Un racconto di Luca Lodi
Non si parla d’altro: CORONA VIRUS. È entrato non solo in Europa, ma nelle nostre vite condizionando anche i discorsi quotidiani, catalizzando i pensieri e stringendo il nostro cuore. Un tempo non era così, forse si stava bene e non lo sapevamo. La chiacchierata: informale ma seria si svolge presso le macchinette del caffè. Le ragazze delle pulizie mi hanno coinvolto con facilità. La divisa le rende simili, le mascherine le differenziano di poco. Azzurrino, verde chiaro, bianca con teschi… Quest’ultima è una produzione fai da te, di una domenica noiosa.
È facile raccontare, riportare notizie con tanto di fonti. Si snocciolano numeri. La parte che spaventa, ma da cui nessuno si astiene, è il fare previsioni. Quando smetterà di stravolgere la nostra amata normalità? Per quanto tempo ancora dovremo sopportare edizioni speciali e provvedimenti straordinari?
Nessuno lo sa e questo alimenta una certa inquietudine che si riversa nel quotidiano. Anche il nostro modo di lavorare è cambiato. Chi lavora in lavanderia ora si deve occupare anche dei capi delicati che i parenti non ritirano, date le limitazioni imposte per il contenimento del virus. Chi è addetto alle pulizie si sente ricevere le richieste più insensate e disparate. Mentre noi educatori abbiamo le video-chiamate e tante piccole attenzioni in più. Ognuno di noi ne ha ben donde per essere sotto pressione. Mentre i discorsi convergono sulla possibilità (più o meno remota) che il virus entri in una realtà come la nostra.
Passa M. è un’anziana bassa di statura, con occhialini da maestra e con un’inquietudine grande come l’intera RSA. Si ferma appena mi scorge. Mi guarda fissa da oltre le piccole lenti. Tutti la notano e i discorsi si fermano per rispetto. È chiaro che deve dire qualcosa. I pensieri di tutti noi sono intrisi di parole quali: virus, Cina, contagio, mascherina, mortalità, nuove normative, un metro di distanza…
M. apre la bocca e conscia del suo bisogno e di aver ottenuto la dovuta attenzione chiede: «Luca mi si è fermato l’orologio e serve un’altra batteria…». Nessuno riesce a proferire parola. Tutto è così stridente. Ma lei lo sa di cosa stavamo parlando? Non si rende conto che…
«Non ti preoccupare M. ci penso io». Lei sorride e se ne va. Le ragazze ritornano a parlare del virus e io mi allontano con un pensiero diverso in testa.
Una richiesta tanto normale quanto stridente, è spiazzante. È fuori luogo. O forse no? Forse è il CORONA VIRUS che è fuori luogo. Nel mondo di M., fatto di una routine consolidata e da un’ansia profonda, il non avere il giusto tempo è devastante. Un semplice orologio che si ferma è un problema serio. Di questo dobbiamo esserne coscienti.
Cambio la batteria e regolo le lancette che iniziano a muoversi senza esitazione. Ora tutto è a posto. M. ha nuovamente il suo giusto tempo, ora tocca a noi a cercare il nostro…
Lo faremo insieme. Lo faremo ripetendoci andrà tutto bene fino a quando non tornerà il tempo per guardare M. con più comprensione.
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