Veronica Bonicalzi dirige l’RSA Sant’Antonio di Barzio (LC), una piccola struttura di 40 posti letto, fortemente orientata al senso di comunità e di apertura al territorio circostante. Questa filosofia si riflette nel modo stesso in cui la direttrice interpreta il proprio ruolo e in particolare nell’impegno che profonde nel coltivare la relazione con le famiglie. La sua testimonianza può essere d’ispirazione per tutti i professionisti che si interfacciano con i familiari, in favore di una comunicazione con loro che possa essere più diretta, costante e, quando possibile, più informale.
Coltivare la relazione con le famiglie
Il mio percorso come direttrice di RSA è iniziato 15 anni fa, e nel tempo ho imparato quanto sia fondamentale il rapporto con le famiglie: vivo il mio ruolo non solo come gestione, organizzazione, risoluzione di problemi quotidiani, ma anche come gestione delle relazioni.
In questi anni ho imparato che accogliere una persona anziana significa accogliere anche la sua famiglia, con le sue emozioni, le sue aspettative e le sue paure.
All’inizio della mia esperienza entravo in punta di piedi nel rapporto con i parenti, forse per inesperienza, forse per un po’ di timidezza.
Sentivo il peso della responsabilità di chi si trova a gestire una fase così delicata della vita di una persona e di chi le sta accanto.
Poi, con il tempo, ho compreso che le famiglie hanno bisogno di un punto di riferimento solido, qualcuno su cui contare, che sappia ascoltare, rispondere con sincerità e, quando necessario, orientarle nei momenti difficili.
La mail del venerdì
Negli ultimi anni, soprattutto con l’arrivo del Covid, questa consapevolezza si è fatta ancora più forte.
Il distacco forzato dagli affetti ha reso ancora più evidente quanto fosse necessario mantenere un legame con i familiari, un ponte che li facesse sentire comunque parte della vita dei loro cari.
Così è nata, quasi per caso, la “mail del venerdì”: un aggiornamento, un pensiero, un modo per dire “ci siamo, siamo qui”.
Dal 28 febbraio 2020, quella mail è diventata un appuntamento fisso, un rito.
Alcuni familiari hanno scelto di continuare a riceverla anche quando i loro cari sono mancati, perché in qualche modo quel filo di comunicazione li lega ancora alla RSA, ai ricordi, alla comunità che hanno vissuto.
Una comunicazione aperta e quotidiana
Anche la gestione della comunicazione è cambiata.
Se un tempo le riunioni con i parenti sembravano somigliare a quelle di un condominio, con il rischio di accumulare critiche e tensioni, oggi ci sono strumenti più frequenti e diretti che favoriscono un dialogo costante e costruttivo.
Attraverso la mail vengono inviate comunicazioni periodiche alle famiglie, creando un filo diretto di aggiornamento e trasparenza. Allo stesso tempo, invitiamo i parenti a scriverci via mail in caso di necessità o per qualsiasi chiarimento.
Abbiamo anche introdotto una cassetta per raccogliere suggerimenti e segnalazioni. Un tempo si trattava esclusivamente della “cassetta dei reclami”, ma questo spesso portava a un accumulo di lamentele senza un vero confronto. Oggi, invece, lo spazio è aperto anche ai suggerimenti migliorativi, favorendo un approccio più equilibrato e costruttivo.
Infine, abbiamo reso possibile il contatto anche tramite WhatsApp, per una comunicazione più diretta e quotidiana.
Questo permette ai familiari di sentirsi sempre aggiornati e di avere un canale di dialogo aperto con noi, rafforzando ulteriormente il rapporto di fiducia tra la RSA e le famiglie.
Il potere della comunicazione informale
Tutto questo permette un confronto più sereno, continuo, in cui c’è spazio per le cose belle, per ciò che funziona, ma anche per comprendere insieme cosa può essere migliorato e cosa invece, per limiti concreti, non è realizzabile.
Molte volte, mi siedo con alcuni di loro, per un caffè, una chiacchiera, un confronto. È in quei momenti che emergono spunti preziosi per migliorare la gestione della RSA.
Altre volte è un’occasione per spiegare perché alcune richieste, pur nella loro bellezza, non sono semplici da realizzare.
Mi è capitato, ad esempio, che qualcuno desiderasse un grande concerto di un cantante famoso. Un’idea splendida, ma complessa per una struttura piccola come la nostra.
Ogni realtà ha la sua dimensione, i suoi equilibri, e trovare soluzioni sostenibili è una sfida quotidiana.
L’RSA come luogo di accoglienza
Il rapporto con i familiari è un aspetto che ho imparato a coltivare con dedizione.
È faticoso, certo, perché spesso accompagniamo insieme momenti difficili, di sofferenza, di distacco. Ma è anche profondamente umano e necessario.
Perché dietro ogni persona anziana c’è una storia che continua a vivere nel cuore di chi le vuole bene.
E perché solo costruendo insieme, con fiducia e ascolto, possiamo rendere la RSA un luogo non solo di assistenza, ma di vera accoglienza.

In foto di copertina: la vista panoramica dalla RSA S. Antonio sulla Grigna, massiccio montuoso alpino, in provincia di Lecco.
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Veronica Bonicalzi dirige l’RSA Sant’Antonio di Barzio (LC), una piccola struttura di 40 posti letto, fortemente orientata al senso di comunità e di apertura al territorio circostante. Questa filosofia si riflette nel modo stesso in cui la direttrice interpreta il proprio ruolo e in particolare nell’impegno che profonde nel coltivare la relazione con le famiglie. La sua testimonianza può essere d’ispirazione per tutti i professionisti che si interfacciano con i familiari, in favore di una comunicazione con loro che possa essere più diretta, costante e, quando possibile, più informale.
Coltivare la relazione con le famiglie
Il mio percorso come direttrice di RSA è iniziato 15 anni fa, e nel tempo ho imparato quanto sia fondamentale il rapporto con le famiglie: vivo il mio ruolo non solo come gestione, organizzazione, risoluzione di problemi quotidiani, ma anche come gestione delle relazioni.
In questi anni ho imparato che accogliere una persona anziana significa accogliere anche la sua famiglia, con le sue emozioni, le sue aspettative e le sue paure.
All’inizio della mia esperienza entravo in punta di piedi nel rapporto con i parenti, forse per inesperienza, forse per un po’ di timidezza.
Sentivo il peso della responsabilità di chi si trova a gestire una fase così delicata della vita di una persona e di chi le sta accanto.
Poi, con il tempo, ho compreso che le famiglie hanno bisogno di un punto di riferimento solido, qualcuno su cui contare, che sappia ascoltare, rispondere con sincerità e, quando necessario, orientarle nei momenti difficili.
La mail del venerdì
Negli ultimi anni, soprattutto con l’arrivo del Covid, questa consapevolezza si è fatta ancora più forte.
Il distacco forzato dagli affetti ha reso ancora più evidente quanto fosse necessario mantenere un legame con i familiari, un ponte che li facesse sentire comunque parte della vita dei loro cari.
Così è nata, quasi per caso, la “mail del venerdì”: un aggiornamento, un pensiero, un modo per dire “ci siamo, siamo qui”.
Dal 28 febbraio 2020, quella mail è diventata un appuntamento fisso, un rito.
Alcuni familiari hanno scelto di continuare a riceverla anche quando i loro cari sono mancati, perché in qualche modo quel filo di comunicazione li lega ancora alla RSA, ai ricordi, alla comunità che hanno vissuto.
Una comunicazione aperta e quotidiana
Anche la gestione della comunicazione è cambiata.
Se un tempo le riunioni con i parenti sembravano somigliare a quelle di un condominio, con il rischio di accumulare critiche e tensioni, oggi ci sono strumenti più frequenti e diretti che favoriscono un dialogo costante e costruttivo.
Attraverso la mail vengono inviate comunicazioni periodiche alle famiglie, creando un filo diretto di aggiornamento e trasparenza. Allo stesso tempo, invitiamo i parenti a scriverci via mail in caso di necessità o per qualsiasi chiarimento.
Abbiamo anche introdotto una cassetta per raccogliere suggerimenti e segnalazioni. Un tempo si trattava esclusivamente della “cassetta dei reclami”, ma questo spesso portava a un accumulo di lamentele senza un vero confronto. Oggi, invece, lo spazio è aperto anche ai suggerimenti migliorativi, favorendo un approccio più equilibrato e costruttivo.
Infine, abbiamo reso possibile il contatto anche tramite WhatsApp, per una comunicazione più diretta e quotidiana.
Questo permette ai familiari di sentirsi sempre aggiornati e di avere un canale di dialogo aperto con noi, rafforzando ulteriormente il rapporto di fiducia tra la RSA e le famiglie.
Il potere della comunicazione informale
Tutto questo permette un confronto più sereno, continuo, in cui c’è spazio per le cose belle, per ciò che funziona, ma anche per comprendere insieme cosa può essere migliorato e cosa invece, per limiti concreti, non è realizzabile.
Molte volte, mi siedo con alcuni di loro, per un caffè, una chiacchiera, un confronto. È in quei momenti che emergono spunti preziosi per migliorare la gestione della RSA.
Altre volte è un’occasione per spiegare perché alcune richieste, pur nella loro bellezza, non sono semplici da realizzare.
Mi è capitato, ad esempio, che qualcuno desiderasse un grande concerto di un cantante famoso. Un’idea splendida, ma complessa per una struttura piccola come la nostra.
Ogni realtà ha la sua dimensione, i suoi equilibri, e trovare soluzioni sostenibili è una sfida quotidiana.
L’RSA come luogo di accoglienza
Il rapporto con i familiari è un aspetto che ho imparato a coltivare con dedizione.
È faticoso, certo, perché spesso accompagniamo insieme momenti difficili, di sofferenza, di distacco. Ma è anche profondamente umano e necessario.
Perché dietro ogni persona anziana c’è una storia che continua a vivere nel cuore di chi le vuole bene.
E perché solo costruendo insieme, con fiducia e ascolto, possiamo rendere la RSA un luogo non solo di assistenza, ma di vera accoglienza.

In foto di copertina: la vista panoramica dalla RSA S. Antonio sulla Grigna, massiccio montuoso alpino, in provincia di Lecco.