La collaborazione tra IO SANO e Rivista CURA

La somministrazione del farmaco nel paziente disfagico

Last Updated: 12 Giugno 2024By Tags: 11,7 min read

La somministrazione del farmaco al paziente disfagico coinvolge aspetti molto tecnici. Somministrare farmaci a pazienti disfagici, che presentano dunque una deglutizione disfunzionale, espone il paziente al rischio di non assumerne la giusta quantità. Un problema che, al pari della somministrazione dei pasti ad anziani con disfagia, rende necessario un percorso clinico, che coinvolge allo stesso tempo aspetti amministrativi.

Somministrazione di farmaci solidi a persone con disfagia

Dalla certezza nella somministrazione delle specialità medicinali, deriva una certa sicurezza nell’effetto della terapia farmacologica. La maggior parte dei medicinali richiede l’assunzione per bocca. La via orale è infatti la più utilizzata per somministrare farmaci a tutti i livelli, sia in ospedale, ma soprattutto a domicilio e nella RSA. Vi sono però condizioni tali per cui risulta impossibile somministrare forme farmaceutiche orali solide e integre.

Disfagia e farmaci

Chi è il paziente disfagico, e come si manifesta questo disturbo?  La disfagia può avere diverse cause e diverse manifestazioni. Può insorgere nel paziente adulto, pediatrico e negli anziani. Coinvolge i fragili, i politrattati e predisfagici, le persone sottoposte a nutrizione enterale, persone con indotta compliance. La manifestazione più evidente in chi presenta questa problematica è la difficoltà a deglutire. Cosa fare, dunque, quando il prescrittore (il medico) vuole raggiungere dei dosaggi che non sono presenti in commercio? (Leggi anche: Stato nutrizionale e ruolo del dietista in RSA).

Manipolazione delle forme farmaceutiche nel paziente disfagico

Nel caso di somministrazione del farmaco al paziente disfagico ci si avvale di una particolare procedura che viene definita manipolazione delle forme farmaceutiche solide. Una pratica molto diffusa per far sì che i pazienti possano aderire perfettamente alla terapia. Eppure, se non gestita correttamente, la manipolazione può dare gravi problemi. Le conseguenze a cui una manipolazione mal gestita può condurre sono: errori terapeutici, alterata stabilità del farmaco, fenomeni irritanti, sia per i pazienti sia per gli operatori, al punto da rendere insicura la terapia farmacologica.

Quanto spesso si applica la manipolazione sulle forme farmaceutiche?

I risultati di uno studio osservazionale, condotto in alcune RSA di Milano riportano che su 2600 somministrazioni orali, circa il 30% è manipolato. Il 40% di queste non sarebbe manipolabile. La principale motivazione riportata rispetto alla manipolazione è stata la disfagia. La seconda causa – una causa assolutamente non etica – è stata quella di camuffare il farmaco perché il paziente non lo voleva assumere. Questi dati riguardano solo l’Italia, ma succede anche all’estero, e la tendenza si direbbe in aumento.

Le principali tecniche di manipolazione delle forme farmaceutiche

Che cos’è una forma farmaceutica? E quali sono le forme farmaceutiche orali?

Rientrano in questa categoria vari formati: una capsula, una fiala, una compressa. Alcune dovranno essere manipolate se la persona che le deve assumere presenta disfagia, altre hanno bisogno di particolari accorgimenti nella somministrazione.

Le più semplici, le polveri, che possono essere solubili o non solubili, non richiedono manipolazione, ma solo grande attenzione quando vengono somministrate.

A cosa fare attenzione quando si addensa una soluzione

Si definiscono solubili tutti i medicinali che sono formulati per sciogliersi in un liquido. In questa categoria sono comprese anche le compresse effervescenti, che contengono acido tartarico e acido citrico, e danno effervescenza. Una volta sciolti in acqua questi farmaci si trasformano in una soluzione, ovvero un liquido senza scorie. Il liquido può così essere addensato e somministrato all’anziano che presenta disfagia.

Sugli addensanti è bene fare una precisazione. L’unico accorgimento da tenersi, nella somministrazione di polveri, è evitare l’interazione tra addensante e principio attivo.
Gli addensanti sono delle sostanze naturali, come gomma di guaro o gomma di xantan, sostanze che vengono ottenute dalla fermentazione degli zuccheri del glucosio su opportuni terreni di cultura.

A livello chimico sono zuccheri, polisaccaridi molto ingombranti che assorbono acqua e addensano, dando forma a quelle che vengono definite soluzioni colloidali, che basta agitare affinché passino dallo stato solido allo stato di gel.
Ma bisogna fare attenzione: composti iperconcentrati possono impedire l’assorbimento dei carboidrati, oppure di alcuni farmaci come la digitale o ancora gli antidiabetici orali, solo per fare alcuni esempi.

Anche l’utilizzo dell’acqua gel fai da te risulta poco sicuro, perché richiede alcuni minuti prima che si addensi e l’operatore, nella maggior parte dei casi, non ha questo tempo. Il rischio dunque è che si ecceda nella somministrazione di addensante. Una soluzione migliore è l’uso di acque gel pronte, acque gel istantanee che permettono di variare la densità del composto. Questo le rende il veicolo migliore per la somministrazione dei farmaci.

Polveri in sospensione e sciroppi

Le polveri, che compongono alcune tipologie di farmaci, possono essere insolubili. In questo caso il farmaco viene ricomposto in sospensione che, nel caso del paziente disfagico, può essere manipolata per dispersione in vari veicoli: acqua, gel, budini, ecc.

In questo caso è necessario porre massima attenzione a eventuali interazioni con gli antibiotici.

In alternativa le sospensioni possono essere addensate e somministrate.

Forme farmaceutiche liquide, invece, non danno problemi di manipolazione. Lo sciroppo non è altro che la combinazione del principio attivo allo sciroppo semplice, ovvero, una soluzione ipermolare di acqua e zucchero aromatizzata. E – allo stesso modo – non ne danno altre formule farmaceutiche liquide: soluzioni gel e sospensioni gel hanno già la reologia adeguata per essere somministrate al paziente disfagico.

Manipolazione di formule farmaceutiche solide

I problemi maggiori, riguardo la somministrazione del farmaco al paziente disfagico, si palesano nel momento in cui è necessario somministrare al paziente compresse, capsule, confetti. La modalità tradizionale di somministrazione prevede che siano assunte con un sorso d’acqua.

Nella persona con disfagia, e che dunque ha difficoltà a deglutire, formano una doppia consistenza che può portare problemi.

In particolare:

  • Compresse: derivano dalla compressione di principi attivi con eccipienti e possono essere rivestite
  • Capsule: le capsule sono contenitori dotati di fondi o percolo che contengono il principio attivo in polvere o microgranuli.

Manipolare farmaci formulati in confetti

I confetti derivano dalla confettatura del principio attivo con zucchero, sono rivestiti e possono essere al rilascio convenzionale o modificato. È importante conoscere la differenza delle due tipologie di rilascio:

  • Rilascio convenzionale: in questo caso gli eccipienti non prendono parte alla cinetica del farmaco, quindi potrebbero non dover essere manipolati. Il rivestimento di questa categoria di farmaci potrebbe avere funzioni diverse per esempio ritemperare i principi attivi dalla luce e dall’umidità.
  • Rilascio ritardato: in questo caso il rivestimento del farmaco ha la funzione di ritardarne la cessione. Rientrano in questa casistica quei farmaci il cui principio attivo non deve essere liberato nello stomaco ma nell’intestino, per esempio la mesalanzina. La compressa sarà dunque grastroprotetta (ovvero protetta dall’azione dei succhi gastrici) da uno strato di poliuretano, per esempio. La necessità di proteggere il principio attivo dalla acidità gastrica è necessaria se il principio attivo è acido sensibile. La formulazione prevede che tale principio sia diviso in strati, affinché venga ceduto nel tempo dopo la somministrazione (dosaggi ematici da tre a quattro somministrazioni, oppure le osmotiche, meglio conosciute come compresse retard, nelle quali il principio attivo viene ceduto lentamente)

Nelle compresse al rilascio modificato i recipienti prendono attivamente parte alla cinetica del farmaco, quindi non possono essere manipolati.

Le procedure di manipolazione per la somministrazione del farmaco al paziente disfagico

Nei casi sopra descritti, manipolare significa quindi aprire le capsule, dividere le compresse oppure tritare capsule, compresse, confetti o microgranuli contenuti nelle capsule. Una procedura comune ma non priva di rischi a tal punto che il Ministero della Salute ha emesso una raccomandazione che interessa tutte quante le strutture assistenziali. Fondamentale è la formazione degli operatori sulla manipolazione delle forme farmaceutiche.

Per prima cosa bisogna avere una procedura. Su questa procedura bisogna elencare tutte le operazioni che bisogna fare. In seguito, la struttura deve dimostrare d’aver aderito alle procedure per la somministrazione di forme farmaceutiche orali solide nel paziente con problemi deglutitori.

Le due figure fondamentali in questa procedura sono il medico e il farmacista ai quali l’operatore deve fare assolutamente riferimento.

Il ruolo del medico e del farmacista

Il medico, aiutato dal farmacista, deve cercare di evitare quanto più possibile la prescrizione di farmaci da assumere per via orale nel paziente disfagico, prediligendo forme farmaceutiche parenterali, inalatorie o trascutanee. Se non è possibile, deve orientarsi verso un’altra formula farmaceutica dello stesso principio attivo che non richieda manipolazione: per esempio gocce. In alternativa può ricorrere a forme farmaceutica dello stesso principio attivo che possano essere facilmente manipolate: per esempio compresse divisibili. O ancora, potrebbe essere opportuno trovare un principio attivo di equivalenza terapeutica – in accordo con il prescrittore – che
abbia una forma farmaceutica non manipolabile o la cui manipolazione sia consentita.

In generale, sarà necessario conoscere in procedura l’elenco di tutte le specialità medicinali, di quelli che sono e non sono manipolabili. E sarà necessario valutare il paziente nella sua globalità (nel caso di un paziente nutrito per sonda, per esempio, la somministrazione sarà diversa), conoscere a quale tipo di terapie è già sottoposto, per evitare interazioni.

La scheda ufficiale di terapia per il paziente disfagico

Durante la manipolazione è dunque bene fare attenzione a molteplici aspetti:

  • Capire se la velocità e il luogo (cioè la cinetica) del principio attivo non si altera
  • Capire se, nel corso della manipolazione, è possibile che si formino sostanze tossiche per il paziente
  • Capire se determinate manipolazioni rischiano di ostruire il sondino naso gastrico
  • Conoscere tutti i rischi correlati alla manipolazione
  • Essere consapevoli che ci possono essere rischi anche mortali nel caso in cui si manipolino principi attivi che non possono essere manipolati.

La scheda ufficiale della terapia del paziente deve contenere queste informazioni, affinché rappresenti una guida per il lavoro degli operatori, e allo stesso tempo per tutelare la struttura in caso di visita dell’autorità.

E nel caso in cui l’operatore si trovi nella condizione in cui il farmaco non è assolutamente manipolabile? In quel caso è necessario sempre rifarsi al medico e al farmacista, e la decisione del medico dovrà essere riportata nella scheda unica di terapia.

I rischi del sovra/sottodosaggio nella manipolazione del farmaco al paziente disfagico

Quali sono i rischi del sottodosaggio o del sovradosaggio?

Innanzitutto, dal punto di vista di chi esegue la manipolazione, c’è il rischio di esposizione a sostanze dannose. Elaborare forme farmaceutiche orali solide – ovvero specialità medicinali contenenti sostanze cancerogene, teratogene, mutagene allergeniche – sottopone il l’operatore all’aerosol o al contatto con occhi e mucose. Un esempio tipico è la finasteride.
Quando manipoliamo i fans bisogna tenere bene a mente che tra queste ci sono le cosiddette sostanze fala, principi attivi pericolosi che non possono essere manipolati.

Nel caso in cui il medico decida, per la salute del paziente, che è necessario manipolarli bisogna affidare il lavoro a uno specialista (il farmacista) che prenderà le dovute precauzioni.

Dal punto di vista del paziente, alterando il farmaco ne alteriamo l‘efficacia o la stabilità:

  • Nella manipolazione di compresse rivestite, Il cui rivestimento le protegge da acidità gastrica o dalla luce, potrebbe verificarsi una degradazione o un’alterazione della stabilità del farmaco: quindi avremo un fenomeno di sottodosaggio
  • Se a essere manipolata è una compressa osmotica o a dosaggio ripetuto, si rischia di sottoporre il paziente a una iperconcentrazione ematica, a volte pericolosa: in questo caso ci troveremmo di fronte a un fenomeno di sovradosaggio
  • Nel caso di manipolazione di farmaci microdosati c’è il rischio è di perdere le dosi: nei farmaci a basso indice terapeutico, infatti, la dose tossica è molto vicina alla dose efficace, e per questo questi rientrano tra i farmaci che non devono essere manipolati (per esempio farmaci per l’epilessia, barbiturici e altri).
  • Massima attenzione deve essere posta anche nella manipolazione di farmaci che possono far variare altamente la biodisponibilità (per esempio gli anticoagulanti che potrebbero esporre il paziente a rischio di emorragia grave).

Quali farmaci non si possono manipolare?

Le capsule molli per esempio, che sono capsule di gelatina. Manipolare una capsula molle (per esempio di Omega 3) porta a un rischio di sottodosaggio: il principio attivo è infatti sciolto in una soluzione oleosa che non è facile somministrare in altra via (per esempio aspirandola con una siringa).

Non è possibile manipolare, come abbiamo visto, compresse rivestite anche se a dosaggio convenzionale. Il rivestimento potrebbe servire a proteggere la cinetica del farmaco, e manipolarlo espone il farmaco ad alterazione.

Non è possibile manipolare compresse a rilascio modificato o ritardato, e quelle a dosaggio prolungato.

Non vanno manipolate i farmaci a dosaggio gastroresistente (sono inibitori di pompa protonica). A esse vanno preferite formule orodispersibili, disperdendole in acqua.

L’importanza di utilizzare strumenti adeguati e a uso personale

Un’accortezza particolare, nella somministrazione del farmaco al paziente disfagico in RSA, è avere a disposizione strumenti specifici, che siano di uso esclusivo del paziente. Le pillole non vanno mai spezzate con le mani, anche se per tagliate, ma va sempre utilizzato un tagliapillole a uso personale del paziente. Allo stesso modo, anche il tritura pillole dovrà essere di uso personale, e non comunitario. (Leggi anche: Disfagia e alimentazione).

Gestione del paziente disfagico: un percorso clinico-economico

Nutrire in maniera corretta un numero alto di anziani disfagici in struttura può presentare criticità a livello economico. Nell’Istituto Don Orione di Milano, spiega il professor Gianfranco Paccione, si è scelto di affrontare il problema coinvolgendo il cuoco e gli operatori sanitari.

Si è partiti dal monitoraggio per definire il piano nutrizionale, piano nutrizionale che potrebbe comportare l’uso di integratori, ma che si è scelto invece di sostituire con un menù appropriato.

Il residente deve assumere cibo con una bromatologia certa: questo vale anche per il disfagico. In questo caso l’obiettivo della giornata alimentare deve essere anche prevenire l’aspirazione, quindi modificare i cibi affinché abbiano una reologia adeguata, prevenire la disidratazione e la malnutrizione.

L’utilizzo di pasti istantanei

Per garantire il giusto apporto i cibi dovrebbero avere una reologia costante, ma la manipolazione manuale degli stessi può al contrario determinare una variabilità di consistenze, comportando comunque costi e impegno di personale.

L’utilizzo di pasti istantanei nell’Istituto Don Orione, ha portato diversi vantaggi. Una bromatologia sicura, per esempio, perché ogni pasto ha una reologia adeguata ai vari tipi di disfagia.

È stato possibile garantire una maggiore variabilità di piatti, con la conseguenza che è possibile chiedere, a ciascun residente, cosa desideri mangiare nella giornata.

È un aspetto fondamentale lasciare margine di scelta all’anziano residente, e la conseguenza più positiva dell’adozione dei pasti istantanei è stata subito evidente. Come afferma il dottor Gianfranco Paccione, «Adesso queste persone mangiano più volentieri».

Somministrazione del farmaco nel paziente disfagico
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La somministrazione del farmaco al paziente disfagico coinvolge aspetti molto tecnici. Somministrare farmaci a pazienti disfagici, che presentano dunque una deglutizione disfunzionale, espone il paziente al rischio di non assumerne la giusta quantità. Un problema che, al pari della somministrazione dei pasti ad anziani con disfagia, rende necessario un percorso clinico, che coinvolge allo stesso tempo aspetti amministrativi.

Somministrazione di farmaci solidi a persone con disfagia

Dalla certezza nella somministrazione delle specialità medicinali, deriva una certa sicurezza nell’effetto della terapia farmacologica. La maggior parte dei medicinali richiede l’assunzione per bocca. La via orale è infatti la più utilizzata per somministrare farmaci a tutti i livelli, sia in ospedale, ma soprattutto a domicilio e nella RSA. Vi sono però condizioni tali per cui risulta impossibile somministrare forme farmaceutiche orali solide e integre.

Disfagia e farmaci

Chi è il paziente disfagico, e come si manifesta questo disturbo?  La disfagia può avere diverse cause e diverse manifestazioni. Può insorgere nel paziente adulto, pediatrico e negli anziani. Coinvolge i fragili, i politrattati e predisfagici, le persone sottoposte a nutrizione enterale, persone con indotta compliance. La manifestazione più evidente in chi presenta questa problematica è la difficoltà a deglutire. Cosa fare, dunque, quando il prescrittore (il medico) vuole raggiungere dei dosaggi che non sono presenti in commercio? (Leggi anche: Stato nutrizionale e ruolo del dietista in RSA).

Manipolazione delle forme farmaceutiche nel paziente disfagico

Nel caso di somministrazione del farmaco al paziente disfagico ci si avvale di una particolare procedura che viene definita manipolazione delle forme farmaceutiche solide. Una pratica molto diffusa per far sì che i pazienti possano aderire perfettamente alla terapia. Eppure, se non gestita correttamente, la manipolazione può dare gravi problemi. Le conseguenze a cui una manipolazione mal gestita può condurre sono: errori terapeutici, alterata stabilità del farmaco, fenomeni irritanti, sia per i pazienti sia per gli operatori, al punto da rendere insicura la terapia farmacologica.

Quanto spesso si applica la manipolazione sulle forme farmaceutiche?

I risultati di uno studio osservazionale, condotto in alcune RSA di Milano riportano che su 2600 somministrazioni orali, circa il 30% è manipolato. Il 40% di queste non sarebbe manipolabile. La principale motivazione riportata rispetto alla manipolazione è stata la disfagia. La seconda causa – una causa assolutamente non etica – è stata quella di camuffare il farmaco perché il paziente non lo voleva assumere. Questi dati riguardano solo l’Italia, ma succede anche all’estero, e la tendenza si direbbe in aumento.

Le principali tecniche di manipolazione delle forme farmaceutiche

Che cos’è una forma farmaceutica? E quali sono le forme farmaceutiche orali?

Rientrano in questa categoria vari formati: una capsula, una fiala, una compressa. Alcune dovranno essere manipolate se la persona che le deve assumere presenta disfagia, altre hanno bisogno di particolari accorgimenti nella somministrazione.

Le più semplici, le polveri, che possono essere solubili o non solubili, non richiedono manipolazione, ma solo grande attenzione quando vengono somministrate.

A cosa fare attenzione quando si addensa una soluzione

Si definiscono solubili tutti i medicinali che sono formulati per sciogliersi in un liquido. In questa categoria sono comprese anche le compresse effervescenti, che contengono acido tartarico e acido citrico, e danno effervescenza. Una volta sciolti in acqua questi farmaci si trasformano in una soluzione, ovvero un liquido senza scorie. Il liquido può così essere addensato e somministrato all’anziano che presenta disfagia.

Sugli addensanti è bene fare una precisazione. L’unico accorgimento da tenersi, nella somministrazione di polveri, è evitare l’interazione tra addensante e principio attivo.
Gli addensanti sono delle sostanze naturali, come gomma di guaro o gomma di xantan, sostanze che vengono ottenute dalla fermentazione degli zuccheri del glucosio su opportuni terreni di cultura.

A livello chimico sono zuccheri, polisaccaridi molto ingombranti che assorbono acqua e addensano, dando forma a quelle che vengono definite soluzioni colloidali, che basta agitare affinché passino dallo stato solido allo stato di gel.
Ma bisogna fare attenzione: composti iperconcentrati possono impedire l’assorbimento dei carboidrati, oppure di alcuni farmaci come la digitale o ancora gli antidiabetici orali, solo per fare alcuni esempi.

Anche l’utilizzo dell’acqua gel fai da te risulta poco sicuro, perché richiede alcuni minuti prima che si addensi e l’operatore, nella maggior parte dei casi, non ha questo tempo. Il rischio dunque è che si ecceda nella somministrazione di addensante. Una soluzione migliore è l’uso di acque gel pronte, acque gel istantanee che permettono di variare la densità del composto. Questo le rende il veicolo migliore per la somministrazione dei farmaci.

Polveri in sospensione e sciroppi

Le polveri, che compongono alcune tipologie di farmaci, possono essere insolubili. In questo caso il farmaco viene ricomposto in sospensione che, nel caso del paziente disfagico, può essere manipolata per dispersione in vari veicoli: acqua, gel, budini, ecc.

In questo caso è necessario porre massima attenzione a eventuali interazioni con gli antibiotici.

In alternativa le sospensioni possono essere addensate e somministrate.

Forme farmaceutiche liquide, invece, non danno problemi di manipolazione. Lo sciroppo non è altro che la combinazione del principio attivo allo sciroppo semplice, ovvero, una soluzione ipermolare di acqua e zucchero aromatizzata. E – allo stesso modo – non ne danno altre formule farmaceutiche liquide: soluzioni gel e sospensioni gel hanno già la reologia adeguata per essere somministrate al paziente disfagico.

Manipolazione di formule farmaceutiche solide

I problemi maggiori, riguardo la somministrazione del farmaco al paziente disfagico, si palesano nel momento in cui è necessario somministrare al paziente compresse, capsule, confetti. La modalità tradizionale di somministrazione prevede che siano assunte con un sorso d’acqua.

Nella persona con disfagia, e che dunque ha difficoltà a deglutire, formano una doppia consistenza che può portare problemi.

In particolare:

  • Compresse: derivano dalla compressione di principi attivi con eccipienti e possono essere rivestite
  • Capsule: le capsule sono contenitori dotati di fondi o percolo che contengono il principio attivo in polvere o microgranuli.

Manipolare farmaci formulati in confetti

I confetti derivano dalla confettatura del principio attivo con zucchero, sono rivestiti e possono essere al rilascio convenzionale o modificato. È importante conoscere la differenza delle due tipologie di rilascio:

  • Rilascio convenzionale: in questo caso gli eccipienti non prendono parte alla cinetica del farmaco, quindi potrebbero non dover essere manipolati. Il rivestimento di questa categoria di farmaci potrebbe avere funzioni diverse per esempio ritemperare i principi attivi dalla luce e dall’umidità.
  • Rilascio ritardato: in questo caso il rivestimento del farmaco ha la funzione di ritardarne la cessione. Rientrano in questa casistica quei farmaci il cui principio attivo non deve essere liberato nello stomaco ma nell’intestino, per esempio la mesalanzina. La compressa sarà dunque grastroprotetta (ovvero protetta dall’azione dei succhi gastrici) da uno strato di poliuretano, per esempio. La necessità di proteggere il principio attivo dalla acidità gastrica è necessaria se il principio attivo è acido sensibile. La formulazione prevede che tale principio sia diviso in strati, affinché venga ceduto nel tempo dopo la somministrazione (dosaggi ematici da tre a quattro somministrazioni, oppure le osmotiche, meglio conosciute come compresse retard, nelle quali il principio attivo viene ceduto lentamente)

Nelle compresse al rilascio modificato i recipienti prendono attivamente parte alla cinetica del farmaco, quindi non possono essere manipolati.

Le procedure di manipolazione per la somministrazione del farmaco al paziente disfagico

Nei casi sopra descritti, manipolare significa quindi aprire le capsule, dividere le compresse oppure tritare capsule, compresse, confetti o microgranuli contenuti nelle capsule. Una procedura comune ma non priva di rischi a tal punto che il Ministero della Salute ha emesso una raccomandazione che interessa tutte quante le strutture assistenziali. Fondamentale è la formazione degli operatori sulla manipolazione delle forme farmaceutiche.

Per prima cosa bisogna avere una procedura. Su questa procedura bisogna elencare tutte le operazioni che bisogna fare. In seguito, la struttura deve dimostrare d’aver aderito alle procedure per la somministrazione di forme farmaceutiche orali solide nel paziente con problemi deglutitori.

Le due figure fondamentali in questa procedura sono il medico e il farmacista ai quali l’operatore deve fare assolutamente riferimento.

Il ruolo del medico e del farmacista

Il medico, aiutato dal farmacista, deve cercare di evitare quanto più possibile la prescrizione di farmaci da assumere per via orale nel paziente disfagico, prediligendo forme farmaceutiche parenterali, inalatorie o trascutanee. Se non è possibile, deve orientarsi verso un’altra formula farmaceutica dello stesso principio attivo che non richieda manipolazione: per esempio gocce. In alternativa può ricorrere a forme farmaceutica dello stesso principio attivo che possano essere facilmente manipolate: per esempio compresse divisibili. O ancora, potrebbe essere opportuno trovare un principio attivo di equivalenza terapeutica – in accordo con il prescrittore – che
abbia una forma farmaceutica non manipolabile o la cui manipolazione sia consentita.

In generale, sarà necessario conoscere in procedura l’elenco di tutte le specialità medicinali, di quelli che sono e non sono manipolabili. E sarà necessario valutare il paziente nella sua globalità (nel caso di un paziente nutrito per sonda, per esempio, la somministrazione sarà diversa), conoscere a quale tipo di terapie è già sottoposto, per evitare interazioni.

La scheda ufficiale di terapia per il paziente disfagico

Durante la manipolazione è dunque bene fare attenzione a molteplici aspetti:

  • Capire se la velocità e il luogo (cioè la cinetica) del principio attivo non si altera
  • Capire se, nel corso della manipolazione, è possibile che si formino sostanze tossiche per il paziente
  • Capire se determinate manipolazioni rischiano di ostruire il sondino naso gastrico
  • Conoscere tutti i rischi correlati alla manipolazione
  • Essere consapevoli che ci possono essere rischi anche mortali nel caso in cui si manipolino principi attivi che non possono essere manipolati.

La scheda ufficiale della terapia del paziente deve contenere queste informazioni, affinché rappresenti una guida per il lavoro degli operatori, e allo stesso tempo per tutelare la struttura in caso di visita dell’autorità.

E nel caso in cui l’operatore si trovi nella condizione in cui il farmaco non è assolutamente manipolabile? In quel caso è necessario sempre rifarsi al medico e al farmacista, e la decisione del medico dovrà essere riportata nella scheda unica di terapia.

I rischi del sovra/sottodosaggio nella manipolazione del farmaco al paziente disfagico

Quali sono i rischi del sottodosaggio o del sovradosaggio?

Innanzitutto, dal punto di vista di chi esegue la manipolazione, c’è il rischio di esposizione a sostanze dannose. Elaborare forme farmaceutiche orali solide – ovvero specialità medicinali contenenti sostanze cancerogene, teratogene, mutagene allergeniche – sottopone il l’operatore all’aerosol o al contatto con occhi e mucose. Un esempio tipico è la finasteride.
Quando manipoliamo i fans bisogna tenere bene a mente che tra queste ci sono le cosiddette sostanze fala, principi attivi pericolosi che non possono essere manipolati.

Nel caso in cui il medico decida, per la salute del paziente, che è necessario manipolarli bisogna affidare il lavoro a uno specialista (il farmacista) che prenderà le dovute precauzioni.

Dal punto di vista del paziente, alterando il farmaco ne alteriamo l‘efficacia o la stabilità:

  • Nella manipolazione di compresse rivestite, Il cui rivestimento le protegge da acidità gastrica o dalla luce, potrebbe verificarsi una degradazione o un’alterazione della stabilità del farmaco: quindi avremo un fenomeno di sottodosaggio
  • Se a essere manipolata è una compressa osmotica o a dosaggio ripetuto, si rischia di sottoporre il paziente a una iperconcentrazione ematica, a volte pericolosa: in questo caso ci troveremmo di fronte a un fenomeno di sovradosaggio
  • Nel caso di manipolazione di farmaci microdosati c’è il rischio è di perdere le dosi: nei farmaci a basso indice terapeutico, infatti, la dose tossica è molto vicina alla dose efficace, e per questo questi rientrano tra i farmaci che non devono essere manipolati (per esempio farmaci per l’epilessia, barbiturici e altri).
  • Massima attenzione deve essere posta anche nella manipolazione di farmaci che possono far variare altamente la biodisponibilità (per esempio gli anticoagulanti che potrebbero esporre il paziente a rischio di emorragia grave).

Quali farmaci non si possono manipolare?

Le capsule molli per esempio, che sono capsule di gelatina. Manipolare una capsula molle (per esempio di Omega 3) porta a un rischio di sottodosaggio: il principio attivo è infatti sciolto in una soluzione oleosa che non è facile somministrare in altra via (per esempio aspirandola con una siringa).

Non è possibile manipolare, come abbiamo visto, compresse rivestite anche se a dosaggio convenzionale. Il rivestimento potrebbe servire a proteggere la cinetica del farmaco, e manipolarlo espone il farmaco ad alterazione.

Non è possibile manipolare compresse a rilascio modificato o ritardato, e quelle a dosaggio prolungato.

Non vanno manipolate i farmaci a dosaggio gastroresistente (sono inibitori di pompa protonica). A esse vanno preferite formule orodispersibili, disperdendole in acqua.

L’importanza di utilizzare strumenti adeguati e a uso personale

Un’accortezza particolare, nella somministrazione del farmaco al paziente disfagico in RSA, è avere a disposizione strumenti specifici, che siano di uso esclusivo del paziente. Le pillole non vanno mai spezzate con le mani, anche se per tagliate, ma va sempre utilizzato un tagliapillole a uso personale del paziente. Allo stesso modo, anche il tritura pillole dovrà essere di uso personale, e non comunitario. (Leggi anche: Disfagia e alimentazione).

Gestione del paziente disfagico: un percorso clinico-economico

Nutrire in maniera corretta un numero alto di anziani disfagici in struttura può presentare criticità a livello economico. Nell’Istituto Don Orione di Milano, spiega il professor Gianfranco Paccione, si è scelto di affrontare il problema coinvolgendo il cuoco e gli operatori sanitari.

Si è partiti dal monitoraggio per definire il piano nutrizionale, piano nutrizionale che potrebbe comportare l’uso di integratori, ma che si è scelto invece di sostituire con un menù appropriato.

Il residente deve assumere cibo con una bromatologia certa: questo vale anche per il disfagico. In questo caso l’obiettivo della giornata alimentare deve essere anche prevenire l’aspirazione, quindi modificare i cibi affinché abbiano una reologia adeguata, prevenire la disidratazione e la malnutrizione.

L’utilizzo di pasti istantanei

Per garantire il giusto apporto i cibi dovrebbero avere una reologia costante, ma la manipolazione manuale degli stessi può al contrario determinare una variabilità di consistenze, comportando comunque costi e impegno di personale.

L’utilizzo di pasti istantanei nell’Istituto Don Orione, ha portato diversi vantaggi. Una bromatologia sicura, per esempio, perché ogni pasto ha una reologia adeguata ai vari tipi di disfagia.

È stato possibile garantire una maggiore variabilità di piatti, con la conseguenza che è possibile chiedere, a ciascun residente, cosa desideri mangiare nella giornata.

È un aspetto fondamentale lasciare margine di scelta all’anziano residente, e la conseguenza più positiva dell’adozione dei pasti istantanei è stata subito evidente. Come afferma il dottor Gianfranco Paccione, «Adesso queste persone mangiano più volentieri».

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