha scritto “Caruso”. Non mi è comunque mancato l’ascolto dei francesi o dei tedeschi, questi ultimi incredibilmente capaci, nonostante la lingua “dura”, di raccontare l’amore. Bisogna però conoscere per capire.
Mi sembra che la tua curiosità sia più orientata al testo che all’accordo.
È vero. La mia curiosità è ben collocata nel testo. Ad esempio, penso che le canzoni napoletane siano il non plus ultra della scrittura. Ricordando “Il monastero di Santa Chiara” riesci a sentire di essere la campana che suona e senti che questa poesia pervade le parole. Ci vuole rispetto nell’ascoltarla e io sono stato educato per avere rispetto per il prossimo e per le cose a me più prossime.
Però sei più poeta che altro.
Questa è per me una scoperta grandissima, perché io credevo che il poeta della nostra famiglia fosse mio fratello, quello che è mancato. Quando aveva dieci-quindici anni lui scriveva le poesie, poi ha smesso. Io invece ho cominciato a scriverle a 40 anni, guarda un po’.
Concludendo: ti ringrazio, ma ti faccio anche un augurio. Proprio oggi ho scoperto sulla stampa che in Pennsylvania ci sono due autori musicali ultranovantenni che si chiamano Alan R. Tripp e Marvin Weisbord. Il primo addirittura ha 102 anni.
Si sono incontrati in una comunità di pensionati ed ora sono famosi artisti jazz con fan in tutto il paese. Il loro primo album insieme si intitola “Senior Song Book” consiste in una raccolta di otto canzoni che riflettono sull’amore, sulla perdita e sull’invecchiamento, subito andato esaurito. Quindi hai molti anni davanti a te, per i tuoi nuovi progetti.
Ti ringrazio e, curioso come sono, non posso che prenderne nota per trovare l’album e ascoltarlo.
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