La Cura centrata sulla persona, (secondo il modello Person Centred di Kitwood) è stato il fattore chiave per garantire benessere globale alle persone con demenza anche durante la pandemia
Questo articolo compare anche nel numero cartaceo di CURA in uscita a settembre: La demenza è un’opera d’arte.
Cosa ha cambiato la pandemia rispetto ai modelli di cura e di intervento nelle residenze protette per anziani? Come è possibile realizzare oggi la qualità di vita dei residenti con demenza nelle RSA?
Modelli di cura appropriati e qualità di vita
Ovviamente la pandemia, sia nelle fasi più critiche, sia nell’attuale fase di convivenza con il virus e le misure di prevenzione all’interno delle residenze per anziani, ha reso evidenti alcuni limiti soprattutto ambientali (un maggior numero di stanze singole, spazi di condivisione tra residenti e familiari distinti, ma attigui, agli spazi di vita comuni dei residenti, spazi esterni facilmente accessibili, ecc.).
Ma al di là di questi aspetti strutturali, che richiederanno nei prossimi anni il dispiego di risorse economiche per garantire spazi più adeguati e, si auspica, dementia friendly, credo che la pandemia dopotutto non ci abbia insegnato nulla di nuovo dal punto di vista dei modelli e degli approcci di cura.
Credo piuttosto che abbia rimarcato che la qualità di vita dei residenti con disturbi cognitivi dipende in larga parte dal loro benessere psicologico ed emotivo (e non solo fisico e di salute) e che questo debba essere un obiettivo di cura che deve entrare di diritto negli standard di cura, perché è parte integrante delle cure appropriate delle persone con demenza definite dalle linee guida.
Il confronto con residenze e professionisti in quest’ultimo anno e mezzo ha reso evidente che i contesti di cura che hanno saputo integrare negli anni precedenti modelli di cura bio psico sociali e Person Centred, sono riusciti a garantire qualità di vita e il benessere globale dei residenti con disturbi cognitivi anche durante la pandemia (Abbiamo già parlato dei modelli di cura bio psico sociali qui su rivistacura, nell’articolo: Studi e modelli per la demenza. Gli interventi bio pisco sociali e i modelli più diffusi in Italia).
Ovvero, anche in questo lungo periodo caratterizzato dall’assenza di familiari e amici in presenza all’interno delle residenze, dall’impossibilità di uscire, dai vincoli dettati dalle misure di prevenzione del rischio infezioni.
Fattori chiave della cura centrata sulla persona
Ma quali sono i fattori chiave della cultura della cura centrata sulla persona, ovvero Person Centred, che favoriscono, nonostante queste forti limitazioni, la qualità di vita dei residenti con demenza?
Per trovare una risposta, è fondamentale partire dal concetto di personhood nella cura della demenza: Kitwood ha riconcettualizzato la personhood (Essere Persona) non collegandola esclusivamente al funzionamento cognitivo, ma l’ha intesa come costruita socialmente in un ambiente di interazione. Kitwood ha teorizzato che parte del deterioramento osservato nelle persone con demenza fosse causato non dalla malattia stessa, ma dal modo in cui le persone venivano trattate.
Le persone con demenza sono infatti frequentemente esposte alla psicologia sociale maligna, che esiste nelle relazioni che svalutano, disumanizzano e sminuiscono la persona con demenza.
Quando la persona è stigmatizzata, infantilizzata, oggettivata o ignorata, ne consegue una perdita di personhood. Un approccio alternativo è il “lavoro positivo della persona” o l’assistenza centrata sulla persona che mira a ripristinare e sostenere la personhood.
Gli effetti benefici della cura centrata sulla persona
Pertanto, il modello di Kitwood e la copiosa letteratura sul tema, sottolinea l’importanza della relazione nella cura della demenza; ma quale dev’essere la natura e qualità della relazione tra personale di cura, residente con demenza e familiari per favorire il benessere della persona con demenza?
Uno studio di K. Smeybe and Kirkevold (2013) indaga proprio questi aspetti e i risultati mostrano che nell’assistenza Person Centred il personale ha trattato le persone con demenza con rispetto e ha adottato un approccio basato sui punti di forza, che aumenta la capacità della persona con demenza di esercitare il controllo e l’autonomia.
L’attenzione si è concentrata sulle capacità rimanenti piuttosto che sulle conseguenze limitanti della demenza. Il personale ha facilitato la partecipazione al processo decisionale e alle attività significative tenendo conto della prospettiva della persona con demenza, identificando i suoi bisogni e fornendo cure individualizzate. Sono stati valutati i rischi e promossa l’autonomia. La priorità è stata data ai compiti di cura e alle relazioni.
Hanno anche cercato di aiutare la persona a mantenere le relazioni con altre persone significative nella sua vita. Il personale di cura ha tenuto conto delle opinioni e delle preoccupazioni espresse dalle persone con demenza e dai loro familiari, e hanno riconosciuto i loro contributi come la condivisione di storie di vita e l’utilizzo di queste conoscenze per personalizzare l’assistenza.
D’altra parte, i familiari erano grati per le informazioni fornite dal personale sulla malattia, su come le persone con demenza vivevano la quotidianità e su come erano organizzati i servizi. Condividendo le informazioni e il coinvolgimento nelle decisioni relative all’assistenza, il personale è stato in grado di vedere oltre i bisogni fisici e includere anche i bisogni psicosociali.
Infine, nelle relazioni che hanno sostenuto la personhood, gli operatori e i familiari hanno collaborato e rafforzato gli sforzi reciproci, per il benessere del residente con demenza.
Fattori organizzativi che portano alla cura “di routine”
Quando l’assistenza non è Person Centred, al contrario, il personale di cura non investe nelle relazioni con la persona con demenza: si limita a svolgere l’assistenza necessaria, è amichevole ed educato, ma vede l’assistenza come un lavoro pratico che deve essere svolto. L’assistenza ritualizzata e di routine diviene la regola piuttosto che l’eccezione.
Lo studio ha mostrato come non importava chi aiutasse la persona con demenza, purché il lavoro fosse svolto. Il tempo a disposizione per svolgere il lavoro era inadeguato, con conseguente stress del personale. Alcuni operatori hanno dichiarato che la cura centrata sulla persona era l’ideale che avrebbero desiderato seguire, ma che trovavano difficile metterla in pratica.
Questo divario tra ideale e realtà secondo lo studio potrebbe in parte essere spiegato dalla cultura del contesto di cura nel quale lavoravano, basata su valori poco chiari: i responsabili non avevano definito e discusso esplicitamente la filosofia di cura e assistenza sottostante.
Sul tema della cultura della cura puoi leggere anche l’articolo: Sente-Mente: facciamo crescere l’organizzazione (14 ottobre 2020).
Altri fattori che hanno contribuito sono state le frequenti riorganizzazioni del servizio e le conseguenti responsabilità poco chiare; la presenza di personale part-time e non qualificato; l’elevato turnover e una documentazione inadeguata hanno peggiorato le cose. Quando il personale non lavorava bene insieme, le difficoltà venivano trasmesse ai residenti del nucleo, con un aumento dei comportamenti “difficili” e dei litigi tra i residenti. Inoltre, le azioni centrate sul compito hanno prevalso sull’assistenza centrata sulla persona.
È stato enfatizzato lo svolgimento di un programma giornaliero di attività pratiche a orari prefissati con la persona con demenza, da svolgere nel più breve tempo possibile. Questo ha dato poche opportunità di reale incontro dei sé e delle identità tra operatori e residenti.
I residenti e i familiari “buoni” non hanno fatto richieste al personale, che quindi ha potuto lavorare in modo più efficiente. Per gli stessi motivi, il coinvolgimento della famiglia non è però sempre stato gradito dal personale, in quanto avrebbe portato dei “problemi”.
Assistenza person centred non è sinonimo di assistenza individualizzata
In conclusione, le relazioni sensibili determinano la differenza tra assistenza Person Centred e assistenza individualizzata. Questi termini sono spesso usati in modo intercambiabile, ma l’assistenza individualizzata si concentra sull’adattamento dell’assistenza ai bisogni individuali specifici e non necessariamente sulla promozione della personhood nelle relazioni sociali, che comprende il coinvolgimento della persona con demenza nel processo decisionale, ovvero tener conto delle sue prospettive e comprendere i suoi bisogni psicosociali. Includere questi elementi nella cura significa realizzare un’assistenza Person Centred.
Dalla teoria alla pratica: intervista alla Casa di Lovere
Ho rivolto le stesse domande che hanno dato vita a questa riflessione al personale di cura dedicato alla cura delle persone con demenza di Casa della Serenità (Lovere), che dal 2010 ha integrato l’approccio Person Centred nella cura dei residenti con demenza. Giuliana Della Noce, la referente del servizio animazione, è stata la portavoce.
La pandemia vi ha lasciato qualcosa? Ha cambiato i modelli di cura e di intervento?
«Gli obiettivi e i principi di cura non sono assolutamente cambiati, ma qualcosa di positivo questo periodo ci ha lasciato: l’essere costretti a non lavorare più con i gruppi, mi ha portato a valorizzare ancora di più l’individuo, a riscoprire i molteplici sé e le molteplici identità dei residenti, come avevo appreso durante il percorso di studi universitari.
Da questo punto di vista, questa pandemia, nel periodo del lockdown, ci ha regalato più tempo perché ci ha costretto a ridurre le attività e a identificare le più adeguate, compatibili con i protocolli Covid: ad esempio, al posto di fare in fretta per il trasporto degli ospiti all’interno della struttura, per dare inizio alle attività di gruppo, abbiamo usato questo tempo per raggiungere gli obiettivi individuali, con una rinnovata consapevolezza».
Nei nuclei dove il personale applica l’approccio Person Centred, come siete riusciti a garantire la qualità di vita dei residenti con demenza, nonostante l’assenza fisica dei familiari e l’impossibilità di uscire?
«Ci siamo presi ancora più carico della persona, nel senso che abbiamo curato ancora di più i dettagli, la conoscenza di ogni abitudine, degli oggetti personali dei residenti, e queste informazioni sono state condivise tra educatori e operatori (per esempio, ora anche noi educatori conosciamo molto degli effetti personali dei residenti: modelli, marche, preferenze nel colore, ecc. Prima non era così!).
Inoltre, abbiamo investito maggiormente nelle relazioni con i familiari, in particolare noi educatori, e spero che questa comunicazione continui anche in futuro, perché è fondamentale creare una relazione di fiducia con i familiari per erogare una Cura centrata sulla persona (Person Centred).
Inoltre, il rapporto tra operatore e residente con demenza è addirittura migliorato: c’è stato un ulteriore avvicinamento e le relazioni sono diventate ancora più sensibili e intime (gli operatori non possono sostituire la famiglia, ma sono diventati persone care per i residenti).
Non siamo riusciti a raggiungere tutti gli obiettivi definiti nel PAI, ma sono stati raggiunti pienamente quelli legati all’autonomia: sono state valorizzate le capacità dei residenti in molti modi, in particolare durante i pasti. Dall’estate 2020 le attività ricreative e occupazionali significative, realizzate quotidianamente (che sono fondamentali per dare senso alle giornate dei residenti) sono pian piano riprese e da giugno 2021 abbiamo ripreso anche tutte le attività di piccolo gruppo – canto, cucina, giardinaggio, stimolazione cognitiva.
C’è stato qualche cambiamento, che alla fine ha migliorato la qualità delle attività: sono svolte prevalentemente in piccoli gruppi, con i residenti dello stesso nucleo, e questo permette anche all’operatore di partecipare; c’è un maggior coinvolgimento di tutti i residenti, le attività sono ancora più personalizzate, anche con il supporto dei familiari che ci procurano oggetti o riviste pensate per il loro parente, e che sarà solo lui a utilizzare, per rispondere alle norme di prevenzione del rischio.
Abbiamo anche ripreso l’angolo sportivo con grande attenzione alle misure di sicurezza (mascherine, finestre aperte, distanziamento) dedicato ai residenti maschi e qualche donna amante dello sport, proponendo la visione di partite di calcio ed eventi sportivi di rilievo con aperitivo per conclusione. Indubbiamente un passo significativo che ha migliorato la qualità di vita dei nostri ospiti è stata data la possibilità di incontrare i familiari in postazioni sicure e confortevoli, organizzate dalla Struttura, con la presenza degli educatori come facilitatori di relazione e come garanti del rispetto delle norme vigenti.
Tengo a precisare però che molte cose sono ancora da ricostruire: alcune buone pratiche con le persone con demenza sono state perse, e vanno di nuovo ripristinate. Nel periodo più difficile della pandemia, la priorità era garantire l’attività assistenziale di base; di conseguenza gli obiettivi di cura Person Centred sono passati in secondo piano. Con la voglia di tornare alla normalità, sono stati ripresi i principi di Kitwood, e la Struttura sta organizzando gli eventi formativi per consolidare le buone pratiche assistenziali dei dipendenti più esperti e coinvolgere i nuovi operatori in servizio.
Infine, durante questo periodo difficile, ancora più che in passato, il ruolo dell’educatore e le pratiche di cura Person Centred sono state ritenute importanti tanto quanto le attività assistenziali e sanitarie: gli educatori avevano il ruolo fondamentale di aiutare gli operatori a curare il benessere psicologico dei residenti, ad occuparsi del ‘buon umore’ (conosco ad esempio colleghi che sono stati messi fin da subito in cassa integrazione, perché ritenuti non così necessari quando erano presenti focolai e posti letto vuoti). E questo, nei nuclei dove è stato integrato un approccio di cura centrata sulla persona, ha anche aiutato ad accorciare le distanze tra le diverse figure professionali».
Per approfondire e scoprire di più sull’Approccio Person Centred, ti invitiamo a visitare il sito di Focòs Argento a questo link.
Focos Argento realizza interventi di consulenza e percorsi di formazione rivolti sia al personale operativo e ai professionisti sia alle direzioni per sviluppare all’interno della struttura un’assistenza Person Centred Care, rendendo così la persona, nella sua unicità, la principale protagonista del progetto assistenziale.
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