Premessa

È inevitabile, per il lavoro che svolgo, dovermi confrontare con la morte di una persona cara. Dire “un’anziana” sarebbe riduttivo. Dire di essere entrato subito in empatia con lei sarebbe una menzogna. Dire di averla cercata sarebbe una forzatura.

Eppure Enrica è entrata nella mia vita di operatore col suo fare pungente e irriverente. Ci siamo scoperti poco alla volta, trovandoci a nostro agio sullo sconfinato piano dell’ironia. E lì la sua scortesia, la mancanza di tatto e il voler apparire si attenuavano lasciando spazio persino alla visione delle sue fragilità e del suo animo dal cuore sensibile.

A lei ho dedicato la lettera che ora leggerai. Lettera che ho scritto non come educatore, ma come persona che ha incontrato una bella persona.

La condivido non perché sia una bella storia, ma per il solo fatto che è una storia. Per questo ha in sé la dignità di poter essere narrata e di dover essere accolta. Grazie per la tua lettura.

A Enrica

È difficile scriverti, perché siamo abituati a dirci le cose, a parlare. Anche se a pensarci il più delle volte ci basta uno sguardo, un sorriso dei nostri e ci siamo raccontati più di tanti prolissi e noiosi dialoghi. Ma ora ne ho necessità.

Ho un fastidioso desiderio di scrivere questa lettera, quasi un prurito esistenziale; forse per sentirti più vicina.

All’inizio non mi eri nemmeno simpatica, sai? Ci è voluto un po’ di tempo per comprendere che quel tuo fare diretto e spigoloso era un modo per difenderti da quello che ancora non comprendevi appieno. Poi una battuta, un cenno d’intesa durante un momento di vita noiosa e tutto ha iniziato a prendere una piega diversa. Ci siamo trovati, forse per affinità o forse perché in quell’istante risuonavamo della medesima musica. Ci chiamiamo con un soprannome irreverente, solo nostro. La gente non capisce, ma a noi non importa poi molto… è un modo semplice per rinnovare il nostro legame.

Solo ora che ho creato il doveroso incipit posso chiamarti per nome: Enrica.

Sai Enrica, ho imparato ad apprezzarti un po’ alla volta… sei come lo zenzero che non si può gustare a grandi morsi, ma solo a piccole dosi. Così sei tu, capace di dar sapore alla vita con una nota pungente, ma al contempo aromatica, con un retrogusto di agrumi. Non sei proprio per tutti…

Non si può non notarti, nonostante tu sia di aspetto minuto, perché hai in te un’energia unica. Tante passioni ti contraddistinguono… dal ballo, alla buona tavola ma soprattutto il desiderio di stare in compagnia. Ami la gente nonostante il tuo essere diretta non vada a genio a tutti. Ma con te è così: prendere o lasciare.

Ami il mare, ma non quello in cui ti siedi in spiaggia e ascolti al tramonto il racconto delle onde; no, tu ami il mare che è là, mentre ti agiti in discoteca. Ami assaporare la vita, quella che profuma di libertà, quella a tinte vivaci. Quella che ti spinge oltre i limiti, ma senza calpestare troppo i tuoi valori. Mi piace quando indossi il rossetto, quando ti trucchi dentro un piccolo cerchio, uno specchio che ridona solo una parte della tua enorme personalità.

Le tue tante speranze… Tanta energia alla fine si è dovuta confrontare con la malattia. Una malattia che porta lacci di dolore fisico e non solo. Ti vedo lottare, donarmi un sorriso tra le pieghe di quell’enorme sfida. Riesci a riconoscermi e per me è bello e importante.

Mi basta un tuo sguardo e vi trovo un mondo lì dentro…

il nostro piccolo, e forse insignificante, pianeta fatto di riti e sguardi. Forse siamo come il piccolo Principe e la Volpe…

È fastidioso gettare la maschera, ma se ora ho scritto tutto al presente, non posso più far finta di nulla.

Forse è un espediente per sentirti ancora vicina. Ricordo anche il nostro ultimo incontro in cui non potevi più regalarmi nulla. Eppure avevi ancora tanti desideri da realizzare e, solo ora che la morte ti ha portato più lontano, sono certo che, caparbia come sei, li stai realizzando.

La tua è una storia che vale la pena di essere raccontata, in questa lettera e in mille altri modi. È una storia che io sento il bisogno di narrare perché lì c’è un pezzo della mia. Perché ti sento amica nonostante tu non sia più vicina. Nonostante i tuoi 80 e passa anni. Nonostante i nostri 15 anni trascorsi in RSA; io da educatore e tu da anziana. Ma sai che ti dico? All’amicizia di tutte queste differenze generazionali e di ruoli non importa un granché.

Ciao Enrica, il tuo Luca.

About the Author: Luca Lodi

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Educatore professionale che ama raccontare le "storie piccole", per andare oltre l'ageismo. Fa parte del team dei narratorə di CURA

Premessa

È inevitabile, per il lavoro che svolgo, dovermi confrontare con la morte di una persona cara. Dire “un’anziana” sarebbe riduttivo. Dire di essere entrato subito in empatia con lei sarebbe una menzogna. Dire di averla cercata sarebbe una forzatura.

Eppure Enrica è entrata nella mia vita di operatore col suo fare pungente e irriverente. Ci siamo scoperti poco alla volta, trovandoci a nostro agio sullo sconfinato piano dell’ironia. E lì la sua scortesia, la mancanza di tatto e il voler apparire si attenuavano lasciando spazio persino alla visione delle sue fragilità e del suo animo dal cuore sensibile.

A lei ho dedicato la lettera che ora leggerai. Lettera che ho scritto non come educatore, ma come persona che ha incontrato una bella persona.

La condivido non perché sia una bella storia, ma per il solo fatto che è una storia. Per questo ha in sé la dignità di poter essere narrata e di dover essere accolta. Grazie per la tua lettura.

A Enrica

È difficile scriverti, perché siamo abituati a dirci le cose, a parlare. Anche se a pensarci il più delle volte ci basta uno sguardo, un sorriso dei nostri e ci siamo raccontati più di tanti prolissi e noiosi dialoghi. Ma ora ne ho necessità.

Ho un fastidioso desiderio di scrivere questa lettera, quasi un prurito esistenziale; forse per sentirti più vicina.

All’inizio non mi eri nemmeno simpatica, sai? Ci è voluto un po’ di tempo per comprendere che quel tuo fare diretto e spigoloso era un modo per difenderti da quello che ancora non comprendevi appieno. Poi una battuta, un cenno d’intesa durante un momento di vita noiosa e tutto ha iniziato a prendere una piega diversa. Ci siamo trovati, forse per affinità o forse perché in quell’istante risuonavamo della medesima musica. Ci chiamiamo con un soprannome irreverente, solo nostro. La gente non capisce, ma a noi non importa poi molto… è un modo semplice per rinnovare il nostro legame.

Solo ora che ho creato il doveroso incipit posso chiamarti per nome: Enrica.

Sai Enrica, ho imparato ad apprezzarti un po’ alla volta… sei come lo zenzero che non si può gustare a grandi morsi, ma solo a piccole dosi. Così sei tu, capace di dar sapore alla vita con una nota pungente, ma al contempo aromatica, con un retrogusto di agrumi. Non sei proprio per tutti…

Non si può non notarti, nonostante tu sia di aspetto minuto, perché hai in te un’energia unica. Tante passioni ti contraddistinguono… dal ballo, alla buona tavola ma soprattutto il desiderio di stare in compagnia. Ami la gente nonostante il tuo essere diretta non vada a genio a tutti. Ma con te è così: prendere o lasciare.

Ami il mare, ma non quello in cui ti siedi in spiaggia e ascolti al tramonto il racconto delle onde; no, tu ami il mare che è là, mentre ti agiti in discoteca. Ami assaporare la vita, quella che profuma di libertà, quella a tinte vivaci. Quella che ti spinge oltre i limiti, ma senza calpestare troppo i tuoi valori. Mi piace quando indossi il rossetto, quando ti trucchi dentro un piccolo cerchio, uno specchio che ridona solo una parte della tua enorme personalità.

Le tue tante speranze… Tanta energia alla fine si è dovuta confrontare con la malattia. Una malattia che porta lacci di dolore fisico e non solo. Ti vedo lottare, donarmi un sorriso tra le pieghe di quell’enorme sfida. Riesci a riconoscermi e per me è bello e importante.

Mi basta un tuo sguardo e vi trovo un mondo lì dentro…

il nostro piccolo, e forse insignificante, pianeta fatto di riti e sguardi. Forse siamo come il piccolo Principe e la Volpe…

È fastidioso gettare la maschera, ma se ora ho scritto tutto al presente, non posso più far finta di nulla.

Forse è un espediente per sentirti ancora vicina. Ricordo anche il nostro ultimo incontro in cui non potevi più regalarmi nulla. Eppure avevi ancora tanti desideri da realizzare e, solo ora che la morte ti ha portato più lontano, sono certo che, caparbia come sei, li stai realizzando.

La tua è una storia che vale la pena di essere raccontata, in questa lettera e in mille altri modi. È una storia che io sento il bisogno di narrare perché lì c’è un pezzo della mia. Perché ti sento amica nonostante tu non sia più vicina. Nonostante i tuoi 80 e passa anni. Nonostante i nostri 15 anni trascorsi in RSA; io da educatore e tu da anziana. Ma sai che ti dico? All’amicizia di tutte queste differenze generazionali e di ruoli non importa un granché.

Ciao Enrica, il tuo Luca.

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