L’abitare multigenerazionale si realizza mettendo insieme Silver e Millennial per disegnare la casa di domani e ormai sembra non si possa più rimandare
Di Giuseppe Panebianco (Architetto)
Nulla sarà più come prima: è stato il mantra che ci ha accompagnato in questi difficili mesi di convivenza forzata con il COVID, nostro nuovo “compagno” di vita. Abbiamo capito da subito che il virus non ci avrebbe lasciato in tempi rapidi e che ci sarebbe voluto molto tempo per ricostruire una nuova normalità nelle nostre vite.
La convivenza ci ha richiesto sacrifici importanti che hanno reso necessario ripensare a nuove modalità di interazione sociale, anche attraverso gli strumenti di comunicazione digitale, e a guardare con occhi diversi i luoghi in cui abitiamo rivalutando la necessità di case più ampie e con ambienti flessibili. Siamo ritornati a porre l’attenzione per la qualità della vita, su come dovrebbero essere le nostre case, su quali immobili investire nell’ottica di un nuovo welfare familiare e di vicinato.
Una progettazione che guarda alle necessità delle diverse generazioni
Ambienti progettati con più attenzione alle necessità delle persone avrebbero potuto mitigare il disagio che i più anziani hanno dovuto subire. Ma anche i giovani, pur con le dovute differenze, si sono trovati costretti a una dimensione di vita inusuale e limitante, nel momento più importante della loro crescita personale, pur potendo attivare nuove modalità di interazione di tipo virtuale.
L’importanza dell’abitare multigenerazionale la si vede proprio grazie a questa capacità: i cosiddetti Millennial sono stati capaci di traghettare i più anziani verso una nuova dimensione relazionale, insegnando loro l’utilizzo degli strumenti digitali e facendo comprendere che, a volte, è possibile sentirsi in compagnia pur restando chiusi in casa da soli.
Se consideriamo che una simile pandemia rischia di protrarsi notevolmente nel tempo e che tale situazione potrebbe ripresentarsi in futuro anche con maggior frequenza, dobbiamo riflettere seriamente sul futuro dell’abitare. Ci troviamo davanti a una grande sfida: la necessità di offrire un’alternativa residenziale alle proposte di cura e assistenza sanitaria oggi disponibili per gli anziani, anche nell’ottica di un incremento della popolazione over 65 e delle crescenti e differenziate necessità.
Come il covid-19 spinge verso un’idea di abitare multigenerazionale
Il Covid non ha fatto altro che accelerare dinamiche già in essere e la domanda di abitazioni si è rapidamente indirizzata verso la ricerca di spazi interni più ampi, spazi esterni vivibili, destinazioni d’uso più flessibili, scontrandosi però contro un’offerta immobiliare vetusta e inadeguata per dimensioni e qualità costruttiva e spesso collocata in contesti urbani privi di una vera rete di servizi di vicinato.
La capacità, tutta italiana, di investire nella casa di proprietà (quasi l’80% possiede una casa di proprietà) rischia di diventare un grande ostacolo nel momento in cui il potere d’acquisto delle famiglie non consente di rinnovare la propria abitazione per rispondere alle necessità degli occupanti nelle diverse fasi della vita.
Nel frattempo abbiamo frantumato il nostro patrimonio immobiliare in minuscole celle abitative seguendo il miraggio della grande redditività del patrimonio immobiliare. Si è persa quella potenzialità di trasformazione della casa in base alle mutate esigenze delle famiglie che erano capaci di ospitare nel tempo figli, genitori anziani, parenti o amici.
Verso abitazioni più flessibili
Serve recuperare quella flessibilità d’uso delle abitazioni che dia un’alternativa di vita alle persone che vivono più a lungo, accompagnandole nella graduale ma inevitabile perdita di sicurezza e autonomia, ma anche per offrire una valida soluzione a quei giovani che guardano con curiosità ai nuovi modelli legati allo home sharing e al cohousing nelle sue molteplici forme.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già da tempo avviato un programma di politiche finalizzate ad incentivare la realizzazione di ambienti “all-age-friendly” per favorire la realizzazione di ambienti di vita validi per tutte le fasi della vita.
Ikea, colosso dell’arredamento, ha portato avanti un’interessante analisi di come sia cambiato nel tempo il modo di abitare, mettendo al centro dell’attenzione le nuove dinamiche intergenerazionali attraverso una interessante lettura antropologica dell’abitare.
L’approccio multigenerazionale ha già dato origine, in tutto il mondo, a diverse esperienze basate su modalità collaborative, di condivisione e di convivenza secondo diversi gradi di autonomia e aggregazione, passando dal co-living a “villaggi ideali” per l’abitare multigenerazionale.
Vivere nella casa più adatta
I tempi sono ormai maturi per un cambio culturale. Oggi è possibile garantire agli anziani il diritto di vivere nella casa scelta e la possibilità di viverci per tutto il tempo che desiderano, modificando e implementando la casa anche con l’uso della tecnologia. A questo proposito, ho già parlato in un precedente articolo qui su cura, delle nuove esigenze e possibilità abitative per una società che vive più a lungo.
Oggi ci sono le condizioni per individuare alternative al modello economico legato alla proprietà dell’immobile, abbracciando soluzioni innovative legate all’aggregazione e alla condivisione (home sharing), costruendo un nuovo modello immobiliare che nel “valore” dell’abitazione contabilizzi anche variabili quali il contesto sociale, le dotazioni di servizi alla persona e, in senso lato, la capacità della casa di rispondere a specifiche esigenze dei suoi occupanti e di mettersi in relazione con il contesto.
È questo il momento di progettare insieme un nuovo modo di abitare multigenerazionale perché, come afferma l’architetto Caroline Dove, “Pianificare di stare insieme è meglio che essere costretti a stare insieme”.
Esempi e sperimentazioni
Alcune proposte per l’abitare multigenerazionale sono costituite da abitazioni totalmente autonome ma raggruppate in immobili che favoriscono la condivisione di spazi, consentendo al tempo stesso alle persone di vivere senza vincoli nel proprio appartamento.
Una diversa soluzione è quella del co-living, spesso in combinazione con spazi di lavoro; l’idea è quella di vivere con persone che condividono uno stile di vita comune e consentire lo sviluppo dell’espressione creativa. Solitamente in tali contesti sono presenti servizi comuni quali sale riunioni, palestre, lavanderie ed è una soluzione che si rivolge non solo ai più giovani ma anche agli anziani che apprezzino la possibilità di condividere momenti della loro giornata con altre persone.
Esistono poi vere e proprie abitazioni intergenerazionali con offerta di servizi e assistenza alla persona. Si tratta di un insieme di appartamenti solitamente collocati in posizione centrale dei centri abitati e quindi comode ai servizi urbani e alle infrastrutture, rendendo gli alloggi attraenti per tutte le età.
La maggior parte degli alloggi ha dotazioni pensate per facilitare la vita degli anziani o comunque accessibili e tecnologicamente avanzate; inoltre gli abitanti hanno accesso a servizi condivisi con case di cura vicine come pulizie, acquisti, assistenza a domicilio e assistenza a lungo termine. Si tratta di una soluzione ottimale per gli anziani che vogliono sfuggire allo stereotipo della casa di cura e invecchiare nel proprio appartamento con il più elevato livello di autonomia.
Sono state progettate anche soluzioni più avveniristiche e adatte a contesti urbani di grandi dimensioni, come il complesso Kampung Admiralty a Singapore, pensato come luogo ideale per l’invecchiamento. Si tratta di un complesso con circa 100 alloggi progettati per gli anziani, un centro medico, una farmacia, palestre, mercato con oltre 40 banchi alimentari e un asilo con 200 posti per ospitare insieme giovani e anziani. Il tentativo è quello di ricreare una sorta di “città ideale” raccogliendo in un unico posto i vantaggi delle tecnologie avanzate e il fascino della comunità di un vecchio borgo.
Una soluzione molto interessante è rappresentata da una nuova tendenza diffusa nel Regno Unito e in Australia, dove è frequente avere piccole dependance nel giardino che vengono adibite a mini alloggi con servizio, adatte a garantire una prima indipendenza ai giovani; quando i ragazzi decidono di lasciare casa, la cosiddetta “casa del laureato”, il luogo ideale per ospitare i nonni che hanno bisogno di supporto.
Esistono infine approcci di tipo urbanistico che guardano con attenzione alla necessità di ricostruire a livello di quartiere una adeguata rete di servizi facilmente raggiungibili a piedi.
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L’abitare multigenerazionale si realizza mettendo insieme Silver e Millennial per disegnare la casa di domani e ormai sembra non si possa più rimandare
Di Giuseppe Panebianco (Architetto)
Nulla sarà più come prima: è stato il mantra che ci ha accompagnato in questi difficili mesi di convivenza forzata con il COVID, nostro nuovo “compagno” di vita. Abbiamo capito da subito che il virus non ci avrebbe lasciato in tempi rapidi e che ci sarebbe voluto molto tempo per ricostruire una nuova normalità nelle nostre vite.
La convivenza ci ha richiesto sacrifici importanti che hanno reso necessario ripensare a nuove modalità di interazione sociale, anche attraverso gli strumenti di comunicazione digitale, e a guardare con occhi diversi i luoghi in cui abitiamo rivalutando la necessità di case più ampie e con ambienti flessibili. Siamo ritornati a porre l’attenzione per la qualità della vita, su come dovrebbero essere le nostre case, su quali immobili investire nell’ottica di un nuovo welfare familiare e di vicinato.
Una progettazione che guarda alle necessità delle diverse generazioni
Ambienti progettati con più attenzione alle necessità delle persone avrebbero potuto mitigare il disagio che i più anziani hanno dovuto subire. Ma anche i giovani, pur con le dovute differenze, si sono trovati costretti a una dimensione di vita inusuale e limitante, nel momento più importante della loro crescita personale, pur potendo attivare nuove modalità di interazione di tipo virtuale.
L’importanza dell’abitare multigenerazionale la si vede proprio grazie a questa capacità: i cosiddetti Millennial sono stati capaci di traghettare i più anziani verso una nuova dimensione relazionale, insegnando loro l’utilizzo degli strumenti digitali e facendo comprendere che, a volte, è possibile sentirsi in compagnia pur restando chiusi in casa da soli.
Se consideriamo che una simile pandemia rischia di protrarsi notevolmente nel tempo e che tale situazione potrebbe ripresentarsi in futuro anche con maggior frequenza, dobbiamo riflettere seriamente sul futuro dell’abitare. Ci troviamo davanti a una grande sfida: la necessità di offrire un’alternativa residenziale alle proposte di cura e assistenza sanitaria oggi disponibili per gli anziani, anche nell’ottica di un incremento della popolazione over 65 e delle crescenti e differenziate necessità.
Come il covid-19 spinge verso un’idea di abitare multigenerazionale
Il Covid non ha fatto altro che accelerare dinamiche già in essere e la domanda di abitazioni si è rapidamente indirizzata verso la ricerca di spazi interni più ampi, spazi esterni vivibili, destinazioni d’uso più flessibili, scontrandosi però contro un’offerta immobiliare vetusta e inadeguata per dimensioni e qualità costruttiva e spesso collocata in contesti urbani privi di una vera rete di servizi di vicinato.
La capacità, tutta italiana, di investire nella casa di proprietà (quasi l’80% possiede una casa di proprietà) rischia di diventare un grande ostacolo nel momento in cui il potere d’acquisto delle famiglie non consente di rinnovare la propria abitazione per rispondere alle necessità degli occupanti nelle diverse fasi della vita.
Nel frattempo abbiamo frantumato il nostro patrimonio immobiliare in minuscole celle abitative seguendo il miraggio della grande redditività del patrimonio immobiliare. Si è persa quella potenzialità di trasformazione della casa in base alle mutate esigenze delle famiglie che erano capaci di ospitare nel tempo figli, genitori anziani, parenti o amici.
Verso abitazioni più flessibili
Serve recuperare quella flessibilità d’uso delle abitazioni che dia un’alternativa di vita alle persone che vivono più a lungo, accompagnandole nella graduale ma inevitabile perdita di sicurezza e autonomia, ma anche per offrire una valida soluzione a quei giovani che guardano con curiosità ai nuovi modelli legati allo home sharing e al cohousing nelle sue molteplici forme.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già da tempo avviato un programma di politiche finalizzate ad incentivare la realizzazione di ambienti “all-age-friendly” per favorire la realizzazione di ambienti di vita validi per tutte le fasi della vita.
Ikea, colosso dell’arredamento, ha portato avanti un’interessante analisi di come sia cambiato nel tempo il modo di abitare, mettendo al centro dell’attenzione le nuove dinamiche intergenerazionali attraverso una interessante lettura antropologica dell’abitare.
L’approccio multigenerazionale ha già dato origine, in tutto il mondo, a diverse esperienze basate su modalità collaborative, di condivisione e di convivenza secondo diversi gradi di autonomia e aggregazione, passando dal co-living a “villaggi ideali” per l’abitare multigenerazionale.
Vivere nella casa più adatta
I tempi sono ormai maturi per un cambio culturale. Oggi è possibile garantire agli anziani il diritto di vivere nella casa scelta e la possibilità di viverci per tutto il tempo che desiderano, modificando e implementando la casa anche con l’uso della tecnologia. A questo proposito, ho già parlato in un precedente articolo qui su cura, delle nuove esigenze e possibilità abitative per una società che vive più a lungo.
Oggi ci sono le condizioni per individuare alternative al modello economico legato alla proprietà dell’immobile, abbracciando soluzioni innovative legate all’aggregazione e alla condivisione (home sharing), costruendo un nuovo modello immobiliare che nel “valore” dell’abitazione contabilizzi anche variabili quali il contesto sociale, le dotazioni di servizi alla persona e, in senso lato, la capacità della casa di rispondere a specifiche esigenze dei suoi occupanti e di mettersi in relazione con il contesto.
È questo il momento di progettare insieme un nuovo modo di abitare multigenerazionale perché, come afferma l’architetto Caroline Dove, “Pianificare di stare insieme è meglio che essere costretti a stare insieme”.
Esempi e sperimentazioni
Alcune proposte per l’abitare multigenerazionale sono costituite da abitazioni totalmente autonome ma raggruppate in immobili che favoriscono la condivisione di spazi, consentendo al tempo stesso alle persone di vivere senza vincoli nel proprio appartamento.
Una diversa soluzione è quella del co-living, spesso in combinazione con spazi di lavoro; l’idea è quella di vivere con persone che condividono uno stile di vita comune e consentire lo sviluppo dell’espressione creativa. Solitamente in tali contesti sono presenti servizi comuni quali sale riunioni, palestre, lavanderie ed è una soluzione che si rivolge non solo ai più giovani ma anche agli anziani che apprezzino la possibilità di condividere momenti della loro giornata con altre persone.
Esistono poi vere e proprie abitazioni intergenerazionali con offerta di servizi e assistenza alla persona. Si tratta di un insieme di appartamenti solitamente collocati in posizione centrale dei centri abitati e quindi comode ai servizi urbani e alle infrastrutture, rendendo gli alloggi attraenti per tutte le età.
La maggior parte degli alloggi ha dotazioni pensate per facilitare la vita degli anziani o comunque accessibili e tecnologicamente avanzate; inoltre gli abitanti hanno accesso a servizi condivisi con case di cura vicine come pulizie, acquisti, assistenza a domicilio e assistenza a lungo termine. Si tratta di una soluzione ottimale per gli anziani che vogliono sfuggire allo stereotipo della casa di cura e invecchiare nel proprio appartamento con il più elevato livello di autonomia.
Sono state progettate anche soluzioni più avveniristiche e adatte a contesti urbani di grandi dimensioni, come il complesso Kampung Admiralty a Singapore, pensato come luogo ideale per l’invecchiamento. Si tratta di un complesso con circa 100 alloggi progettati per gli anziani, un centro medico, una farmacia, palestre, mercato con oltre 40 banchi alimentari e un asilo con 200 posti per ospitare insieme giovani e anziani. Il tentativo è quello di ricreare una sorta di “città ideale” raccogliendo in un unico posto i vantaggi delle tecnologie avanzate e il fascino della comunità di un vecchio borgo.
Una soluzione molto interessante è rappresentata da una nuova tendenza diffusa nel Regno Unito e in Australia, dove è frequente avere piccole dependance nel giardino che vengono adibite a mini alloggi con servizio, adatte a garantire una prima indipendenza ai giovani; quando i ragazzi decidono di lasciare casa, la cosiddetta “casa del laureato”, il luogo ideale per ospitare i nonni che hanno bisogno di supporto.
Esistono infine approcci di tipo urbanistico che guardano con attenzione alla necessità di ricostruire a livello di quartiere una adeguata rete di servizi facilmente raggiungibili a piedi.
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