La senilità, vista dagli occhi dei fondatori di Memorabilia, ha molti punti forza e ha bisogno di una nuova prospettiva. Ecco le iniziative culturali proposte da questa giovane impresa sociale che ci possono aiutare a mutare visione sulla terza età

Qualche tempo fa abbiamo intervistato Chiara Mignemi, co-fondatrice del progetto Memorabilia. Insieme al socio Riccardo Micheloni, si è posta l’obiettivo di farci cambiare prospettiva sulla senilità, attraverso la messa in atto di numerose iniziative culturali rivolte alla città di Milano. Ce ne ha parlato nell’intervista che segue.

Com’è nato il progetto “Memorabilia” e quali obiettivi si pone rispetto all’ambito “senilità“?

Noi siamo l’impresa sociale Kuroko. I soci sono Riccardo Micheloni e la sottoscritta, Chiara Mignemi: abbiamo trenta e trentadue anni. L’impresa è nata nel 2019 quando abbiamo presentando il Progetto Memorabilia partecipando al bando il “Bar della Scuola dei Quartieri”, indetto dal Comune di Milano, per il quale abbiamo vinto una borsa di finanziamento che ci ha dato modo di fondare l’impresa sociale. Da quel momento Memorabilia si è declinata in tanti progetti. Attualmente è impegnata in cinque iniziative diverse.

«La tesi alla base di Memorabilia è che la senilità rischia di declinare in senescenza quando non ci si impegna a riformulare il ruolo dell’“anziano” in termini dignitosi e inclusivi».

“La tua vita da leggere”: i ricordi che diventano un romanzo

Questo progetto consiste nella produzione di una biografia dedicata a una persona che vuole condividere ricordi e vissuti della propria vita. La persona coinvolta, spesso anziana, ha così modo di entrare in uno spazio di socializzazione e di ascolto e ha l’occasione di valorizzare se stessa e i suoi ricordi. Io mi occupo di organizzare una serie di incontri con la persona, durante i quali raccolgo il materiale e di curare la produzione della biografia.


Successivamente scrivo un romanzo che rimane alla persona e ai suoi cari. L’idea del progetto è nata da circostanze di carattere personale. Qualche anno fa mia nonna, una persona completamente lucida, è stata vittima di un tracollo fisico molto importante che l’ha costretta a un’assistenza che io definisco assolutamente “non dignitosa”.

Da lì ha dovuto smettere di partecipare a qualsiasi occasione di vita sociale, di intrattenimento. Ha iniziato a vivere da sola in casa con la sola compagnia della televisione, fruita tra l’altro passivamente – questo ci tengo sempre a dirlo. Non è che sia contro la televisione, ma penso che spesso il rapporto degli anziani con questo strumento non sia nutriente ma passivo, un modo per tirare avanti. Insomma, vedendola in quelle circostanze, ho sofferto molto. La ricaduta pratica del suo accudimento, chiaramente, è finita su mia madre, figlia unica.
 
Quello che ha attirato la mia attenzione e che ha iniziato a tormentarmi è il fatto che io e la mia famiglia stessimo vivendo una tragedia del tutto comune. Ho pensato che basti raggiungere un’età e perdere le proprie forze fisiche per trovarti a condurre una vita che vita non è.

Quindi tutto nasce da una sorta di ossessione da parte mia e dal fatto di essermi sentita impreparata sull’argomento, perché non avevo condotto un percorso di studi tali da darmi gli strumenti per affrontare questo genere di problematiche. Non sono un’educatrice, non lavoro nel campo assistenziale, non ho competenze mediche. Ho una formazione di altro genere e dunque ho iniziato un folle studio autodidatta sull’argomento, trovando ampia letteratura che confermava quanto pensavo, cioè che fossimo tutti completamente allo sbando su questioni relative alla cura e alla qualità della vita nella senilità. Così ho sentito il bisogno di indagare quali potessero essere degli spazi di intervento rispetto a questa situazione.
 
Insieme al mio amico Riccardo, che, come me, ha sempre amato scrivere, abbiamo deciso di iniziare proponendo questo progetto di scrittura di biografie. Non si tratta di un progetto assistenziale, ma un’iniziativa mossa dalla reale curiosità di capire cosa si cela dietro i vissuti e le storie di una persona in età avanzata.
 

Lavorando alle storie, mi sono trovata davanti a un materiale biografico incredibile, interessantissimo. Una persona che, ad esempio, raggiunge i novant’anni può raccontarti una infinità di storie, di incontri straordinari, di esperienze incredibili.
 
 
Devo ammettere che sono stati i racconti delle donne che mi hanno dato l’esperienza più stimolante nella raccolta del materiale. Il motivo è che hanno vissuto in un’epoca in cui il genere femminile aveva poco spazio di espressione e poca centralità nella vita pubblica. Da non protagoniste, hanno così avuto maggiormente modo, rispetto agli uomini, di osservare silenziosamente la realtà e di costruire un punto di vista poliedrico. La loro mi è sembrata una narrazione più consapevole, più cosciente. Questo è uno dei risultati della ricerca realizzata con questo lavoro, ed è stato un bellissimo esperimento.  
 
Poi, c’è da dire che il genere femminile ha subito più variazioni nella storia, ha fatto dei passi avanti, quindi è interessante anche per noi vedere come vivevano queste donne e come si auto-percepivano, per capire come ci siamo evolute in quanto genere.

 
I temi caldi, anche politici o quelli legati alla storia di un genere che ho avuto modo di toccare, sono secondo me un materiale importantissimo per capire il nostro presente. Inoltre, il punto di vista che viene fuori dalle narrazioni non è quello dello storico, ma della persona comune che vive all’interno di fatti storici dei quali ne riporta un contenuto soggettivo, totalmente inedito per noi.

L’urgenza di questo lavoro di raccolte biografiche è anche quella di non perdere le ultime testimonianze di persone che hanno vissuto eventi storici di una grossa rilevanza, per esempio la guerra. In quei racconti non trovi il fatto storico in sé, ma i vissuti emotivi che non troveremo mai nei libri di storia.
 
 
Nell’ultima biografia che ho scritto, la persona intervistata mi ha raccontato di essere scappata, perché ebrea, con i parenti in Paraguay e poi in Argentina e mi ha riportato l’episodio di quando, da ragazzina, incontrò ad un ricevimento Eva Peron. Vide che ad u certo punto ad Eva cadde una spallina e che restò in piedi per non mostrare la scollatura. Le persone attorno, per rispetto, stettero in piedi per tutto il tempo anche loro. Questo è un episodio di vita vissuta che si incrocia con la storia e che ti da anche un colore in più su un personaggio storico che altrimenti non avresti potuto conoscere.
 
Il lavoro che c’è dietro la scrittura e la produzione di queste storie è comunque molto impegnativo, anche perché voglio mantenermi fedele alla storia e al modo in cui viene raccontata. C’è chiaramente una rielaborazione narrativa, ma resta la fedeltà sui termini e sulla parlata della persona. È un lavoro oneroso che richiede almeno 3 mesi di tempo.
 

 “Ti passo a prendere”: il servizio bus che accompagna i senior a teatro


Successivamente a “La tua vita da leggere”, la cui validità ho avuto modo di sperimentare man mano che proseguiva, abbiamo creato altri servizi in linea con il nostro pensiero di agire nella sfera della senilità. Su questo ci tengo a specificare che noi ci poniamo in maniera complementare che ciò che già esiste e non abbiamo progetti di tipo assistenziale. Quello che ci muove è proprio voglia di dialogare con le persone di una certa età.

Peraltro, se devo dire la mia, dietro queste iniziative c’è anche un pensiero “egoistico”, perché vorrei che quando raggiungerò una certa età la società offrisse più occasioni di quante non ce ne siano adesso.
 
Tutti i progetti di Memorabilia nascono dalla domanda: cosa vorrei che ci fosse nel momento in cui avrò ottant’anni? L’idea è quella di rendere la società più inclusiva per le persone anziane a partire da ciò che già esiste. Vorremmo fornire degli strumenti affinché nella senilità si possa usufruire di tutto quello che la società mette a disposizione.


Una sperimentazione che abbiamo realizzato consiste nel consentire alle persone – anziani in particolare – di sottoscrivere un abbonamento semestrale per dieci spettacoli in otto teatri di Milano, nel quale sia incluso il servizio di accompagnamento dal domicilio al teatro e viceversa. Il progetto si chiama “Ti passo a prendere”.
 
Questa idea mi è venuta in mente pensando a mia nonna: una donna culturalmente nella media ma molto curiosa, che ama la socializzazione. Ho pensato che avrebbe apprezzato formule di intrattenimento culturali e di socialità, ben organizzate e svolte in tutta sicurezza. Infatti, col giusto servizio si possono aiutare sia le persone che hanno difficoltà a spostarsi, ma anche donne che sono restie a recarsi a teatro da sole.
 
Abbiamo scelto la programmazione teatrale su otto teatri, i quali hanno supportato molto l’iniziativa facendoci riduzioni molto importanti su sugli ingressi. Si è quindi creato questo gruppetto di persone molto entusiasta. Del resto, andare a teatro è un’opportunità che consente di avere molto materiale di cui parlare e da condividere.
 
Le altre attività solitamente proposte agli anziani, come i giochi ecc, hanno sicuramente valore, però non creano quel contesto di entusiasmo, di condivisione, di apertura – anche intima – che il teatro, come motore culturale, genera.
 
C’è da dire che fare una proposta così a Milano vuol dire incontrare una serie di ostacoli cento volte più grandi rispetto a un piccolo comune – anche se sarebbe bello che le piccole città si attrezzassero per iniziative simili. Tuttavia, un grande centro come Milano dà opportunità maggiori, perché offre più sostegni e permette di visitare più posti.

Avere la possibilità di andare in otto teatri diversi, infatti, vuol dire che nel tragitto le persone socializzano, possono rivedere la loro Milano e possono respirare ambientazioni culturali anche molto diverse, perché ogni teatro ha la sua firma artistica.
 
Dal punto di vista organizzativo è chiaramente più complicato, perché è tutto gestito da noi, non ci sono bandi o aiuti simili. Poi c’è anche il fatto che le persone sono spesso diffidenti e che hanno bisogno di essere rassicurate o di tranquillizzare i loro figli prima di convincersi a partecipare.

La senilità nelle scuole 


Abbiamo poi realizzato altri un progetto indirizzato alle scuole – media e superiore – che mira a al dialogo intergenerazionale. Questa iniziativa si fonda sulle proiezioni identitarie. Viene chiesto alle persone di immaginare se stesse in modo diverso da come sono. Questo è un esercizio molto buono, che sviluppa senz’altro una certa sensibilità all’altro e la capacità di essere empatici.

La senilità non viene mai tirata in causa come oggetto di proiezione, perché si tende un po’ a escludere l’anziano o la possibilità di sentirsi tale. Io però credo anche che sia un esercizio utile e fondamentale da fare, soprattutto se svolto in un’età non ancora troppo matura, perché ancora non “inquinata” dal terrore di sentirsi vecchi.

Attraverso percorsi ludici si possono condurre le persone a immaginare che i propri bisogni cambieranno nel futuro. Questo porta a una maggiore presa di coscienza del fatto che anche la società deve adeguarsi a questi bisogni e che l’allungamento della vita non comporti solo la necessità di garantire risposte di tipo medico, ma che sia necessario aggiungere qualità alla vita attraverso una svolta sociale.


Quindi l’idea era iniziare a parlare, tramite il gioco e il confronto, ai ragazzini perché questo tema potrebbe creare cittadini più consapevoli e non impauriti rispetto alla senilità. Per quanto riguarda le scuole superiori, ci siamo spinti proprio a immaginare la progettazione di servizi, sempre in maniera ludica.
 
Io sono convinta che dai ragazzi potrebbero venire fuori anche idee migliori sul mondo. Abbiamo anche provato a farli esercitare a le figure senili nel cinema, che spesso sono stereotipate e ridotte alla figura dei “nonni”, per far sviluppare loro un pensiero artistico in grado di includere e dipingere l’anziano come individuo, dandogli delle caratterizzazioni e dei ruoli profondi e differenziati.

“Ritratto di quartiere”: il Giambellino musicato dalle voci degli anziani

Altra cosa di cui vi parlo è un esperimento realizzato in collaborazione con il Laboratorio Lorenteggio, nel quartiere Giambellino, che è notoriamente caratterizzato da una certa emarginazione sociale. Questo esperimento si chiama “Ritratto di quartiere”, citazione di “Ritratto di città”, per il quale ho intervistato gli abitanti anziani del Giambellino e ho raccolto le loro testimonianze autobiografiche che fossero legate al quartiere.
 
Da lì ho creato un’opera sonora – perché io sono anche elettronico music producer e spero di portare avanti il discorso della vocalità senile con la musica elettronica – con la colonna sonora realizzata attraverso i contributi degli abitanti del quartiere. Abbiamo anche avuto occasione di trasmetterlo nella via durante la festa del quartiere. Le persone si sono sentite protagoniste perché riconoscevano la loro voce che girava per le strade e vedevano le persone ammaliate da questi racconti.
 

C’erano storie di donne novantenni minacciate con la pistola, storie di droga ecc. Attraverso queste iniziative abbiamo voluto comunicare anche un’idea di anziano – e quindi anche di senilità – diversa da quella più diffusa, che è estremamente riduttiva.
 
Quindi finché restiamo nel pregiudizio che l’anziano e chi se ne occupa sia poco interessante, stiamo contribuendo ad assicurarci una vita deprimente.
 

Una trasmissione radiofonica per sfatare i tabù fra senilità e affettività


L’ultima iniziativa di cui vi parlo è una programmazione radiofonica che mi piacerebbe realizzare: una trasmissione per sensibilizzare le persone sul tema dell’affettività in età senile. Si tratta di un argomento ancora tabù che, a mio avviso, sta alla base delle cause della depressione senile. Sentirsi “arrivati” dal punto di vista affettivo comporta un senso di auto-esclusione fortissimo nella società, per cui l’idea è lasciare spazio ai senior per raccontare le loro esperienze dal punto di vista dell’affettività e della sessualità, in modo che altre persone coetanee ascoltino queste testimonianze e vengano aiutate a normalizzare la questione.
 
La difficoltà di questo progetto è il fatto di non poterlo trasformare in un podcast, che dal punto di vista della produzione sarebbe più semplice, perché gli utenti di cui parliamo non usano questo strumento. Quindi l’idea dovrebbe essere proprio quella di riuscire a utilizzare un’emittente radiofonica per trasmetterla anche in tarda sera. Peraltro, gli anziani ascoltano molto volentieri, da quello che so, trasmissioni in tarda sera, quindi sarebbe anche uno spazio che potrebbe interessare proprio questa fascia di età.
 
 

Un nuovo sguardo sulla senilità


Spesso accorgersi di quanto ci sia dietro il mondo della senilità è difficile se uno non parte da una vicenda personale che faccia da apripista rispetto a questo mondo.
A volte un’indagine approfondita sul mondo della senilità potrebbe darci risposte più corrette anche riguardo i servizi che costruiamo. Mi è capitato più volte che, intervistando una persona, questa mi raccontasse anche fatti intimi e che poi i figli mi abbiano detto “ah ma io questa cosa non lo sapevo, ma non me l’hanno mai raccontata”.
 
Noi riteniamo molto importante attivare un dialogo intimo con la persona, e ci teniamo al fatto che questo avvenga con persone che non siano familiari, per aiutare la persona a emergere dal ruolo di “nonnino”. La narrazione che ne viene fuori dà la prova di come gli anziani siano altro rispetto all’immaginario comune.

E se li riconosciamo al di fuori del ruolo familiare ci viene più semplice pensare che la loro cura non debba necessariamente essere solo un peso per le famiglie.

Sarebbe importante vedere la persona inserita in una rete sociale al di là dei parenti. Infatti, di frequente capita che nelle famiglie il dialogo si inceppi e non si riesca a essere autentici, proprio perché si fa fatica a uscire dai ruoli. Quindi, a mio parere, sarebbe importante per le persone avere la possibilità di esprimere se stesse e le loro parti più vere.

Quando si raccontano di fronte a un foglio bianco non si limitano a raccontare gli aneddoti che raccontano ai nipoti ma si lasciano liberi di esprimersi senza censure. Lì diventano veramente persone, individui che hanno molto da dire, non perché abbiano vissuto tanti anni, ma per il fatto di aver avuto molte evoluzioni.

Negli gli anni vissuti sono state persone diverse, che hanno un esperito molte emozioni e che hanno passato molti momenti di vulnerabilità che oggi possono raccontare. Per me sono la concretizzazione dell’uomo come essere sempre in evoluzione e io ho il privilegio di sentire tutta la storia.

Chiara Mignemi, co-fondatrice progetto Memorabilia


 

 
 

About the Author: Adriana Tidona

Ufficio Stampa di Editrice Dapero

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