“Voci. Tra ricordi e pandemia” è il primo docu-film di Elena Della Giustina e Anna Trevisiol. Perché scegliere una RSA come prima ambientazione di un film indipendente? “Perché quando inizi a frequentarne una senti inevitabilmente il bisogno di custodire e raccontare i ricordi di vita preziosi degli anziani”. “Voci” è anche un diario della pandemia, uno scorcio che quasi nessuno ha potuto guardare durante i mesi di chiusura. “Voci” è testimonianza e arte allo stesso tempo…
Di Elena Della Giustina
“Voci. Tra ricordi e pandemia”: la scoperta di un luogo di bellezza e il bisogno di raccontare
Non avrei mai pensato che il nostro primo film parlasse di una casa di riposo, ma quando inizi a frequentarne una e ti ritrovi a chiacchierare con gli ospiti che la abitano, senti inevitabilmente il bisogno di custodire e raccontare i loro preziosi ricordi di vita, quasi come fosse un dono che ti viene affidato e di cui spetta a te farne tesoro.
Questa è la ragione per cui è nato “Voci. Tra ricordi e pandemia”, un racconto che parla delle esperienze vissute all’interno di un Centro di Servizi da anziani, operatori e familiari durante il periodo della pandemia.
La genesi del documentario girato insieme alla mia collega e cara amica Anna Trevisiol risale all’estate 2020, quando, dopo la prima ondata dell’emergenza sanitaria, le residenze per anziani riaprirono le porte al mondo esterno permettendo ai parenti di riprendere le visite giornaliere ai propri cari. Così, tra una visita e l’altra alla nonna, iniziai a conoscere più da vicino la realtà di Casa Amica, residenza che sorge nel piccolo paesino di Fregona, ai piedi della foresta del Cansiglio, nella provincia di Treviso.
In questo ambiente quasi del tutto nuovo per me, nei caldi pomeriggi domenicali mi ritrovavo all’ombra degli alberi a conversare con alcuni degli anziani della struttura, ad ascoltarli mentre mi raccontavano qualche aneddoto delle loro vite passate, oppure a commentare insieme gli eventi correnti. Sin da subito mi resi conto dell’immenso valore delle storie che ciascuno di loro racchiudeva in sé, così, dopo averne parlato con Anna, condividemmo entrambe l’esigenza di sottrarre al tempo, attraverso il mezzo cinematografico, la bellezza racchiusa nelle vite di queste esistenze silenziose.
Dopo la fase preliminare dedicata ai sopralluoghi tecnici, all’incontro con il direttore Bernardo Franco, con il personale e gli ospiti, io ed Anna, insieme al nostro co-autore Michele Dalmazi e con il supporto tecnico e professionale del regista Paolo Dalmazi, iniziammo a riprendere le prime interviste durante il periodo natalizio. Era per tutti un’esperienza nuova: per noi, giovani registe alle prese con il nostro primo progetto indipendente; per gli operatori, che sin da subito ci hanno accolto nella loro grande famiglia, aderendo a questo progetto con fiducia e disponibilità; infine per gli anziani che, lontani dagli affetti più cari, forse per curiosità, per divertimento, o per stare in compagnia, pian piano vincevano l’imbarazzo di stare di fronte ad una telecamera e ci immergevano nei loro racconti e pensieri.
Non seguivamo una direzione precisa, ma, guidati da una traccia generica di domande, lasciavamo che gli argomenti procedessero in maniera spontanea, così che i nonni potessero esprimersi liberamente. C’era infatti chi si dilungava nel racconto della propria infanzia, chi voleva parlare della professione svolta, chi si perdeva nel ricordo dei viaggi, o delle usanze di famiglia, chi ancora si lasciava scappare qualche rimpianto di gioventù e chi invece non perdeva l’occasione per narrarci un aneddoto divertente di un tempo ormai lontano, ma ancora vivido nella memoria. E così, una voce dopo l’altra, la nostra camera cinematografica collezionava insieme moltissime trame di vita, ognuna diversa, ma proprio per questo unica e speciale. “Voci. Tra ricordi e pandemia” iniziava a prendere forma.
Voci: una testimonianza del periodo delle chiusure
Un altro aspetto affrontato durante le interviste riguardò, inevitabilmente, la pandemia di Covid19. Anche in questo caso, ci riempì di tenerezza ascoltare le esperienze vissute da operatori e anziani durante la prima ondata dell’emergenza sanitaria: ognuno di loro aveva una percezione diversa della situazione e portava con sé ricordi più o meno vividi dell’isolamento e della lontananza dai propri cari.
Gli operatori, da parte loro, ci restituivano le testimonianze di chi, nel corso di quei mesi difficili, aveva accudito gli ospiti non solo come professionista sanitario, ma diventando spesso l’amico o il parente a loro più vicino.
Dopo il quinto giorno di riprese il materiale raccolto era così tanto che si profilava ora un’altra sfida da superare: costruire un intreccio narrativo lineare, senza però tradire la molteplice varietà delle esperienze di vita ascoltate. Non è stato semplice, poiché vivere dall’interno la residenza, conoscere le persone che la abitano, ci aveva in qualche modo fatto affezionare ad ogni volto, ad ogni persona, impedendoci a volte di eliminare a cuor leggero alcune parti, seppur poco funzionali al prodotto finale.
Tuttavia, dopo un intenso lavoro di montaggio, vedemmo lentamente il nostro documentario prendere forma, fino a diventare una fitta trama di voci che si mescolavano tra loro per raccontare insieme i tanti aspetti che caratterizzano la vita all’interno di un Centro di Servizi per anziani.
Grazie a questa esperienza, dunque, un contesto ritenuto sempre così lontano dalle nostre vite, spesso menzionato solo per fatti di cronaca – ad esempio per i picchi di contagi e per i focolai scoppiati durante la pandemia – ora veniva esplorato da un altro punto di vista, quello dell’umanità che sta oltre le sue mura, nonché della cura e della passione degli operatori, instancabili dispensatori di sorrisi e attenzioni anche nei momenti più difficili, nonostante la stanchezza e le difficoltà giornaliere.
Voci è dunque il racconto corale di tutto questo, è un viaggio nella memoria delle persone anziane, fonti inestimabili di vissuti e ricordi che arricchiscono la nostra società e rinsaldano il legame con il nostro territorio; ma è anche un omaggio a tutti gli operatori sanitari che, in un periodo in cui la pandemia interruppe il contatto tra ospiti e familiari, costretti a vedere i propri cari solo attraverso un vetro o uno schermo, hanno saputo colmare il vuoto e la solitudine dei nonni con il loro affetto e le cure quotidiane.
A tutti loro è dedicato questo film, e in particolare a quei nonni che abbiamo conosciuto nel corso di questa esperienza, i quali ci hanno regalato momenti indimenticabili di risate e racconti, ma che ora purtroppo ci hanno lasciato. Con la speranza che chiunque lo guardi possa cogliere la bellezza e la tenerezza delle loro voci, oltre agli aspetti più divertenti e giocosi dell’assistenza.
Il nostro grazie immenso va ancora una volta a tutte le persone che hanno partecipato a questo film: a Michele Dalmazi e Paolo Dalmazi, per averci seguito in tutte le fasi di creazione del documentario; al direttore di Casa Amica, Bernardo Franco, per aver scommesso fin da subito sul nostro progetto e per averci accolto in Casa Amica nonostante la criticità del periodo pandemico; agli operatori, per la collaborazione e l’entusiasmo con cui hanno preso parte alle riprese; ai nonni, per essere semplicemente così come sono: unici e preziosi.
Su rivista CURA online abbiamo parlato di Casa Amica anche durante l’intervista al direttore Bernardo Franco. L’articolo si intitola “Innovazione nei servizi per anziani? Non è solo tecnologia, ma abitudine al cambiamento in tutta l’organizzazione“
Libri consigliati sull’argomento #RSA #testimonianze #ricordi #voci e #pandemia:
“Reduci. Quando il Covid entrò in RSA” di Andrea Benelli.
“Mi ricorderò per sempre. Voci, sguardi ed emozioni dall’interno delle RSA lombarde durante la pandemia“. A cura di Paola Cattin e in collaborazione con UNEBA Lombardia.
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