Un articolo di Paola Adele De Martino (Psicologa e consulente per orientamento professionale
Le difficoltà vissute dai caregiver hanno rivelato la debolezza del nostro sistema sociosanitario, la persistenza di modelli assistenziali biologici e psicosociali che faticano a dialogare, l’assenza di un coordinamento forte. È necessario ripensare a un nuovo modello assistenziale, fondato su sistemi aperti, circolari e interdipendenti, nei quali le varie professionalità dialoghino per realizzare obiettivi comuni.
Come in tutti gli eventi catastrofici, anche la Pandemia da Covid-19 ha coinvolto in misura maggiore i soggetti più fragili, colpiti non solo dal virus ma anche da sistemi politici e sanitari impreparati a rispondere a un’emergenza senza precedenti. In questo scenario ogni scelta compiuta a livello macro-organizzativo ha influito sul micro-cosmo Alzheimer (malati caregiver, operatori) secondo dinamiche sistemiche.
La ripresa possibile
Nel mondo rarefatto e confuso prodotto dall’Alzheimer l’unica finalità degli interventi consiste nel miglioramento della qualità della vita, non solo della Persona, ma di tutto il “Sistema Alzheimer” (malato, familiari ed operatori).
In questo momento caratterizzato da una graduale ripresa dei servizi, è bene non abbandonare le procedure di prevenzione, ricordando che l’Alzheimer non è di per sé una causa di infezione, ma può aumentare il rischio di contrarre il virus e di diffondere il contagio. La compromissione cognitiva, infatti, ostacola l’attivazione di comportamenti di vigilanza e di auto-protezione, deputati all’area delle funzioni esecutive.
Sarà bene recuperare anche le buone pratiche assistenziali utili al rallentamento della malattia stimolando la persona con Alzheimer attraverso esercizi strutturati o di tipo occupazionale, ricordando che ogni tipo di attività consente di attivare non solo i domini cognitivi ma anche affettivi e relazionali, generando emozioni positive che rassicurano e potenziano il senso di autoefficacia di tutto il sistema; favorire le uscite e l’attività motoria “dolce”; sostenere il mantenimento della memoria procedurale (la più resistente alla degenerazione) per conservare più a lungo l’autonomia della persona. Utili a questo scopo alcune attività occupazionali e quelle legate alla storia personale quali suonare, cantare, disegnare, recitare poesie.
Ringraziamo l’autrice Paola Adele che ci ha fatto conoscere una piccola opera d’arte: dura pochissimo e crea un’emozione notevole.
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Un articolo di Paola Adele De Martino (Psicologa e consulente per orientamento professionale
Le difficoltà vissute dai caregiver hanno rivelato la debolezza del nostro sistema sociosanitario, la persistenza di modelli assistenziali biologici e psicosociali che faticano a dialogare, l’assenza di un coordinamento forte. È necessario ripensare a un nuovo modello assistenziale, fondato su sistemi aperti, circolari e interdipendenti, nei quali le varie professionalità dialoghino per realizzare obiettivi comuni.
Come in tutti gli eventi catastrofici, anche la Pandemia da Covid-19 ha coinvolto in misura maggiore i soggetti più fragili, colpiti non solo dal virus ma anche da sistemi politici e sanitari impreparati a rispondere a un’emergenza senza precedenti. In questo scenario ogni scelta compiuta a livello macro-organizzativo ha influito sul micro-cosmo Alzheimer (malati caregiver, operatori) secondo dinamiche sistemiche.
La ripresa possibile
Nel mondo rarefatto e confuso prodotto dall’Alzheimer l’unica finalità degli interventi consiste nel miglioramento della qualità della vita, non solo della Persona, ma di tutto il “Sistema Alzheimer” (malato, familiari ed operatori).
In questo momento caratterizzato da una graduale ripresa dei servizi, è bene non abbandonare le procedure di prevenzione, ricordando che l’Alzheimer non è di per sé una causa di infezione, ma può aumentare il rischio di contrarre il virus e di diffondere il contagio. La compromissione cognitiva, infatti, ostacola l’attivazione di comportamenti di vigilanza e di auto-protezione, deputati all’area delle funzioni esecutive.
Sarà bene recuperare anche le buone pratiche assistenziali utili al rallentamento della malattia stimolando la persona con Alzheimer attraverso esercizi strutturati o di tipo occupazionale, ricordando che ogni tipo di attività consente di attivare non solo i domini cognitivi ma anche affettivi e relazionali, generando emozioni positive che rassicurano e potenziano il senso di autoefficacia di tutto il sistema; favorire le uscite e l’attività motoria “dolce”; sostenere il mantenimento della memoria procedurale (la più resistente alla degenerazione) per conservare più a lungo l’autonomia della persona. Utili a questo scopo alcune attività occupazionali e quelle legate alla storia personale quali suonare, cantare, disegnare, recitare poesie.
Ringraziamo l’autrice Paola Adele che ci ha fatto conoscere una piccola opera d’arte: dura pochissimo e crea un’emozione notevole.