L’incident reporting può insegnare alle organizzazioni sociosanitarie ad accrescere e a innovare i processi
Lo scorso 15 giugno durante il webinar “Incident Reporting. Dall’evento sentinella alla qualità della vita” Letizia Espanoli (Formatrice e ideatrice del Sente-mente modello) e Irene Brancia (Direttore generale Villa Salus, Rimini) hanno eseguito un’analisi di uno speciale caso di gestione del rischio clinico, l’incident report, per indicare alle organizzazioni sociosanitarie un percorso possibile di crescita interna.
Tutte le organizzazioni sociosanitarie si trovano a gestire continuamente eventi più o meno gravi che possono compromettere la salute e la sicurezza dei residenti. Pensiamo per esempio all’anziano affetto da demenza che scappa dalla residenza, a un errore sulla somministrazione dei farmaci; ecc. Sono tutti casi che, anche quando vengono presi in tempo, prima del loro verificarsi, o quando non portano a conseguenze gravi, hanno comunque bisogno di essere rilevati, letti e analizzati dalle organizzazioni per far sì che non si verifichino in futuro.
Se, infatti, l’anziano che scappa dalla struttura viene ritrovato sano e salvo, non basta solo fermarsi al sollievo per il mancato incidente, ma è necessario porsi una domanda:
quanti e quali buchi ci sono nella nostra organizzazione che hanno permesso che ciò accadesse?
In casi del genere le organizzazioni cercano spesso un colpevole. Ma, l’organizzazione non è fatta di colpevoli. Se qualcosa è accaduto,la responsabilità non può essere circoscritta a un singolo, ma deve ritrovarsi diffusa dalla dirigenza, al modello organizzativo, a quello formativo. È necessario quindi interrogare l’organizzazione nel suo insieme per far sì che si possa risanare lo scompenso che ha portato all’errore.
Un modo per condurre questa indagine è proprio quello dell’incident reporting. Si tratta di un sistema che letteralmente vuol dire “resoconto degli incidenti”. L’incident reporting è stato tema della legge Gelli-Bianco del 2017, ma quello che in questa sede è importante far emergere non è tanto il suo lato “burocratico”, ma quello che riguarda la vivacità culturale che anima le nostre organizzazioni sociosanitarie.
Parlare di sicurezza, infatti, non significa solo riferirsi a un ammasso di burocrazia da delegare ad altri, ma escogitare nuove vie per appassionarci e per insegnare all’altro a essere responsabile nell’ottica di arrecare benessere alle persone.
Cos’è l’Incident Report
La tematica dell’incident reportingè complessa ed è una piccola parte della gestione del rischio clinico. Si può definire come “segnalazione spontanea dell’evento” che ci fa capire meglio lo scopo con cui se ne parla nell’ambito di chi è interessato alla dirigenza di strutture per anziani. L’incident reporting getta le basi affinché tutta l’organizzazione si ricostituisca attorno a una specifica mancanza e crei, se necessario, nuove soluzioni e nuovi processi organizzativi.
“L’unico vero errore è quello da cui non impariamo nulla”, diceva Henry Ford. Un’organizzazione, infatti, ha necessità di imparare costantemente e per farlo deve segnalare qualsivoglia evento, sia quello che si è manifestato (incident report), sia quello che non si è verificato (near miss). Bisogna mappare gli errori al fine di non ripeterli.
La gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie è un processo sistematico che comprende sia la dimensione clinica, sia quella gestionale, la quale impiega una serie di metodi e strumenti che consentono di verificare, analizzare, valutare e trattare i rischi per migliorare la sicurezza dei pazienti.
I sistemi di incident reporting sono diversi da regione a regione, ma lo scopo è lo stesso: verificare le anomalie delle nostre organizzazioni e ridurle. Gli strumenti di segnalazione sono considerati indispensabili in tutte le organizzazioni che vogliono sviluppare attività di gestione del rischio nell’ottica del miglioramento continuo.
Possono essere varie le ragioni per cui si generano eventi “negativi”: la mancanza di un sistema di registrazione e di rilevazione; una formazione inadeguata delle risorse umane; la mancata adozione di protocolli e di procedure basate su fonti scientifiche; la carenza di comunicazione fra operatori. Non tutti gli eventi che si verificano sono uguali. Bisogna distinguerli per gravità e, in base a questa, adottare misure differenti. Ecco i tre gradi di incident report: near miss, evento avverso ed evento sentinella. A seguire le definizioni a cura di Irene Brancia.
Near miss (il quasi evento) e procedura di segnalazione di incident report
Riguarda una situazione in cui qualcosa di imprevisto si sarebbe potuto verificare per il paziente/utente/residente ma non è successo, oppure è stato intercettato prima per un fatto fortuito o per le abilità dei professionisti. È un“quasi evento” che ha bisogno di essere rilevato perché la sua segnalazione ha un impatto organizzativo importante. L’azienda in questo caso non ha dovuto risanare un danno ma il fatto stesso di averlo potuto provocare può essere un faro per riflettere sulle azioni da compiere per evitare che si verifichino eventi simili.
Ecco un esempio di un caso di near miss: un residente di una struttura residenziale ipovedente decide di alzarsi autonomamente e di spostarsi in carrozzina senza l’ausilio del personale OSS. Il residente ha agito,ma non si è verificata nessuna conseguenza spiacevole per l’intervento tempestivo del personale.
In questo caso, quali sono le azioni da porre in essere dal punto di vista dell’organizzazione per evitare che questo fatto si ripeta e che possa portare a conseguenze più gravi? La prima cosa è assicurarsi che il residente sia in sicurezza. Successivamente è compito dell’operatore che era presente in quel momento fare una segnalazione per condividere con l’équipe l’accaduto. Questa segnalazione si esegue compilando un’apposita scheda che è quella dell’incident report.
Il sistema di rilevazione spontanea di evento incident report è una modalità di raccolta strutturata, afferente al complesso clinico, di segnalazioni spontanee da parte degli operatori sanitari di eventi significativi per la sicurezza dei residenti/utenti. Si tratta di schede che possono essere compilate in forma anonima da parte del segnalatore, nelle quali vanno dichiarati gli eventi che mettono a rischio la sicurezza dell’utente.
Lo scopo è prevenire, cioè avanzare la capacità di progettare e orientare le organizzazioni a sviluppare procedure che limitino il più possibile gli errori. Chiaramente, l’obiettivo ultimo è proteggere i residenti, contenendo gli effetti di errori umani e organizzativi.
Ogni regione prevede una scheda di segnalazione spontanea degli eventi. Questa permette di inserire tutte le informazioni utili per spiegare in dettaglio l’evento da segnalare, come l’unità operativa presente, la descrizione del fatto, uno spazio per i suggerimenti da dare all’équipe per il futuro.
Tutto questo ha un valore interno importante, perché tutta l’organizzazione viene a conoscenza di quel che accade in modo trasparente e tutti i componenti dell’équipe possono avere una preziosa occasione di apprendimento e di creazione di nuove procedure.
È necessario formare il personale alla segnalazione del near miss ancora prima dell’evento negativo perché un errore verificato costa moltissimo all’organizzazione, mentre la possibilità di imparare da un evento che si sarebbe potuto verificare ha un costo decisamente inferiore e permette all’organizzazione di progredire e di crescere.
Evento avverso
Si tratta di un evento che procura danno alla persona e che dipende da un errore nella gestione sociosanitaria.
Situazione di esempio: la signora Claudia lamenta un dolore successivamente a un prelievo ematico al braccio destro e presenta un edema sul braccio. Claudia insiste sul fatto che l’infermiera non l’abbia ascoltata mentre le spiegava che è solita fare il prelievo sul braccio sinistro. Claudia ha uno scarso patrimonio venoso, ogni inestetismo le procura nervosismo e le acuisce il dolore. Dato il dolore e la presenza di edema, si è dunque verificata una situazione avversa in conseguenza a una decisione operativa. Come è necessario comportarsi in questo caso?
Bisogna rilevare l’errore, che è quello di non aver ascoltato la signora e di non essersi accertati delle sue caratteristiche sanitarie e personali. Ma, oltre a rilevare l’errore è necessario individuare le cause a monte di questo evento. Bisogna quindi chiedersi se l’infermiera era appena stata assunta, se non conosceva il PAI della signora, se non ha voluto relazionarsi con lei, ecc. A partire da questo, si possono ricostruire passaggi per evitare che questo errore si ripeta successivamente attraverso la compilazione della procedura di incident report.
Evento sentinella
È un evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente. È un caso che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario.
Il verificarsi di un solo caso di questo genere è sufficiente per dare luogo a un’indagine per accertare se abbiano contribuito fattori eliminabili e per attuare le misure correttive da parte dell’organizzazione. Un evento grave come questo, oltre alla procedura di compilazione di incident, deve essere accompagnato da una segnalazione al Ministero della Salute. Gli eventi sentinella sono standardizzati dal ministero e hanno un iter parallelo rispetto all’incident.
Esempio di evento sentinella: il signor Paolo, residente in una struttura per anziani h24, si affaccia alla finestra della sua camera nel tentativo di scavalcarla volontariamente, perché contrario alla permanenza in struttura. Viene bloccato da alcuni operatori in turno. L’evento scatenante è una chiamata della sorella che gli avrebbe negato la possibilità di rientro fisso a casa. Anche in questo caso, quali azioni bisogna porre in essere come organizzazione?
Per prima cosa l’operatore che si accorge del pericolo deve intervenire per evitare conseguenze gravi. In secondo luogo, bisogna ascoltare il residente per capire le cause del suo disagio e parallelamente contattare i familiari che in parte hanno contribuito allo scatenarsi dell’evento. L’evento sentinella è dunque un evento a limite fra l’evento avverso e il near miss.
Il ruolo del risk manager
Dal punto di vista interno all’organizzazione, la prima cosa da fare è adottare una procedura di rilevazione degli eventi, fare una formazione adeguata al personale, effettuare le segnalazioni, raccogliere le schede, discutere dei casi, restituire feedback e analizzare i dati.
Il personale deve essere invitato a segnalare. E questo è possibile se lo strumento di segnalazione non viene visto in senso punitivo o come mezzo per contestare un comportamento, ma come un’occasione per parlare e discutere con la persona.
È di competenza del risk manager raccogliere le schede, analizzarle e iniziare una discussione aperta con il personale. Oltre a questo il risk manager ha un compito rivolto verso l’esterno che è quello di trasmettere le schede raccolte e analizzate alla Regione inserendole in un database apposito.
È di estrema importanza che l’organizzazione si muova in trasparenza anche con la Regione e che condivida con lei dati che possono essere analizzati sotto una luce più ampia e globale. La trasparenza non solo favorisce la protezione legale della singola organizzazione ma contribuisce a rafforzare un senso di fiducia nelle RSA che negli ultimi tempi è andato sfaldandosi sempre di più.
dall’incident reporting, 5 elementi per far fiorire le organizzazioni
L’incident reportingporta le nostre organizzazioni a riflettere su tutti gli aspetti che le costruiscono.
Qualità, governo dei processi, sicurezza, formazione degli operatori, comunicazione con le famiglie sono tutti cerchi che si incontrano e si influenzano. Riflettiamo su come migliorare le nostre organizzazioni in cinque punti.
1. Atteggiamento del board di direzione. Questo è un elemento che va costruito facendosi una domanda: chi è lo staff che dirige la nostra organizzazione e come questo immagina di concepire l’errore? La prima cosa di cui occuparsi è la creazione di una cultura aziendale che introduca prima di tutto l’abitudine all’apprendimento continuo. Le organizzazioni che non imparano non crescono: dove si nasconde troppo l’errore non si fanno passi avanti. L’errore è motivo di apprendimento, non è un fallimento. È un segnale di nuova opportunità, per questo va accolto e non rifuggito.
Se anche l’errore fosse grave, non ci sarebbe nulla di più inutile di una morte che non genera nuove competenze. Ogni volta che vediamo un errore non continuiamo a dire che lavoriamo in un’organizzazione che fa acqua da tutte le parti, perché questo non è un atteggiamento costruttivo. Se da dirigenti vediamo tanti errori e reagiamo sbuffando, nessuno avrà voglia di auto-segnalare un errore. Se l’errore è invece accolto e accettato, le persone troveranno un modo per condividerlo per crescere.
2. Spazi per riflettere. Analizzare quello che è successo vuol dire programmare un tempo per riflettere. Se le organizzazioni sono sempre schiacciate sul fare, non possono avere spazi di pensiero e raramente possono crescere. Per crescere ci si deve fermare. Non ci sono scorciatoie. Le toppe non servono, è necessario valutare tutte le cause del malessere e dell’errore.
3. Sviluppare una cultura dell’errore. Questa deve essere di tutti e non solo del board. Per infonderla sarebbe importante, per esempio, iniziare le riunioni d’équipe partendo proprio dall’analisi dell’errore. Non per impostare una discussione colpevolizzante, perché non si fa team building con la colpevolezza o con la punizione. Il coordinatore non ha una responsabilità diversa, che è quella di creare occasioni di apprendimento dando indicazioni puntuali, sostenendo il lavoro degli altri.
Se nella fase delle consegne, ad esempio, un coordinatore è laconico, scrive poco o è approssimativo, attraverso cosa potrà dare indicazioni operative al resto dell’équipe? E anche nella rilevazione di un evento è importante dare indicazioni sul futuro e gettare le basi per costruire nuovi comportamenti di cura. Per questo è importante che chi ha ruoli dirigenziali o di coordinamento stimoli una cultura dell’errore positiva, creando momenti di condivisione.
Letizia Espanoli ha già approfondito il tema della buona consegna qui su rivista cura, nell’articolo: La consegna e la sua importanza oltre la tutela legale (15 settembre 2020).
4. Condurre momenti di condivisione. Stimolare la collaborazione dell’équipe da parte di chi dirige vuol dire innanzitutto abbandonare la cultura dell’ovvio. Riferirsi all’ovvietà e riportare le persone al “tutti sanno che si sarebbe dovuto far così” è un atteggiamento privo di utilità pratica e morale. Con l’ovvio non si costruisce nulla e si ha l’effetto di prendere distanze dall’accaduto o dall’errore dell’altro come se fosse unicamente una sua responsabilità.
Bisogna ricordarsi che in ogni azione dei singoli l’organizzazione è sempre coinvolta. E lo è dunque anche la dirigenza. Per assorbire questa cultura bisogna fare a meno di numerosi bias cognitivi, proprio come quello dell’ovvio o della ricerca del colpevole. Durante le riunioni con l’équipe bisogna stare molto attenti alla ricostruzione della narrazione del fatto, una capacità per nulla scontata per le organizzazioni.
La narrazione oggettiva e puntuale è infatti il primo atto di responsabilità dell’operatore che deve fare a meno di tentativi di discolpa e di nascondimento da una sua eventuale responsabilità diretta.
5. In seguito all’analisi dei fatti e delle narrazioni è importante non solo fare proposte di nuovi processi organizzativi, ma darsi anche dei cronoprogrammi di miglioramento. È bene sapere tuttavia che per sistemare alcune falle serve il tempo giusto affinché germogli la nuova cultura organizzativa.
La lentezza di cui necessita l’organizzazione non è un non “far nulla”, ma un rispettare i tempi di digestione delle novità introdotte. È rispettare un tempo di tutti, diverso da quello del singolo. Aiuta molto in questo senso coinvolgere le persone giuste, fare griglie di miglioramento e non pretendere di sistemare tutti i buchi organizzativi allo stesso tempo. Il consiglio migliore è quello di alternare e tenere insieme i momenti del pensiero e quelli del fare.
Parlare di incident reporting e della cultura organizzativa ha dunque il valore di accompagnare le organizzazioni a prendere consapevolezza dei propri processi e di esortarle alla creatività e all’ottimismo, ricordando loro che fare meglio in futuro non vuol dire aggiungere procedure e creare manuali infiniti della qualità, ma mettersi continuamente in discussione e semplificare i processi laddove è necessario.
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