Gli over 65 protagonisti di una quotidianità dinamica, inseriti in un ambiente sociale che accoglie, crea spazi e nuove opportunità. L’obiettivo? Promuovere un nuovo tipo di invecchiamento attivo centrato sulla persona e sulla capacità di autodeterminarsi.
Invecchiamento demografico o semplice evoluzione?
Negli ultimi anni si è parlato molto di invecchiamento demografico preoccupandosi solamente del peso economico di una società longeva, mentre è ormai fondamentale la costruzione di un piano di promozione per favorire l’invecchiamento attivo. È il caso di iniziare ad agire in modo efficace per dare vita ad opportunità innovative da offrire a tutti i nuovi pensionati che conservano competenze ed energie da spendere.
Se volgiamo lo sguardo alle generazioni passate di pensionati, vedremo persone logorate da anni di guerre e difficoltà, cresciute in contesti rurali e con scarse competenze scolastiche. Persone che raggiungevano la pensione stanche, dopo anni di fatiche e sacrifici. Poco propensi al rimettersi in gioco, erano rassegnate all’immagine dell’anziano che si ammala e diventa un peso per la famiglia. Gli uomini spesso trovavano conforto e occupazione nelle attività agricole oppure nei circoli sociali, mentre le donne continuavano ad occuparsi della casa.
I nuovi pensionati sono molto lontani da questa immagine, hanno grandi energie da spendere, un vissuto cittadino e competenze professionali di alto livello. Utilizzano smartphone e pc senza troppa difficoltà e hanno reti sociali ben solide. Con queste caratteristiche la pensione rappresenta la possibilità di vivere dinamicamente il presente sfruttando la consapevolezza e la maturità dell’età senza vincoli lavorativi o famigliari.
Una definizione
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’invecchiamento attivo come
“un processo che consente di migliorare la qualità della vita delle persone anziane attraverso l’ottimizzazione delle opportunità offerte in termini di salute, partecipazione e sicurezza”.
La scelta di questi tre fattori non è casuale. Sono stati selezionati perché capaci di racchiudere in modo completo tutti gli elementi che sostengono e permettono un invecchiamento attivo e sereno e senza troppe difficoltà. Le disponibilità economiche garantiscono di certo una buona base di partenza ma vengono presi in considerazione anche elementi concreti in cui ci si imbatte nella quotidianità, come l’accesso facilitato a screening di controllo e visite specialistiche.
Nota all’occhiello è l’attenzione dedicata al benessere psicologico e mentale che dovrebbe essere sempre tutelato a prescindere dall’età. Basti pensare a quante persone sole e isolate conosciamo, molte delle quali sono anziane che sviluppano disturbi come depressione e apatia. Grazie alla vastità di elementi presi in considerazione possiamo riuscire ad immaginare quante possibilità progettuali siano attuabili nei prossimi anni.
Quali sono le opzioni?
Prendiamo l’esempio di Maria, ha 72 anni ed ha sempre lavorato come segretaria. Dalla pensione ad oggi non si è mai fermata: ogni mattina alle 7.30 insieme ad altri volontari si occupa del Pedibus accompagnando a scuola una quindicina di bimbi della scuola primaria del paese.
Con altre amiche frequenta una volta alla settimana il corso di ginnastica dolce in palestra e ogni sabato va in piscina. Fino all’arrivo del Covid svolgeva regolarmente volontariato in casa di riposo dove era riconosciuta come una figura di riferimento, sempre pronta a spendere una parola gentile con gli ospiti o a lanciarsi in qualche ballo durante le feste in salone.
Scegliere di iscriversi a delle associazioni di volontariato piuttosto che ad un semplice corso in palestra è certamente un buon inizio ma c’è bisogno di potenziare e variare le offerte già presenti, costruendo nuove possibilità con accesso agevolato per gli over 65.
Le università della terza età sono molto diffuse e possono essere ottime basi su cui lavorare per dare vita ad un orizzonte di proposte nuove ed allettanti. Il rischio molto presente è quello di offrire opportunità strettamente legate all’età dei partecipanti, quando invece la scelta migliore sarebbe quella di favorire legami con le altre generazioni.
Immaginiamo quindi un ente preposto che si occupi di realizzare progetti sul territorio costruendo reti tra istituzioni e privati, valorizzando le attività di gruppo nei quartieri, pubblicizzando e organizzando corsi ed eventi. L’obiettivo è creare inclusività, compartecipazione intergenerazionale, scambio di esperienza e conoscenza.
Sperimentare e scoprire.
“Fino alla pensione non ho avuto molto tempo per scoprire cosa mi piaceva fare. Da ragazza c’era la scuola, poi ho trovato lavoro e quando sono arrivati il marito ed i figli il tempo è volato”. Angela a 75 anni ha scoperto la passione per la pittura e il disegno. Non avendo trovato corsi a disposizione nelle vicinanze ha imparato a svolgere delle semplici ricerche online e ora segue i tutorial su Youtube.
Questa predisposizione alla curiosità deve essere coltivata e deve trovare metodi concreti e accessibili per sperimentarsi.
Ernesto, 72 anni, ha iniziato a coltivare una forte spiritualità e affianca il parroco nella gestione della chiesa e dei gruppi di preghiera. Insieme, prima della pandemia, organizzavano gite in pullman compresi soggiorni lunghi con pernottamenti anche di una settimana.
Questi circoli, che siano di matrice religiosa o meno, sono ottimi punti di partenza perché propongono attività estremamente stimolanti che incontrano l’interesse di fasce di età molto diverse tra loro. In questo modo oltre alla condivisione di un’esperienza c’è la scoperta di luoghi nuovi e la creazione di nuovi legami nel territorio.
Quando il Covid si mette in mezzo…
Durante l’emergenza sanitaria i pensionati hanno dato prova che l’invecchiamento attivo è possibile anche in una pandemia. Gianni, 75 anni, si è occupato di fare la spesa e consegnarla al domicilio dei positivi durante la prima ondata e quando l’Hub vaccinale del paese limitrofo cercava volontari per la gestione degli ingressi è stato tra i primi a candidarsi.
Ma non è stata l’unica scelta attiva: Ada, 87 anni, ha preferito rimanere in casa e dopo essersi fatta installare l’applicazione Zoom nel suo computer ha creato un piccolo Club del libro con altre signore della zona. Si trovano ogni venerdì per confrontarsi sulle letture svolte e per spettegolare sugli ultimi fatti accaduti.
E poi? Meglio feriti che morti.
In un mondo idilliaco sarebbe bello sperare di invecchiare in salute ma sappiamo bene che non è sempre possibile. Viene quindi naturale chiedersi cosa succede dopo, quando le condizioni di salute non sono più ottimali.
Se si coltiva un invecchiamento attivo, si conserva una grande forza di volontà e si ha il giusto sostegno, la quotidianità cambia forma e si adatta alla nuova condizione. Di questa prospettiva si parla poco, anche se è uno scenario frequente che in molti vivono.
Si tratta sempre del benessere della persona che però a tutti gli effetti è meno produttiva sia a livello economico che sociale. Per spiegarvi questa parte nascosta dell’invecchiamento attivo mi farò aiutare da alcune meravigliose persone incontrate nel mio lavoro di educatrice in RSA.
Prima tra tutte c’è la signora Perla che all’età di 78 anni, a seguito di un ictus, si è trovata in carrozzina con una emiplegia (blocco totale) del lato destro del corpo. Entrata in struttura si è impegnata al massimo per imparare come potersi muovere con la metà del corpo rimasta a disposizione. Due mesi dopo il suo ingresso mi ha chiesto ago e filo e nonostante le evidenti difficoltà motorie ha realizzato borsine in stoffa per tutte le signore della struttura. I punti si vedono, sono storti, ma reggono benissimo. Il suo mantra? Meglio feriti che morti.
Il signor Umberto, invece, fino ai 97 anni è riuscito a mantenere le sue buone abitudini: ogni mattina 10 flessioni, lettura del giornale e cruciverba. Ora che il fisico non gli permette più grandi movimenti continua con le letture e ha introdotto il sudoku.
Valentino a 85 anni si muove per l’RSA con il dizionario di inglese e l’eserciziario nel deambulatore. Gli ho installato un’app sul cellulare che lo aiuta con la pronuncia. Ogni giovedì controlliamo insieme gli esercizi e ci cimentiamo nel dialogo libero.
La signora Ada, 89 anni, è l’unica residente che ha con sè un pc personale. Lo utilizza per le videochiamate con i parenti e per guardare documentari e serie su Netflix. Il lunedì mattina mi aggiorna sulle ultime novità viste.
Questo per me è il proseguimento di un invecchiamento attivo che fonda le radici nella forza di volontà e di autodeterminazione degli individui e delle loro famiglie. Persone capaci, forti, che si mettono in gioco per raggiungere nuovi traguardi pur vivendo in condizioni non ottimali. Prima ancora di pensare a progetti dedicati e a nuovi sostegni economici da elargire dobbiamo coltivare in noi stessi e negli altri la volontà di essere attivi.
Pensarsi anziani: una prospettiva necessaria
È il caso di iniziare a pensarsi anziani quando ancora anagraficamente non lo si è e chiedersi che tipo di quotidianità vorremmo per noi stessi. Il compito di fornire nuove alternative stimolanti e accoglienti che possano coinvolgerci attivamente, come anziani di domani, è nelle nostre stesse mani.
Costruire un orizzonte che includa e valorizzi chi ha ancora molto da condividere, affinché ci sia attenzione per tutti, dovrebbe essere uno degli obiettivi da raggiungere nel breve periodo. L’invecchiamento attivo è una scelta possibile, sta a noi muoverci verso una condizione di vita ottimale che incontri i nostri interessi e ci spinga lontano dall’immagine dell’anziano sul divano che fissa lo schermo della tv o dello smartphone. Iniziamo oggi a coltivare legami, passioni e curiosità per la vita perché se ci pensiamo bene non si comincia ad invecchiare dopo la pensione: meglio iniziare ad agire il prima possibile. Meglio iniziare a promuovere per noi stessi un sano invecchiamento attivo.
Sul tema dell’invecchiamento attivo attivo vi segnaliamo una diretta Facebook dalla pagina di Editrice Dapero che si terrà il prossimo 25 febbraio alle h 17.00: “Vecchi e attivi: l’active aging come stile di vita” organizzato con Francesco Mosetti d’Henry, autore per la casa editrice del testo “La stagione del raccolto. Il cinema per comprendere la vecchiaia”.
Si parlerà di cinema, ma anche di tutti i pregiudizi che connotano l’età anziana e che meritano di essere individuati al fine di trovare strategie per sostenere un buon invecchiamento attivo.
L’articolo su rivista CURA sul libro a cura di Cinzia Siviero: “69 film sulla vecchiaia in un libro molto originale“
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