Franco Iurlaro intervista Giorgio Volpe, dal 2020 Segretario Nazionale del Movimento di Volontariato Italiano, sul tema della situazione odierna del volontariato.
Franco Iurlaro, giornalista e consulente per il settore sociosanitario, cura la rubrica “Il punto” creata per rivistacura.it, in cui approfondisce i problemi attuali che le RSA si trovano ad affrontare, con studi, interviste a esperti del settore ed esperienze.
Giorgio Volpe, professionista dello sviluppo aziendale, esperto nella gestione di organizzazioni non profit. È Project Manager e social animator presso MoVI (Movimento di Volontariato Italiano)
Chi è Giorgio Volpe
Giorgio Volpe è un professionista dello sviluppo aziendale con una comprovata esperienza nella gestione di organizzazioni non profit. Direttore esperto di una ONG nazionale, oggi è un esperto in organizzazioni non profit, di sviluppo organizzativo, di gestione degli eventi. Ha esperienza nel public speaking, nella scrittura e gestione di progetti.
Il MoVi: Movimento di Volontariato italiano
Il MoVI. Movimento di Volontariato Italiano, dal 1978 rappresenta, sostiene e mette in rete centinaia di associazioni in tutta Italia. Si batte per i valori fondamentali del volontariato: gratuità, spontaneità e azione politica per il cambiamento. È oggi una rete che crea connessioni stabili tra cittadini, associazioni e realtà impegnate nel mondo del volontariato. La missione è quella di rappresentare la comunità dei volontari italiani, rafforzandone il peso sociale e politico tenendo fede ai principi contenuti nella Carta dei Valori del Volontariato. Il MoVI, nasce per diffondere una coscienza collettiva in grado di contrastare le cause del disagio sociale, che sono all’origine di ogni discriminazione, e promuovere una società più equa e sostenibile per tutti.
Questa è la bussola del movimento, che orienta i percorsi di formazione e di sostegno ai volontari in tutti i campi in cui svolgono le loro attività sul territorio: dalla difesa dell’ambiente all’accoglienza degli immigrati, dall’assistenza delle fasce di popolazione più deboli all’educazione e allo sviluppo di percorsi di cittadinanza attiva.
Dal 2010 in poi il volontariato del MoVI si è nel tempo caratterizzato rispetto ad altre realtà italiane, condividendo la stessa visione del volontariato espressa nella Carta dei Valori scritta dalla Fivol nel 2001: una scelta di gratuità e di solidarietà che si concretizza in un’azione organizzata e in gruppo, attenta alla persona, a partire da chi è più debole, e che si apre a un’azione di sensibilizzazione della comunità e a un impegno per il cambiamento sociale per rimuovere le cause di ogni discriminazione e ogni ingiustizia. Il MoVI si distingue per essere l’unica rete nazionale autonoma e “trasversale”, aperta alle piccole realtà locali, nate spontaneamente sul territorio e slegate da ogni altra scelta di settore di intervento, orientamento o appartenenza.
Dal tuo punto di vista, a partire da un breve excursus storico, quale è lo stato attuale di salute del MoVI, movimento di volontariato italiano?
Si può iniziare dicendo che il MoVI rappresenta una delle reti storiche del volontariato italiano, nato prima della riforma che ha portato alla prima legge sul volontariato nel 1991, e pertanto prima che nascessero i Centri Servizi oggi presenti in tutte le realtà locali. Nella prima fase ebbe un ruolo decisivo, perché c’era un grande sviluppo e fermento di realtà, che non sapevano bene chi erano e cosa non erano. Nel MoVi avevano trovato una loro identità e un riferimento anche culturale al quale ha poi ha contribuito la legge, che sicuramente ha promosso un’evoluzione importante.
Con la nascita dei Centri Servizi per il volontariato il Movi ha ceduto volentieri una fetta importante delle funzioni che prima svolgeva: funzioni di assistenza e accompagnamento diretto alle associazioni; un ruolo di servizio che però anche legava e dava identità alle diverse realtà. Il movimento ha dovuto quindi scegliere di proseguire dando spazio all’altra sua “anima” importante, quella più culturale, di rappresentanza, ricerca e formazione di questo mondo.
Un’anima forse più debole, a cui si è unito il fattore di crisi generale della partecipazione, che ha indebolito progressivamente la rete: dall’avere una presenza molto forte in circa quindici regioni, oggi possiamo dire di essere ben strutturati in otto regioni, mentre in altre aree ci sono delle realtà più locali, con più movimento nel centro sud rispetto al nord.
Il tutto conseguentemente al processo di riforma?
Non c’è dubbio, in ogni caso, che la riforma del volontariato sia stata un’opportunità anche per il MoVI; se non altro come momento per chiedersi – per mettere in chiaro – cosa il movimento sia e dove voglia andare.
Abbiamo anche dovuto rimettere a posto lo Statuto nazionale per adeguarci alle richieste normative, ma grazie a questo abbiamo constatato, per esempio, che la riforma chiude un po’ il recinto del terzo settore: ha delle regole forti e chiare e pone dei limiti precisi, che vanno condivisi e rispettati.
È noto altresì che, a garanzia di tutti, non puoi più usare il termine organizzazione di volontariato se non sei iscritto al registro unico; quindi una realtà che pensa di essere di volontari non lo può dire se non sottostà alle normative legislative, ma allo stesso tempo andrebbe tutelata e valorizzata. Per cui il movimento ha dovuto ripensarsi anche trovando il modo di tenere insieme queste due anime.
E quindi come vi siete riproposti, qual è lo stato dell’arte?
Abbiamo scelto di essere organizzazione di volontariato ai sensi della riforma, e di essere una rete associativa con le funzioni che la riforma riconosce alle reti. Ma contemporaneamente vogliamo essere un riferimento inclusivo, aperto a tutte le realtà che nel volontariato si riconoscono, che possono essere anche gruppi informali, associazioni o altri enti che non si iscrivono al registro del terzo settore.
Per cui la sfida è stata questa, noi l’abbiamo focalizzata ed è stato un momento di dibattito interno molto intenso, oltre che lento. Nel movimento, facendo tutto per lo più con gente che dedica il suo tempo quando può, ovviamente i processi hanno i loro tempi, hanno le loro complicazioni. In realtà più strutturate potresti chiudere un percorso decisionale in due mesi, il MoVI ha impiegato anche due anni. Utilizzando il non facile metodo del consenso, lenti ma inesorabili, andiamo avanti.
Lo stato dell’arte sta nell’aver riscritto lo Statuto e da quel momento aver iniziato a risalire, in un certo senso. E se ne vedono i segnali reali, anche in termini numerici.
Risalita e ricrescita del e nel Movimento, attraverso?
Avendo focalizzato chi siamo e cosa vogliamo essere, abbiamo avviato anche una nuova fase di riaggregazione sui territori per cui stanno nascendo nuove reti. Il cambiamento che abbiamo fatto dello Statuto è di passare dall’idea di una piramide dal livello nazionale verso Regioni e Province, a una rete. Non solo perché la riforma usa questo termine ma perché ci riconosciamo sull’idea che il volontariato non sia una struttura gerarchica, ma un organismo dove ci sono rapporti orizzontali di scambio. E in questa visione non parliamo più di federazioni provinciali ma di reti territoriali, che possono in linea di massima essere quelle di riferimento di un ambito sociale o socio sanitario.
Con la particolarità, come dici, che la rete include anche coloro che non sono esattamente formalizzati secondo la normativa in essere.
Certamente. E poi il livello di riferimento è quello delle politiche sociali di aggregazione, dei servizi sociali e quindi degli ambiti territoriali. Rimangono i nomi delle Regioni – pur se con diverse declinazioni – con un ruolo di supervisione, coordinamento e rapporto con le istituzioni, così come il livello nazionale con funzioni di rappresentanza, che fa da “cappello” di coordinamento e di regia. Si diventa direttamente associati alle reti territoriali, quindi i soggetti principali del modello di questa rete sono le reti che sul territorio vivono i rapporti orizzontali tra associazioni, si relazionano con i servizi sociali, fanno progetti insieme, ecc. Solo negli ultimi quattro mesi sono nate cinque reti nuove, come in Emilia Romagna, dove non eravamo presenti da un bel po’. La federazione dell’Emilia Romagna era congelata credo da almeno 15 anni, mentre in Calabria c’è un grande fermento positivo. Stiamo partendo anche in Basilicata, a Matera dove non eravamo presenti.
Hai accennato ad una vostra specificità, ovvero il metodo decisionale c.d. del consenso. Me ne parli?
In una battuta su questo, abbiamo avuto anche l’idea, nel rifare lo Statuto nazionale, di scrivere in maniera esplicita che le decisioni si prendono con il metodo del consenso, anche perché da sempre le associazioni di solito decidono più o meno per consenso, anche inconsapevolmente, senza saperlo, senza un metodo codificato: una modalità relazionale.
Scriverlo e farlo diventare elemento normativo racchiuso nello Statuto è stato però un atto inusuale e coraggioso, anche in sede giudiziaria dovrebbero tener conto di questo elemento. Credo che siamo la prima associazione che a livello nazionale si autoregola in questo modo. Ciò è sicuramente collegato al tema della centralità, per il MoVI, di rapporti umani basati su fiducia, cordialità, rispetto dell’altro, accoglienza, che la formalizzazione del metodo del consenso legittima ulteriormente.
Su quali piste intende muoversi, nel prossimo futuro, il Movi?
Il Movimento può sicuramente interrogarsi ancora una volta, o meglio aggiornarsi nella riflessione di cosa intendere per volontariato in uno scenario sociale in continuo e veloce mutamento, a partire dalla sintesi, che ancor oggi assume un significato importante, dell’essere “persone che gratuitamente nel proprio tempo agiscono per il bene comune”.
Secondo elemento è quello delle relazioni, quindi essere volontariato nelle relazioni, nel migliorare le cure, le situazioni: quindi centralità delle relazioni umane a ogni livello e radicamento nel territorio, a partire dalle comunità locali.
Ultimo tema e suggestione, ancor più importante, è nell’essere volontari “cavalli di battaglia di razza”, ovvero operare nell’azione politica per il cambiamento. Il riferimento di pensiero è alla dignità ed equità dell’art. 3 della Costituzione, nella coscienza civile di persone che si interrogano anche su come eliminare le cause dell’ingiustizia.
Assemblea Nazionale del MoVi dal 2 al 4 giugno 2023
Cogliamo l’occasione per ricordare un appuntamento importante: dal 2 al 4 giugno 2023, a Frascati (in provincia di Roma), si terrà l‘Assemblea Nazionale del MoVi.
Il Volontariato è diventato oggi la fondamentale presenza, ancor più necessaria, per la Comunità. Sovente tale presenza si è rivelata la risorsa più importante nelle diverse emergenze – di natura economica, sociale, ambientale… per citarne alcune – che si stanno purtroppo avvicendando davanti ai nostri occhi.
Soprattutto il Volontariato è essenziale per la necessità di tenere vivi, diffondere e rilanciare i legami sociali e i principi essenziali della convivenza (rispetto per l’ambiente, democrazia, solidarietà, partecipazione, difesa dei diritti …).
Il Movimento di Volontariato italiano ha lanciato una comunicazione nuova su due binari:
- da una parte il consolidamento della Comunità di azione
- e d’altra parte l’allargamento a tutte le realtà che sono interessate a entrare in questa grande Casa comune del Volontariato.
Il nuovo statuto del MoVI nel 2021 ha ancora più migliorata la struttura organizzativa e favorito partecipazione, sinergia, efficacia nel mondo del Volontariato.
Prosegue questa fase di sviluppo della rete dei Volontari, anche in attesa della chiusura della lunga fase di trasmigrazione nel nuovo Registro Unico Nazionale del Terzo Settore che ancora lascia in sospeso e richiede “adempimenti” a molte realtà di Volontari.
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Intervista a Giorgio Volpe di MoVi: lo stato attuale del volontariato nel post riforma del Terzo Settore, opportunità e nuove prospettive. Di Franco Iurlaro.
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